partito democratico, politica italiana

Bersani detta le condizioni del Pd "Prima cambiamo la legge elettorale", di Giovanna Casadio

Il Pd non starà alla finestra. Però Bersani è scettico sulla stagione riformatrice di cui Berlusconi e il centrodestra vanno riempiendosi la bocca. Davvero il premier vuole le riforme istituzionali? «Andiamo a vedere le carte. Ma a una condizione, cioè che la maggioranza chiarisca se e come cambiare la legge elettorale, partendo dal principio che occorre ridare agli elettori la possibilità di scegliere i propri parlamentari». Questa è la questione «preliminare» per i Democratici. Basta con un Parlamento di nominati, solo così sarà possibile affrontare al tempo stesso i nodi delle riforme. E si può cominciare – aggiunge il segretario Pd incalzando Bossi e i leghisti – dal Senato federale. A meno che non ci si voglia limitare alle chiacchiere, «due sono le riforme su cui c´è ad ora l´intesa tra opposizione e maggioranza, il Senato federale e la riduzione dei parlamentari. Sono inoltre gli unici punti su cui il centrodestra ha detto parole univoche. Vogliamo discutere di questo per fare qualcosa di concreto? Noi siamo disponibili».
Niente giochi sottobanco, né inciuci, ma neppure disinteresse e chiusura. All´invito di Berlusconi di incontrare i leader dell´opposizione, la risposta di Bersani è: «Finché esiste il Parlamento ci vediamo lì, quella è la sede del confronto». Il segretario pensa di sentire Gianfranco Fini, al quale riconosce il ruolo di cerniera tra maggioranza e opposizione. Fini parlerà oggi di modelli di governo al convegno della sua fondazione “Farefuturo” e venerdì 16 la fondazione daleminana “Italianieuropei” ha organizzato una riunione “trasversale” delle fondazioni su riforme istituzionali e legge elettorale. Se un canale di contatto può essere attivato, questo potrebbe passare proprio attraverso le fondazioni di destra e di sinistra. Per il resto, ieri il “brogliaccio” consegnato dal ministro Calderoli al presidente Napolitano non era stato dato informalmente né a Bersani né a Luciano Violante che segue la partita-riforme per il Pd. «È comico in questo momento che la maggioranza chieda un dibattito senza fare capire quale possa essere», commenta Violante. Per i Democratici è la prova provata delle divisioni nella maggioranza: quello che preme alla Lega non sta bene al Pdl. «Si devono mettere d´accordo tra di loro, non mi pare che dicano la stessa cosa. Berlusconi sembra più interessato a intervenire sulle intercettazioni che sui problemi del paese», attacca Rosy Bindi. Per il vice segretario democratico, Enrico Letta la priorità va data «alle riforme economico-sociali» e quelle istituzionali «non possono essere un abito cucito addosso a Berlusconi; il nostro è un no alla discussione sul presidenzialismo perché l´Italia non ha bisogno di scorciatoie o di un uomo della provvidenza».
In casa Pd ci sono divisioni profonde: semi-presidenzialismo o premiarato forte; sistema elettorale alla francese e modello tedesco, per ora tuttavia la palla sta tutta nel centrodestra e Bersani intende lasciargliela: «Inutile rompersi la testa tra di noi sul modello di legge elettorale prima di sapere se la maggioranza vuole o no la riforma. Il bipolarismo c´è e non è in discussione, bisogna vedere che forma dargli». Il semi-presidenzialismo alla francese – sui cui Bossi e Fini a sorpresa concorderebbero – è una proposta su cui il Pd è disposto a misurarsi. Di sicuro i veltroniani. Stefano Ceccanti ripete: «Il Pd metta a punto anche un piano B e accetti il confronto, sapendo che con la proposta di semipresidenzialismo serve l´uninominale». Massimo D´Alema rimarca: «C´è solo chiacchiericcio per ora, se ci sono proposte serie siamo pronti a discutere». Sulla giustizia, il Pd non vuole sentire parlare di riforme costituzionali ma sul processo breve Andrea Orlando dice: «Se la legge non è retroattiva, possiamo parlare di brevità legata a parametri». Martedì di riforme Bersani discuterà con i senatori pd.
08.04.10