attualità, politica italiana

Alla Camera degna fine del decreto-pasticcio

“E’ una maggioranza che in assenza di voti di fiducia non riesce a sostenere i suoi provvedimenti. Il decreto salvaliste è stato affossato. Un pasticcio nel pasticcio. Degna conclusione di questa vicenda”. Lo ha detto il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini, dopo la bocciatura alla Camera del noto Dl salvaliste. ”L’importanza del voto che ha fatto decadere quel decreto – ha poi spiegato il capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali, Gianclaudio Bressa, firmatario dell’emendamento soppressivo – sta nel fatto che si è evitato uno scasso senza precedenti delle regole costituzionali. Con decreto legge non si possono cambiare le regole elettorali a competizione già aperta. Abbiamo sventato un vero e proprio attentato alle regole fondamentali di ogni democrazia. Ma, poichè riteniamo che la volontà popolare che si è espressa il 28 e il 29 marzo debba essere garantita, siamo disponibili da subito a votare un disegno di legge che salvi gli effetti del decreto. Questo a dimostrazione – ha concluso Bressa – della nostra responsabilità istituzionale e politica e a dimostrazione del fatto che le ragioni della politica sono in grado di prevalere sulla logica dei numeri”.
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Passa un emendamento del Pd che sopprime il provvedimento, tante assenze nelle fila di Pdl e Lega. Bersani: “Vittime della loro stessa arroganza”. Donadi (Idv): “Non hanno il coraggio di metterci la faccia”

Il governo è stato battuto alla Camera sul cosidetto decreto salva-liste: l’aula di Montecitorio approva infatti un emendamento di Gianclaudio Bressa, del Pd, interamente soppressivo del provvedimento del governo. Con una maggioranza di otto voti: 262 sì contro 245 no. I deputati del centrosinistra hanno lungamente applaudito: la vicepresidente Rosy Bindi, prendendo atto dell’esito della votazione, ha sospeso la seduta. Il decreto dunque decade.

Non hanno partecipato al voto 38 deputati del Pdl e quattro della Lega. Tra le assenze eccellenti del partito della Libertà ci sono quelle del capogruppo Fabrizio Cicchitto, del vicepresidente della Camera Maurizio Lupi, di Niccolò Ghedini e Denis Verdini. E’ mancato all’appello anche mezzo governo, per lo più in missione. Risultano in missione anche 31 esponenti del Pdl più sette del Carroccio.

“Nella vita si vince e si perde: noi vinciamo le elezioni, loro queste cose che comunque si possono sanare perché una soluzione normativa si trova”. Così il vicecapogruppo del Pdl alla Camera, Italo Bocchino, ha commentato la bocciatura. Aggiungendo che c’è “dispiacere per una votazione delicata dove nella maggioranza ci sono stati troppi assenti”.

Al di là delle accuse reciproche tra ex azzurri e ‘finiani’ con i primi che puntano il dito proprio verso Bocchino reo di non aver richiamato gli assenti, molti esponenti del Pdl registrano che il malessere nel partito ormai si riflette anche in Aula. “Un chiarimento tra Berlusconi e Fini non è più procastinabile”, hanno spiegato molti parlamentari di area An.

Secondo fonti parlamentari del partito di via dell’Umiltà il premier non ha preso affatto bene lo ‘scivolone’ di oggi e ha chiesto un chiarimento sul motivo di tante assenze. Da qui il richiamo di Cicchitto che ha parlato di “inaccettabile sciatteria”. “D’ora in avanti – ha annunciato il capogruppo del Pdl – il gruppo renderà noto ai vertici del partito e renderà pubblico l’elenco degli assenti ingiustificati”. C’è amarezza in Transatlantico dunque. “Il fatto è – riflette un dirigente del partito – che quando non c’è Berlusconi c’è il caos. Anarchia assoluta”. La normativa “applicativa” fu approvata dal governo alla vigilia delle Regionali per sanare l’esclusione della lista Pdl nel Lazio e del lista di Formigoni in Lombardia. L’approvazione d’urgenza del Consiglio dei ministri suscitò aspre polemiche con l’opposizione. Una parte della quale – l’Idv – si scagliò anche contro la firma del presidente della Repubblica Napolitano. Il provvedimento, comunque, si rivelò inutile. Perché il Tar decise che le leggi elettorali in questione erano di pertinenza regionale, quindi non regiolabili con decreti o leggi del governo nazionale.

Diverse le reazioni dall’opposizione. Il segretario Pd, Pierluigi Bersani, ha dichiarato che siamo di fronte a “una sconfitta politica per la maggioranza e il overno: aggiungendo pasticcio a pasticcio, finiscono vittime della loro stessa arroganza”. E il capogruppo dell’Idv, Massimo Donadi: “Un governo indecente: prima vara provvedimenti vergognosi poi non ha il coraggio di venire in Parlamento e metterci la faccia per approvarli. Avranno pure vinto le elezioni ma non hanno la dignità di governare il paese”.
La Stampa 14.04.10

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Addio al dl salva-liste: il PD batte il governo alla Camera
Con una maggioranza di 262 sì contro 245 no, Montecitorio approva l’emendamento dei democratici per cancellare il decreto truffa. Intanto nella maggioranza spaccata c’è aria da resa dei conti. Bersani: “E’ una sconfitta politica, la maggioranza è vittima della sua arroganza”.

Salva-liste addio. Con una maggioranza di 262 sì contro 245 no, la Camera ha definitivamente stralciato il decreto-trucco, approvato dal governo alla vigilia del voto per riammettere la lista laziale Pdl.

All’indignazione della piazza, culminata nella manifestazione “Sì alle regole, no ai trucchi”, il Partito Democratico ha dato una risposta con fatti concreti. L’emendamento presentato dal nostro deputato Gianclaudio Bressa ha raccolto il consenso di Montecitorio, scatenando l’ira di una maggioranza che è sempre più vicina alla resa dei conti interna.

Lo smacco subito, infatti, ha reso ancora più pesanti e imbarazzanti le 38 assenze pidielline e le 4 leghiste. Per niente gradite e, per alcuni esponenti azzurri, tutt’altro che casuali. Il sospetto cade, neanche a dirlo, sulla corrente finiana del partito, da sempre poco entusiasta dei metodi del premier, e in particolare sul capogruppo alla camera, Italo Bocchino, responsabile di non aver portato in aula “con la forza” i disertori.

Ma c’è di più. Il clima che si registra fra le fila Pdl, riunite in Transatlantico, ha il sapore dello scontro finale. Nell’area ex An c’è chi ammette amaramente: “Un chiarimento tra Berlusconi e Fini non è più procastinabile”. Meno diplomatici i seguaci del premier che, fedeli al culto del singolo, sbottano: “Il fatto è che quando non c’è Berlusconi c’è il caos. Anarchia assoluta”

Per il segretario del PD, Pier Luigi Bersani, non c’è dubbio: quella di ieri è “una sconfitta politica per la maggioranza ed il Governo: aggiungendo pasticcio a pasticcio, finiscono vittime della loro stessa arroganza”.

Sulla stessa linea d’onda, il capogruppo alla Camera Dario Franceschini che afferma: “Un degno finale per il decreto salvaliste: approvano norme indegne e pasticciate e poi non vengono nemmeno in aula a difenderle. Il gruppo Pd compatto e presente, la maggioranza in aula senza voti di fiducia colleziona sconfitte.”

Parole dure e soddisfazione anche dal capogruppo del Pd in commissione Affari costituzionali Gianclaudio Bressa, primo firmatario dell’emendamento soppressivo: “L’importanza del voto che ha fatto decadere il decreto salva-liste sta nel fatto che si è evitato uno scasso senza precedenti delle regole costituzionali. Con decreto legge non si possono cambiare le regole elettorali a competizione già aperta. Abbiamo sventato un vero e proprio attentato alle regole fondamentali di ogni democrazia. Ma, poiché riteniamo che la volontà popolare che si è espressa il 28 e il 29 marzo debba essere garantita, siamo disponibili da subito a votare un disegno di legge che salvi gli effetti del decreto. Questo a dimostrazione della nostra responsabilità istituzionale e politica e a dimostrazione del fatto che le ragioni della politica sono in grado di prevalere sulla logica dei numeri”.

La deputata PD Ileana Argentin commenta: “La sorpresa della bocciatura alla Camera del decreto salva-liste deve aver turbato non poco gli animi della maggioranza e del Presidente Berlusconi che aveva rischiato un durissimo scontro istituzionale per ragioni di convenienza facendo approvare questo vergognoso decreto che modificava le regole a partita iniziata. Ciò che rimane è un’umiliazione per chi governa il Paese, e per chi si appresta a proporre “taumaturgiche” soluzioni di governo per i cittadini del Lazio o del Piemonte, e il sospetto che si rimedi a questa triste pagina per le istituzioni italiane con un altro provvedimento, magari per via ordinaria, per mettere una pezza che a quel punto sarebbe peggiore del buco. Speriamo che ciò non accada e che chi ha sollevato ad arte i polveroni durante la campagna elettorale si assuma le gravi responsabilità di quanto avvenuto oggi”.

Iv.Gia
www.partitodemocratico.it