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"Ma ad Adro non c'era (c'è) il tempo pieno?", di Gianni Gandola e Federico Niccoli

Pare che ora ad Adro (provincia di Brescia) la polemica, innescata da genitori in regola col pagamento delle rette, sia sul fatto che la refezione scolastica è un optional , un servizio aggiuntivo rispetto alle lezioni e che quindi, come tale, va pagata. Sul fatto che la mensa abbia dei costi e debba essere pagata (sulla base di tabelle diversificate secondo i redditi delle famiglie, come ad es. avviene a Milano) non ci sono dubbi. Quel che forse si dimentica e/o che lo stesso sindaco di Adro sembra ignorare è il fatto che comunque la mensa, nella scuola a tempo pieno, è parte integrante dell’orario delle lezioni, è da considerare all’interno delle attività scolastiche e non fuori.

Tra l’altro la mensa, nelle scuole a tempo pieno, non è mai stata considerata pura e semplice “ristorazione”, ma momento educativo coessenziale alla crescita dell’alunno insieme al leggere scrivere far di conto ed alle attività laboratoriali. Si è sempre trattato di educazione alimentare, di momento altamente socializzante e pieno di rapporti relazionali importanti per una sana convivenza bambino-bambino e bambino-adulti di riferimento. Eliminare (ad Adro e dintorni) questo continuum educativo , che tra l’altro è un tratto distintivo del tempo-pieno rispetto ai vari spezzatini pedagogici propinatici prima da Moratti e poi da Gelmini, equivale a negare un diritto fondamentale per la vita comunitaria del bambino e risulta decisamente intollerabile.

Perfino una rivista filogovernativa come Tuttoscuola si è sentita in dovere di precisare che “nelle scuole a tempo pieno la mensa è obbligatoria”, chiarendo che “g li alunni iscritti al tempo pieno di Adro o di altre località italiane hanno l’obbligo di prendere parte a tutte le attività della scuola dal momento dell’ingresso al mattino fino al termine delle lezioni nel pomeriggio”. In realtà Tuttoscuola in un precedente commento usava toni decisamente più critici nei confronti dell’amministrazione locale (“Chi frequenta quella scuola deve frequentare anche il servizio di mensa, pagandolo, ovviamente. Ma la scuola, né tantomeno il sindaco, può decidere per questo di mandare a casa i ragazzi”) ma tanto basti.

Nella stessa pagina on line Tuttoscuola riporta i dati relativi al fenomeno dell’insolvenza del pagamento della mensa, diffuso sul piano nazionale, con particolare riferimento alla situazione milanese (dati di Milano Ristorazione). Ma il punto non sta qui. Non sta nel fatto se la refezione scolastica debba essere pagata o no (da sempre questo servizio è a pagamento). Il punto dolente (e scandaloso) sta nel fatto che un’amministrazione locale –come ha sottolineato peraltro Francesca Puglisi anche su questo giornale- se la sia presa direttamente con i bambini delle famiglie insolventi, negando loro l’accesso alla mensa, lasciandoli senza cibo. Inutile fare gli ipocriti o scoprire oggi l’esistenza di un fenomeno noto e diffuso da tempo (e per il quale l’amministrazione locale ha altri mezzi e possibilità di intervento). Il salto di qualità sta proprio qui, nel fatto che si colpiscano direttamente i bambini (guarda caso in buona parte stranieri e da parte di una giunta leghista).

Ricordiamo, tra l’altro, che sin dagli anni ’70 il tempo pieno di Adro era famoso per essere una delle esperienze più innovative nell’area lombarda (1), accanto ad alcune realtà milanesi (Rho II circolo, S.Erlembardo, ecc.). Mai a nessuno, in quella scuola d’avanguardia e in quel contesto locale, sarebbe venuto in mente di discriminare alcuni bambini all’interno della comunità scolastica. Molta acqua dev’essere passata sotto i ponti. Oggi ci tocca assistere a questo spettacolo indecente.
Scuola Oggi 15.04.10