attualità

"Riecco l’Ici mascherata. Ai Comuni una tassa sulla casa", di Bianca Di Giovanni

Con il federalismo fiscale torna in campo un’imposta sulla casa da destinare ai Comuni. Insomma, una sorta di Ici, che però al contrario dell’imposta appena azzerata (sull’abitazione principale) non verterà sulla proprietà immobiliare, ma su una serie di servizi. Una miscela difficile da governare per i Comuni, visto che molti servizi vengono erogati da aziende in regime di mercato libero, dunque a fronte di tariffe e non di tributi. Così contraddizioni si aggiungono a contraddizioni. La stessa maggioranza che dice di voler liberalizzare i servizi pubblici locali, pensa di sottoporre poi quei servizi a un prelievo pubblico.

Ancora: la stessa maggioranza che si vanta di aver eliminato un’imposta odiosa per i proprietari, oggi torna sui suoi passi. Vero è che il nuovo tributo non dovrebbe riguardare le abitazioni principali, visto che l’ipotesi viene esplicitamente esclusa dalla delega sul federalismo fiscale. Sta di fatto però che il governo studia la reintroduzione di un’imposta comunale, che potrebbe portare un gettito di circa 15 miliardi. Il tributo unico dovrebbe accorpare imposte già esistenti, come quella di registro, ipotecaria e catastale, successione e bollo, e «incrociarle» con la Tarsu, l’imposta sui rifiuti.

Le prime indiscrezioni, che riferiscono di incontri tecnici al ministero dell’Economia alla presenza dei ministri Giulio Tremonti e Roberto Calderoli, insieme agli alti funzionari del Tesoro, parlano di un’imposta a saldo zero, che non dovrebbe comportare un aggravio rispetto al regime attuale. A aggravio per chi? Su chi peserà questo nuovo grande tributo? Su questo punto è ancora buio pesto. Se davvero ingloberà anche la Tarsu, si profila un prelievo anche per gli inquilini: dunque non soltanto per i proprietari com’era nel caso dell’Ici. E nel «pacchetto» i proprietari dovrebbero incassare anche un altro risultato : la cedolare secca sugli affitti al 20%. uno sconto fiscale che si insegue ormai da anni (lo aveva proposto anche il governo Prodi), senza un risultato concreto: il fatto è che costerebbe 2,5 miliardi e con le casse dello Stato vuote è un lusso che non ci si può permettere. Se non si sa ancora chi dovrà pagare il nuovo tributo unico sugli immobili, è certo chi dovrà incassarlo: i Comuni.

Con questa manovra il centrodestra, uscito vincitore dalle ultime amministrative, cerca di gestire le tensioni interne che sono già esplose sul fronte enti locali. È di pochi giorni fa la notizia di un drappello nutrito di sindaci del nord scesi in piazza per chiedere più risorse. La verità è che i trasferimenti dal centro alla periferia che hanno sostituito l’Ici non soddisfano i Comuni. Per due ordini di motivi. Prima di tutto le risorse non sono ancora sufficienti a coprire il mancato gettito. In secondo luogo c’è il problema dell’autonomia impositiva, cancellata dal governo. Lo stesso tipo di richiesta arriva dalle altre amministrazioni, tanto che si sta pensando anche alle imposte sull’automobile (bollo, accise benzina) da destinare alle Province, e a una nuova flessibilità per l’Irap regionale.
L’Unità 15.04.10