scuola | formazione

"Tecnici, si studieranno i dialetti e le regole per i colloqui di lavoro", di Anna Maria Sersale

Negli istituti tecnici accanto all’italiano scritto e parlato ci sarà il dialetto. Anzi, i dialetti, dalla Lombardia alla Sicilia con tutte le possibili varianti. Nasce la scuola di campanile? Forse. Tra i banchi non ci sarà soltanto la lingua unitaria, l’italiano, ma anche le lingue locali. Per ora siamo al livello di proposta. Il ministro Gelmini non si è ancora espresso ma il gruppo di lavoro incaricato di definire le linee guida dei nuovi programmi per geometri, tecnici informatici, periti industriali, esperti di turismo e quant’altro ha aperto un varco. «Gli studenti non potranno prescindere – è scritto in una scheda redatta dal gruppo – dalla conoscenza dell’italiano contemporaneo, della diversità tra scritto e parlato, e non potranno prescindere anche dalla conoscenza del rapporto con i dialetti».
Però sulla proposta piovono critiche. «Se il federalismo scolastico è questo non ci siamo proprio – osserva Gigliola Corduas, presidente della Federazione nazionale degli insegnanti – Gli studenti hanno già tanti problemi con la conoscenza dell’italiano che non c’è davvero bisogno di inseguire i dialetti e i particolarismi regionali. C’è bisogno, invece, di rafforzare le strutture linguistiche, dalla grammatica alla sintassi. Non dimentichiamo che stiamo perdendo l’uso del congiuntivo… e che i ragazzi sbarcano all’università o nel mondo del lavoro portandosi dietro problemi di lingua giganteschi. La proposta, inoltre, va cancellata perché renderà più difficile l’integrazione con gli stranieri, alimentando i fenomeni di esclusione e razzismo».
Della scuola italiana si diceva che dovesse essere più vicina all’Europa e preparare i giovani anche per il mercato oltre confine, non è così? Claudio Gentili, direttore Education di Confindustria, che sui tecnici ha un altissimo livello di attenzione, considera la proposta priva di ogni fondamento: «Ci dovremmo preoccupare di argomenti più seri, abbiamo abolito il concetto di competenze, cosa gravissima che ci fa tornare al nozionismo». Sconcerto tra i docenti universitari. Paolo D’Achille, ordinario di Linguistica a Roma Tre, boccia senza appello la proposta. «Un errore, il dialetto non è conciliabile. Già nella situazione attuale i ragazzi arrivano all’università con carenze spaventose. A scuola può essere mantenuta viva la memoria di certi monumenti letterari, Belli, Trilussa o altri, niente di più».
Ma un elemento positivo c’è. Diventeranno materia di studio anche le “regole per i colloqui di lavoro”. Così i ragazzi dopo il diploma saranno meno impreparati per affrontare il loro primo incontro in azienda. Che cosa prevedono i nuovi programmi? Gli insegnamenti comuni a tutti gli indirizzi saranno lingua e letteratura italiana, lingua inglese, storia, matematica, diritto ed economia e scienze integrate. Se per i licei sono disponibili già da tempo le indicazioni nazionali predisposte dalla commissione Bruschi, per gli istituti tecnici il ministero dell’Istruzione ha scelto una strada diversa: definizione delle linee guida dopo avere coinvolto centinaia di istituti tecnici, associazioni professionali e parti sociali interessate. Tra qualche giorno, spiegano a Viale Trastevere, sarà «possibile proporre emendamenti ai loro contenuti». Le proposte saranno vagliate dal gruppo di lavoro che a fine maggio dovrebbe sfornare un documento per il ministro. Intanto, spigolando tra le schede, articolate per settore, emerge che la Storia va a braccetto con l’ecologia.

Il Messaggero 04.05.10

******
“Promossi in italiano ma anche in dialetto”, di Flavia Amabile
“Si deve favorire la conoscenza dei luoghi in cui si vive”. Nelle superiori si insegnerà l`italiano, ma si dovrà avere una conoscenza anche del dialetto. Modi, tempi, quantità saranno definite più in là, per ora il ministero ha solo indicato la propria volontà. Lo ha fatto nelle linee guida per i nuovi istituti tecnici che vedranno la luce dal prossimo anno, nelle «schede di lavoro» relative alle materie del primo biennio.

Ai futuri studenti dei primi due anni il ministero chiede «competenze», ovvero conoscenze generiche, in «registri dell`italiano contemporaneo, diversità tra scritto e parlato, ma anche rapporto con i dialetti». All`interno dell`insegnamento dell`italiano, insomma, non potranno prescindere da queste conoscenze.

E al ministero dell`Istruzione confermano. «Anzi. Rivendichiamo con forza la necessità di queste conoscenze sui dialetti e le tradizioni locali per favorire la conoscenza dei luoghi in cui si vive, delle proprie radici».

Insomma, i dialetti entrano nella vita degli studenti delle superiori, un tema molto caro alla Lega. Era stato il leader del Carroccio, Umberto Bossi, lo scorso Ferragosto a spiegare di essere pronto a preparare una legge. Il ministro della Semplificazione, Roberto Calderoli, l`aveva accontentato con un ddl che voleva rendere obbligatorio il dialetto in tutti i cicli scolastici: dalla primaria, passando per le medie fino alle superiori. Secondo la Lega, l`insegnamento doveva essere affidato ad «insegnanti specializzati», con una competenza da verificare durante i concorsi di accesso alla professione. La proposta è stata accolta da mille polemiche e quindi in parte accantonata.

Ora però si torna a parlarne in forma e toni diversi nella prospettiva – sottolineano le «Linee guida» – di portare gli studenti alla fine dei cinque anni di studi a «stabilire collegamenti tra le tradizioni culturali locali, nazionali ed internazionali».

A lavorare su queste richieste è un gruppo tecnico nazionale, che ha preparato una serie di «schede di lavoro» sulla base di un confronto che spiega il ministero – ha coinvolto centinaia di istituti tecnici, associazioni professionali e disciplinari, parti sociali.

Tra qualche giorno sarà possibile proporre emendamenti ai contenuti. Le proposte saranno quindi vagliate dal gruppo tecnico che a fine maggio dovrebbe predisporre le linee guida definitive.

Insegnamenti comuni agli indirizzi sono lingua e letteratura italiana, lingua inglese, storia, matematica, diritto ed economia e scienze integrate.

Le schede sono articolate per settore (economico e tecnologico), le materie sono molte e varie.

Si studierà la Storia, ma con l`ecologia, visto che tra le «conoscenze» che i ragazzi dovranno aver immagazzinato sono incluse quelle relative a «strutture ambientali ed ecologiche, fattori ambientali e paesaggio umano». L`insegnamento della Costituzione è affidato ai docenti di Storia e a quelli di Diritto ed Economia e nello studio della geografia non si potranno trascurare temi come lo squilibrio ambientale, l`inquinamento, la sostenibilità e la bio-diversità.

Nell`indirizzo «tecnologico» tra le conoscenze di «Diritto ed economia» dovranno essere incluse le regole per la redazione del curriculum vitae europeo e le tipologie di colloquio di lavoro (individuale, di gruppo, on line ecc.), conoscenze a cui il ministro Gelmini tiene molto per avvicinare il mondo della scuola a quello del lavoro.

La Stampa 04.05.10