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"Il male oscuro delle famiglie un omicidio ogni due giorni", di Piero Colaprico

«L´unico consiglio che da donna posso dare alle donne è questo, di non sposare mai né un uomo prepotente né un uomo dipendente. Spesso è quest´ultimo, incapace di reggere il rifiuto, che prende un´arma»: parola di Isabella Merzagora, professore di criminologia alla facoltà di Medicina di Milano. Da trent´anni conosce assassini e vittime, ne ricostruisce le storie e ha materia, purtroppo, in abbondanza per le sue analisi.
Al Nord infatti si uccide di più e il mantovano Omar Bianchera, con le sue tre vittime di domenica, braccate e ammazzate, non rappresenta un´eccezione ma una conferma: oltre il 45 per cento degli omicidi in famiglia avviene al Nord, seguono sud e Isole quasi con il 33, e ultimo è il centro, vicino al 22 per cento. Il dato è stabile.
Finita la stagione delle grandi gang degli anni Settanta e Ottanta, ridotto ai minimi termini il terrorismo, eliminate negli anni Novanta molte strutture mafiose, soprattutto al Nord si è vista la violenza, che stava in strada, sfondare le porte dei tinelli, infiltrarsi sotto gli zerbini. È dal Duemila che in Italia, paese dove la retorica della famiglia è a mille, viene censito dagli investigatori un omicidio in famiglia ogni due giorni. Anzi, per la precisione, «ogni due giorni, due ore e venti minuti», come indicano all´associazione degli avvocati matrimonialisti: i quali, a loro volta, analizzano gli studi criminologi di Vincenzo Mastronardi. Simili numeri portano l´Italia in vetta in Europa, nostro il tragico primato di «regolamenti di conti» domestici.
In questa strage delle ragioni del cuore, il maggior numero di vittime sono donne. E al secondo posto ci sono i bambini. Prima muoiono i deboli, poi seguono altri gradi di parentela. E la spiegazione è semplice ma agghiacciante. Se la coppia scoppia non tra le carte bollate ma con il sangue, che cosa succede? «Quando le donne uccidono in famiglia – prosegue la criminologa Merzagora – uccidono spesso i piccoli, invece quando ad uccidere sono gli uomini il loro principale pensiero di morte è per la moglie, o ex moglie».
Esemplare, in questo senso, la tragedia avvenuta nel week end a Feletto Umberto, in Friuli. Coppia con figli: Salvatore, operaio di 39 anni, strangola per gelosia Carmela, bidella, di un anno più giovane, che aveva intrecciato una relazione con un altro uomo. Poi avvisa dal balcone di casa una vicina. E si scopre, nella storia familiare, che anche la madre di Carmela, vent´anni fa, era stata uccisa dal proprio marito: era stata scaraventata giù dalle scale, a Napoli. Una replica di donne vittime di mariti maneschi e «dominatori».
Quando si vanno a cercare i moventi di questi omicidi, si resta stupiti dal tasso di malessere: se in un caso d´omicidio su quattro la spinta è passionale, dettata dalla gelosia o da forme infelici d´amore, c´è da registrare che oltre il sedici per cento degli omicidi trovano terra fertile nei «disturbi psichici». Non sembrano bugie e scuse da avvocati. Non sono pochi i mariti che paiono «normali», ma nascondono una bestia dentro. I soldi? Contano, ma meno: il quindici per cento degli omicidi viene deciso «per l´assegnazione della casa», e un otto per cento dipende da «altre ragioni economiche», come l´assegno di mantenimento.
Ma perché nel Nord si uccide di più? Una risposta precisa non c´è, ma (forse) ancora oggi nel centrosud i segnali di disagio non passano sempre e completamente inosservati. Invece nelle province del Nord, ricche, spigliate, così simili alle città per stili di vita nel bene e nel male, quando qualcuno s´inabissa in un mix di solitudine e violenza più difficilmente incrocia qualcuno che gli dia retta: almeno sino a strage avvenuta. È che non si comprende con facilità quando scatta il punto di «non ritorno», come ricorda la professoressa Merzagora: «Bisogna studiare meglio – suggerisce – come e perché ci sono molestie che restano molestie e molestie che, invece, deflagrano in omicidio. Lo stalking, essere stati assillanti con il partner, è diventato per tutta la letteratura straniera un indizio preciso».
Le statistiche raccontano molto anche delle armi usate per questo sterminio coniugale. Per il cittadino ottenere il permesso per detenere un´arma non è difficile come sembra, anzi sembra più difficile togliere il porto d´armi a chi ce l´ha e non se lo «merita»: come accaduto a Milano e nella provincia di Novara, anni fa, dove due uomini con chiari indizi di pericolosità sociale si affacciarono alla finestra per eliminare «nemici» e passanti. Questi assassini familiari hanno spesso o un´arma da fuoco, oppure si procurano un coltello da incursore, come accadde la scorsa estate non lontano da Tradate, dove un papà uccise la moglie che si voleva separare da lui e i due bambini. É come scegliere di essere in guerra con la famiglia, ma uno la guerra ce l´ha già dentro: e, probabilmente, lo sa.

La Repubblica 27.04.10

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