attualità, politica italiana

Quasi falliti in attesa di rimborso

135 Comuni strozzati da Tributi Italia. L’esattoria privatizzata li ha truffati per 90 milioni. Un buco che potrà essere sanato se l’emendamento al decreto incentivi proposto da Ludovico Vico del Pd diventerà legge
Si chiama Tributi Italia, si legge truffa colossale ai danni dei comuni. Tutto nasce casualmente nel 1999 a Aprilia (Rm) e scoppia in Parlamento solo dopo 10 anni quando il deputato Pd, Ludovico Vico presenta un’interrogazione in Commissione Finanze per verificare l’attività della San Giorgio spa (in seguito Tributi spa) nell’espletamento del servizio di gestione, liquidazione, accertamento e riscossione delle tasse per il Comune di Ferrandina. Un paese in provincia di Matera con 9187 abitanti, che vanta un credito di 1 milione e 232 mila euro con Tributi Italia. Oggi, a distanza di un anno, la vicenda è ancora attuale, perché in Commissione della Camera comincerà la discussione su un emendamento al cosiddetto decreto Incentivi che aiuterebbe tutti i 135 Comuni di Italia truffati dalla società guidata da Giuseppe Saggese. Il primo firmatario di questo articolo (4bis) è ancora il deputato Ludovico Vico.

Incominciamo dalla fine. Tributi Italia di Giuseppe Saggese, gestita dalla sorella Patrizia dal 2001, dopo l’arresto del patron per corruzione (mazzette ad alcuni consiglieri comunali di Pomezia), ha il ruolo intermediario tra i cittadini e l’Ente Locale: in cambio di una percentuale, riscuote tasse, rilascia fidejussioni e restituisce ai Comuni. Ma nel momento in cui le amministrazioni locali scoprono che non “rientra” nulla denunciano la truffa. Tributi Italia si lancia al contrattacco bluffando un credito a suo favore di oltre 142 milioni nei confronti dei Comuni gestiti. Ma nonostante i danni compiuti, il gioco dura poco e il 30 novembre 2009 Tributi Italia viene dapprima sospesa dall’albo dei riscossori e poi definitivamente cancellata il 14 dicembre. Le denunce di 135 Comuni che vantano circa 90 milioni di gettito mai entrato nelle loro casse, ha avuto la meglio.

Ma punito il colpevole resta insoluta la domanda: ora chi risarcirà quei comuni sull’orlo della bancarotta? E non solo. Che fine faranno i 1000 dipendenti della Tributi Italia che non percepiscono nessuno stipendio da luglio 2009?

Ed è proprio per risolvere a queste domande che nasce l’iniziativa legislativa di Vico. Nell’emendamento dell’articolo 4bis si legge: nel caso in cui un’azienda di riscossione locale “è cancellata dall’Albo ministeriale perché non versa ai Comuni le tasse riscosse dai cittadini, tale servizio deve essere assicurato, per non oltre 3 anni, dall’ente che gestisce il servizio di riscossione nazionale che si avvale del personale della società a cui subentra”.

L’emendamento prevede che a seguito della cancellazione dall’albo della società, gli enti locali interessati possono accedere, al fine di assicurare i servizi essenziali, al fondo di garanzia appositamente costituito presso la Cassa Depositi e Prestiti per un importo non superiore ai mancati riversamenti verificatisi.

Insomma una chiara ed efficacie risposta per far fronte alle difficoltà economiche di 135 comuni d’Italia che bloccati dal Patto di stabilità e senza le entrate comunali dell’Ici (in questo caso la colpa è anche del governo Berlusconi), Tarsu, Tosap e via dicendo.

Per Ludovico Vico anche se “la vicenda Tributi Italia non ancora conclusa continua ad essere fortemente condizionata da “plurimi interessi” non trasparenti che rischiano di riproporsi “tutti” nel cosiddetto “Decreto Incentivi” (art.3, comma 3 del D.L.40/2010) in discussione alla Camera. Il Governo propone per le Società di Riscossione- Tributi Italia – l’estensione della “ex Legge Marzano”, prefigurando –incomprensibilmente- il salvataggio delle attività”.

“Io – ha continuato Vico – mi permetto di ribadire , che la soluzione normativa da adottare per i Comuni, i lavoratori e i cittadini contribuenti sia: nel caso di cancellazione dall’albo , di una società di riscossione, il servizio è assicurato, per un periodo non superiore a 3 anni, dal soggetto gestore del servizio nazionale della riscossione, che si avvale del personale della società a cui subentra, in qualità di commissario governativo e che a seguito della cancellazione dall’albo , l’ente locale interessato, al fine di assicurare i servizi essenziali può accedere al fondo di garanzia appositamente costituito presso la Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. per un importo non superiore ai mancati riversamenti verificatesi nella gestione pregressa”.

“Mi permetto di aggiungere – ha concluso Vico – che in questa vicenda Tributi Italia, quando i Comuni si sono rivolti alle società di fidejussione (le polizze di Tributi Italia) hanno scoperto che neanche quei soldi c’erano”.

Ma se la speranza che si trovi una soluzione bipartisan in sede parlamentare per assistere e ripristinare i fondi degli Enti Locali, parallelamente si dovrà procedere per capire come tutto questo sia stato possibile senza nessun organo di garanzia e di controllo che impedisse una frode da 90 milioni. In altri termini, come è possibile assistere inerti all’ascesa di società finanziarie intermediarie che si arricchiscono senza che nessuna autorità sia competente a vagliarne l’operato? Alla voce “elenco degli intermediari finanziari” sul sito di Bankitalia si legge che “l’iscrizione non garantisce la corretta gestione operativa da parte degli intermediari finanziari”. Quindi non esiste nessuna normativa che assegna a Bankitalia “compiti di vigilanza sull’andamento della gestione degli intermediari stessi”.

E in questo vuoto legislativo che navigano molti Comuni, “costretti” per mancanza di personale o di strutture a rivolgersi a terzi per gestire il gettito fiscale. Ma anche qui non si può fare di tutta l’erba un fascio: dire “poveri Comuni truffati” è un po’ esagerato perché è anche impensabile che nessuno non fosse al corrente di nulla nel caso Tributi Italia. Non stiamo sparando a caso ma sollevando il logico dubbio, che se la società guidata da Giuseppe Saggese, arrestato due volte, prima per corruzione nel 2001 e poi per peculato nel 2009, abbia potuto gestire la riscossione delle tasse di quasi 500 comuni italiani, qualcosa di marcio ci doveva pure essere. Non solo in Danimarca come scriveva Shakespeare!

Su questi dubbi si dovrà fare chiarezza quanto prima per evitare che una nuova Tributi Italia possa di nuovo farsi ricca alle spalle dei cittadini e degli enti locali.

*****

Tributi Italia è nata a Taranto nel 1986 con il nome di Publiconsult: una società che si occupava principalmente di raccolta di pubblicità. Specializzandosi poi nel riscuotere imposte su cartelloni e insegne stradali, ha realizzato grande successo e guadagno diventando spa nel 1994 e cambiando nome (San Giorgio) e sede sociale (Chiavari). Nel 2008, dopo aver cannibalizzato altre società (Gestor, Rtl, Ipe) è diventata Tributi Italia con sede ufficiale a Roma e quasi 1200 dipendenti.

Nel 2008 ha conquistato la leadership del settore esattoriale privato con quasi 365 milioni di ricavati lordi, 184 agenzie dirette e 14 società partecipate.

La prima denuncia di frode contro la società di Giuseppe Saggese è datata 1999: è l’assessorato alle finanze del comune romano di Aprilia che chiede ragguagli sulla gestione poco chiara di una società mista, la Aser. Dalla causa che fu messa in atto su possibili “cartelle pazze” allo scopo di gonfiare i crediti, Tributi Italia ne usci vincitrice ottenendo 15 milioni di risarcimento per danno di immagine. Colpo di scena: il legale della società era Nicolò Ghedini, oggi deputato Pdl e avvocato personale di Silvio Berlusconi!

Ma dopo questa prima e unica vittoria, le sorti di Tributi Italia, nonostante l’esponenziale crescita dei ricavi lordi di anno in anno, era segnata. Dopo quella di Aprilia, anche le procure di Bari, Bologna, Brindisi, Latina, Napoli, Salluzzo, Sassari, Siracusa e Velletri hanno cominciato ad indagare sulla mancata restituzione delle tasse comunali da parte di Tributi Italia.

Attualmente sono stati accertati debiti per 90 milioni nei confronti di 135 enti locali.

Andrea Draghetti

www.partitodemocratico.it