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Scuola e Sud De Mauro: il Nord è avanti ma resta lontano dall’Europa

La scuola del Sud, «zavorrata», fa fatica ad inseguire quella del Nord ma, cosa ancor più grave, l’intero sistema di istruzione italiano fa una pessima figura al cospetto di quello europeo.
La pensa così, e non da ora, Tullio De Mauro, insigne linguista e intellettuale di origini napoletane, che ha posto il tema de La cultura degli italiani anche al centro di un suo fortunato volume, scritto con il giornalista Francesco Erbani e di recente ristampato da Laterza. De Mauro accetta di intervenire nel dibattito sulla «zavorra scolastica» aperto, sul Corriere del Mezzogiorno, dalle riflessioni dell’economista Donato Masciandaro, e proseguito, tra gli altri, con un appello dello storico Giuseppe Galasso alla scuola del Sud affinché faccia una seria autocritica.

Professore, tutti i dati segnalano l’esistenza di una “zavorra” che penalizza gli studenti meridionali. Il divario, a suo giudizio, è rimasto immutato nel corso degli anni o si è allargato?

«Tutti i dati disponibili, quelli anagrafici dell’Istat, quelli delle indagini sulla cultura e la lettura sempre dell’Istat e quelli delle indagini comparative internazionali sui rendimenti scolastici (cominciate nel 1971, tra la disattenzione di troppi) parlano di un divario tra le regioni meridionali e le regioni del Centro e del Nord dell’Italia. Un divario che, col tempo, si è andato accrescendo. È bene che di ciò ci rendiamo conto, ma, attenzione, a patto di capire che esso è poca cosa rispetto al divario assai più grave che in queste materie separa l’Italia intera dal resto dell’Europa e dei paesi più sviluppati. Il divario Sud-Nord segnala un’oscillazione negativa in medie complessivamente basse».

Quali sono le ragioni di questo divario? Perché la scuola al Sud funziona peggio?

«Nella generale penuria nazionale di investimenti per la crescita culturale e per le scuole gli anelli deboli sono in maggior sofferenza. E non basta. Fa bene Giuseppe Galasso a richiamare tutti noi meridionali alle nostre responsabilità, ma queste non riguardano solo la scuola e nemmeno solo le agenzie di cultura, biblioteche territoriali, musei, teatri, sale per concerti, e la diffusione di giornali e libri. Riguardano anche altri aspetti della vita sociale: la rassegnazione dinanzi ai fenomeni criminali, la micro-illegalità diffusa, il drenaggio continuo, ormai secolare, delle energie più attive e qualificate dal Sud verso il Centro e il Nord. Nelle professioni intellettuali e nell’insegnamento è un’emorragia continua che porta le persone giovani e più intraprendenti a lasciare il Sud per il Nord del Paese. Quando Bossi e i leghisti scalpitano per i troppi insegnanti meridionali al Nord, compresa la signora Bossi, segnalano un dato statisticamente rilevante».

Ma esiste o non esiste un problema di divario nella preparazione degli insegnanti del Sud e del Nord?

«Se esistesse, non sapremmo spiegare perché i meridionali a Roma, Firenze, Milano, Torino danno ottimi risultati».

Finora, però, ogni volta che si è posto il tema dell’arretratezza della scuola meridionale quest’ultima si è difesa accusando un’assenza di sostegno statale. È giusto continuare su questa linea o, come suggerisce Galasso, bisogna promuovere un cambiamento a partire da una sana autocritica del sistema scuola?

«Le autocritiche fanno (farebbero) bene a tutti. Purché, però, come ho già detto, tale autocritica riguardi tutti i nostri gruppi dirigenti, considerata l’arretratezza complessiva del nostro sistema di istruzione».

C’è chi sostiene del Sud che siano la scuola più deboli e le perché il contesto sociale le aiuta meno: banche, imprese ed enti locali investono poco negli studenti. È d’accordo?

«Sì, a parte isolate eccezioni, come le iniziative di Nichi Vendola in Puglia, un esempio che meriterebbe seguito».

Ne “La cultura degli italiani” lei ridefinisce anche il significato stesso della parola “cultura” ritenendo, diversamente da quanto tradizionalmente è avvenuto, che debba comprendere anche le competenze scientifiche e tecnologiche: è forse questo il vizio originario della scuola italiana?

«Certo che è un vizio, ma è un vizio di tutta la nostra cultura intellettuale, e da secoli, e aggravatosi negli anni. Già negli anni Venti lo segnalavano come pessimo contrassegno della nostra vita nazionale Sebastiano Timpanaro e Antonio Gramsci».

Il filosofo Giuseppe Cantillo ha invitato i docenti di scuola e università del Sud a iniziare ad abbassare i voti. Secondo lei può essere un buon punto di partenza per migliorare la preparazione degli studenti?

«Il rigore è sempre utile, purché sia come la carità secondo i Santi Padri: della carità dicevano incipit a se metipso, comincia da se stessi. Dovrebbe valere anche per il rigore».

Potremmo provare a sintetizzare alcune idee per migliorare la scuola del Sud?

«Creare in ogni Comune almeno una biblioteca territoriale, creare biblioteche e mediateche scolastiche nelle scuole, spingere gli adulti a leggere più giornali e libri, riuscire a spiegare alle famiglie che qualche libro in casa è un potente aiuto al successo scolastico dei figli. Non sono cose che costano molto e, come sappiamo da tutto il mondo e da regioni ‘‘felici’’ come il Trentino o la Val d’Aosta, sono investimenti preziosi non solo

Il Corriere della Sera 28.04.10