lavoro, politica italiana

La Camera dice sì al ddl lavoro. Il testo ora passa al Senato

La Camera ha approvato il collegato lavoro. I sì al ddl sono stati 259, i no 214 e 35 gli astenuti. Il testo ora passa al Senato. Il ddl era stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano che aveva chiesto correzioni su due punti in particolare: l’arbitrato e i risarcimenti per le cause di lavoro legate all’amianto.
Sul primo punto, il governo è stato battuto ieri su un emendamento del Pd che ha fissato al momento del licenziamento, e non più alla firma del contratto, la possibilità per il lavoratore di optare per l’arbitrato anzichè per la giustizia ordinaria. La modifica potrebbe essere corretta a Palazzo Madama.

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Di seguito riportiamo la dichiarazione di voto contrario appena formulata dall’On Cesare Damiano
alla Camera dei Deputati

Signor Presidente, con questo intervento, voglio annunciare e motivare il voto contrario del Partito Democratico sul disegno di legge atto Camera n. 1441-quater-E, che era stato rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica.
Come è già stato ricordato, ci troviamo di fronte ad un iter estremamente travagliato: siamo, infatti, alla quinta lettura. Come Partito Democratico – insieme agli altri partiti dell’opposizione – possiamo dire che tutto ciò poteva essere evitato, se la maggioranza avesse considerato i nostri emendamenti, che risolvevano certamente, e nel profondo, i quesiti avanzati dal Presidente della Repubblica.
Egli ha concentrato la sua attenzione su cinque articoli (gli articoli 20, 30, 31, 32 e 50), ma ha osservato, a ragion veduta, che questo provvedimento è estremamente eterogeneo e rappresenta in questo caso – ed è l’ennesima volta – un modo di legiferare che va respinto. A questa Camera va ricordato che il provvedimento nasce con 9 articoli e si conclude con ben 50 articoli.
Noi pensiamo che sicuramente, grazie all’intervento del Presidente della Repubblica, alcuni passi avanti si siano compiuti. Da questo punto di vista, vorrei concentrare la mia attenzione sul problema dell’arbitrato, che è stato l’oggetto del contendere più vistoso, anche se ovviamente non vanno sottovalutati gli altri articoli, a partire dall’articolo 20, che riguarda il tema dell’esposizione all’amianto sul naviglio militare; è questo il tema oggetto di una risoluzione che ci è stata proposta e sul quale abbiamo espresso un voto contrario, perché non risolve – a nostro modo di vedere – contemporaneamente la questione del risarcimento e quella dell’intervento di penalizzazione e di responsabilità.
Per quanto riguarda l’arbitrato, certamente alcuni passi avanti sono stati compiuti all’articolo 31 rispetto al testo votato dal Senato, che conteneva delle questioni assolutamente ambigue e per alcuni versi persino aberranti. È stato risolto un punto, quello relativo all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori: c’era il sospetto – non immotivato – che il testo di legge fosse addirittura difforme da quell’avviso comune siglato dalle parti sociali – esclusa la CGIL – che, invece, esplicitava l’esigenza di tenere fuori dall’arbitrato secondo equità una materia così delicata come quella del licenziamento e del mantenimento del rapporto di lavoro.
Ora viene esplicitato – il Presidente della Repubblica su questo punto ha fatto una specifica notazione – che l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, per fortuna, viene ovviamente escluso, ma noi vogliamo fare un’osservazione. Lo ricordo ancora una volta: il Partito Democratico non è contro l’arbitrato, noi siamo contro l’arbitrato secondo equità che affida ad un giudice, quindi a un terzo, la potestà di derogare dalle leggi e dai contratti. Abbiamo detto fin dall’inizio che non si tratta di circoscrivere il tema all’articolo 18, per quanto questo tema sia simbolicamente rilevante, perché con l’arbitrato secondo equità si possono in qualche modo manomettere i diritti, le tutele e gli standard contrattuali che si riferiscono all’insieme delle prestazioni di lavoro, ai temi dell’orario, del salario, degli straordinari e della professionalità delle persone.
Il secondo passo avanti che è stato compiuto è sicuramente quello sulla clausola compromissoria. A questo riguardo, l’aberrazione della norma precedente era quella per cui si pretendeva addirittura che fosse sottoscritta all’atto dell’assunzione, in momento nel quale i nuovi ingressi nel mercato del lavoro sono per l’80 per cento rapporti a tempo determinato e nel momento di maggiore debolezza del lavoratore nei confronti dell’imprenditore. Di quale libertà si sarebbe trattato? Di nessuna, si sarebbe trattato, in fondo, di un obbligo mascherato da una possibilità di scelta, pertanto la clausola compromissoria è stata spostata avanti in un momento successivo al periodo di prova.
Tutto questo non è sufficiente, a nostro avviso, per dire che siamo nella direzione giusta. C’è stato, però, ieri un evento importante: abbiamo fatto approvare l’emendamento a firma del sottoscritto 31.33 che chiarisce un punto fondamentale che qui si cerca di sminuire, cioè che le controverse che vengono trattate sono quelle insorte. Ciò significa che con l’approvazione questo emendamento siamo di fronte ad una re-interpretazione della norma che chiarisce la libertà del lavoratore di poter scegliere tra ricorso all’arbitro e ricorso alla magistratura ordinaria.
So bene – l’ho sentito adesso dall’onorevole Fedriga – che si vuole dare un’altra interpretazione. Si cerca addirittura di spiegare che, attraverso gli ordini del giorno, una formula estremamente inconsueta, si chiariscono le norme di legge. Mi sembra, onorevole Fedriga, che ciò non possa essere possibile. A tal riguardo, do lettura di quanto è stato dichiarato ieri.
Ieri, l’onorevole Fedriga, per non fare approvare questo emendamento (che è stato approvato) ha detto: «approvando l’emendamento Damiano 31.33 la disposizione contenuta nell’articolo non avrebbe nel concreto alcun tipo di effetto, perché si tornerebbe quasi alla situazione attuale. Si avrebbe la possibilità di scelta di ricorrere ad arbitrato soltanto nel sorgere della controversia e non, invece, un accordo preventivo, con l’esplicita volontà del datore di lavoro e del lavoratore (…)». Ha ragione l’onorevole Fedriga: è proprio così.
Allo stesso modo, ciò è stato confermato successivamente dall’onorevole Pelino nella giornata di ieri: «Se invece cambiamo l’attuale espressione con la parola »insorte«», che è quella che abbiamo approvato, «diamo qualcosa già per scontato, e quindi la clausola compromissoria perde il suo significato».
È questa la corretta interpretazione che dobbiamo dare e che diamo di questa norma: siamo di fronte al fatto che, con l’approvazione di quell’emendamento del Partito Democratico, si compie un altro passo avanti (sicuramente non ancora sufficiente) che interpreta meglio la possibilità di libera scelta del lavoratore; non lascia assolutamente adito ad alcuna confusione di carattere interpretativo e sicuramente va nella direzione auspicata dal Presidente della Repubblica.
Infine, per confermare il voto contrario su questo disegno di legge, a mio avviso non possiamo dimenticare non solo i voti contrari sugli altri articoli evidenziati dalla Presidenza della Repubblica, ma soprattutto il fatto che ci troviamo di fronte a questioni che in questa sede non sono state più discusse. Penso al fatto che il collegato sul lavoro – e lo voglio ricordare ancora una volta -contiene norme estremamente pericolose, le quali introducono un concetto di rappresentatività territoriale del sindacato (per il momento, per quanto riguarda il settore marittimo e le commissioni di conciliazione). Tuttavia, se questa norma subdola dovesse diventare norma generale, dobbiamo sapere che si sta minando la base costitutiva del sindacalismo confederale e si va verso la costituzione di sindacati di comodo, i quali portano ad accordi-pirata, ad accordi sottocosto e al dumping sociale. Poi non ci lamentiamo se in questo Paese assistiamo a situazioni in cui si pretende di retribuire il lavoro con 2 euro all’ora, perché questa è la direzione di marcia.
Concludo, signor Presidente. Allo stesso modo non va dimenticato che, oltre a questo, nel collegato sul lavoro si reintroducono norme cancellate con il voto di 5 milioni di lavoratori nel referendum sul protocollo del 2007, come lo staff leasing o l’estensione del job on call, che, al di là delle parole dette dal Governo, reintroducono un concetto di precarietà del lavoro.
In conclusione, anche noi siamo d’accordo – come ha ricordato l’onorevole Fedriga – sul fatto che tra il lavoratore e l’imprenditore non vi è un conflitto in sé. Dobbiamo cercare la via del dialogo, ma sicuramente la via del dialogo, del confronto, della contrattazione e dell’accordo passa attraverso il fatto che il confronto è tra eguali. Il diritto del lavoro in Italia riconosce la debolezza del lavoratore di fronte all’imprenditore e, purtroppo, queste norme vanno nella stessa direzione di impedire ulteriormente che vi sia un rafforzamento delle tutele del lavoro, indebolendo il lavoro stesso nei confronti dell’impresa.
Tutto ciò sicuramente non aiuta la via del dialogo, ma apre la via del conflitto ed è per questo motivo che, convintamente, il gruppo del Partito Democratico voterà contro questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).