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Libertà di stampa, Italia sempre più in basso

Il dossier di Reporter senza frontiere. L’Italia scivola al 49esimo posto. Rsf accusa Berlusconi: controlla tutte le tv e “ha moltiplicato gli attacchi alla libertà di stampa”. Tutti i nemici dei media: dalla mafia al ddl intercettazioni. L’Italia scivola dal 44esimo al 49esimo posto per la libertà di stampa nel mondo, dopo Argentina, Spagna, Francia, Cile, Slovenia e Costa Rica, ma prima di Bulgaria, Brasile e Croazia. E’ quanto si evince dal rapporto annuale diffuso da Reporter senza frontiere (Rsf) nella giornata mondiale della libertà di stampa.

“I giornalisti in Italia affrontano quotidianamente la peggiore condizione lavorativa di tutta l’Unione europea”, denuncia Rsf. Secondo il rapporto l’Italia è “l’unico paese al mondo nel quale il presidente del Consiglio controlla direttamente la quasi totalità delle reti televisive nazionali: da una parte i tre canali della tv di Stato Rai (…) e dall’altra il più grande gruppo radiotelevisivo privato (tre canali nazionali, oltre a diversi giornali e a un network radiofonico)”. Un atto d’accusa nei confronti di Silvio Berlusconi, che negli ultimi mesi – denuncia sempre Rsf – “ha moltiplicato le pressioni sull’informazione e gli attacchi alla libertà di stampa. Il premier italiano – prosegue Reporter senza frontiere – non tollera le inchieste della stampa libera sugli intrecci tra la sua vita privata e la sua funzione pubblica e per questo ha reclamato risarcimenti milionari da due quotidiani nazionali e querelato altri quotidiani francesi e britannici”. Secondo l’organizzazione, “il premier e i suoi consiglieri cercano, inoltre, di influenzare la scelta dei giornalisti a cui verrà affidata la conduzione di alcune trasmissioni politiche e, in altri casi, mettono in campo minacce dirette nei confronti di giornalisti ritenuti scomodi”.

La “criminalità mafiosa italiana” è inoltre uno dei 40 Nemici della libertà di stampa in tutto il mondo. “I commercianti, gli imprenditori e i magistrati italiani non solo le uniche vittime delle organizzazioni criminali come Cosa nostra, la Camorra, la ‘Ndrangheta e la Sacra corona unita – scrive Rsf nel suo rapporto -. Giornalisti e scrittori italiani sono, anch’essi nella loro linea di mira, dato che espongono al pubblico le loro azioni”. Rsf cita lo scrittore Roberto Saviano, “costretto a vivere sotto protezione di polizia permanente”, il giornalista Lirio Abbate dell’Ansa di Palermo e Rosaria Capacchione, cronista del Mattino di Napoli che “da oltre 20 anni segue e denuncia i crimini della Camorra”. Alle organizzazioni mafiose e criminali italiane fanno compagnia diversi capi di Stato di repubbliche ex-sovietiche, tra cui il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, o di regimi dittatoriali come la Corea del Nord, l’Iran e Myanmar. Numerose anche le organizzazioni terroristiche o paramilitari, dalle Farc in Colombia all’Eta spagnola, alle milizie private filippine.

Altre decine di giornalisti italiani “subiscono minacce e attacchi quotidiani (come l’auto o la porta di casa date alle fiamme). A Ravenna e Ivrea – prosegue Rsf – due giornalisti sono stati aggrediti fisicamente dai protagonisti dei loro articoli (il primo dall’imputato di un processo e il secondo per aver criticato alcuni lavori pubblici nel centro storico di un paese). Un nuovo fenomeno, infine, è quello delle minacce a giornalisti che si occupano di calcio da parte di gruppi ultra di alcune tifoserie, il più delle volte espresse con cori o con striscioni. Tutti episodi che “rappresentano serie violazioni della libertà di stampa e mettono in evidenza ancora di più che, oggi in Italia, esiste un grave problema di rapporto tra politica, verità e informazione”.

Il ddl intercettazioni
A questi episodi si aggiunge “l’ultimo grave rischio per la libertà di stampa: quello rappresentato dal disegno di legge sulle intercettazioni che il Senato si appresta a votare, dopo essere stato approvato dalla Camera a giugno”. Rsf ricorda che “oggi la legge italiana prevede che tutti gli atti d’indagine, compiuti dal pubblico ministero e dalla polizia giudiziaria, siano coperti dal segreto fino a quando l’imputato non ne possa avere conoscenza e, comunque, non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Il nuovo disegno di legge, invece, vieta di pubblicare qualsiasi atto (comprese e intercettazioni), anche per riassunto (oggi invece è consentito), fino alla chiusura indagini. Il divieto di pubblicazione è esteso a tutta la attività degli inquirenti, quindi anche ad arresti, sequestri o perquisizioni, dei quali non si potrà più dare notizia. E’ vietata sempre, invece, la pubblicazione di atti o di conversazioni o flussi di comunicazioni di cui sia stata ordinata la distruzione”. Per l’associazione, “se questa legge passasse i giornalisti, di fatto, non potrebbero più scrivere nulla circa i reati e le indagini della magistratura fino a chiusura delle indagini (da sei mesi a oltre un anno). Chi viola il segreto rischia il carcere fino a sei mesi, oltre a pesanti sanzioni. Come pena accessoria c’è anche la possibile sospensione dall’attività giornalistica per tre mesi. Pesanti multe sono previste anche per gli editori”.

Il monopolio tv
Rsf ricorda che la tv, in generale, rimane la principale fonte di informazione per oltre l’80% della popolazione e, in molti casi, è addirittura l’unica fonte. “In questo scenario – prosegue il rapporto – la tv attira altissime percentuali delle risorse pubblicitarie, cosa permessa da una legge che porta il nome del ministro Gasparri (che ha fatto parte del governo Berlusconi) che ha di fatto annullato qualsiasi limite di antitrust rispetto alle quote di raccolta. L’istituto privato Nielsen, inoltre, ha certificato come nei primi mesi del 2009, quando si è riflettuta la crisi anche sul mondo dei media, sia aumentato l’esodo di inserzionisti pubblicitari verso i canali tv nazionali, soprattutto verso quelli di proprietà della famiglia Berlusconi. Tutto questo limita le risorse per la maggior parte dei giornali e delle radio italiane, indebolendone l’autonomia e impoverendone la qualità”.

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