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Al via il riordino degli enti Miur: quale futuro per la ricerca pubblica? *

A due mesi dall’entrata in vigore del D. Lgs. 213/2009, sta per avere avvio il riordino degli enti di ricerca vigilati dal Miur.

Infatti, il Ministro Gelmini ha nominato cinque esperti per ciascuno dei dodici enti sottoposti a riordino: essi, ai sensi del D.Lgs. 213/2009, integreranno i consigli d’amministrazione degli enti coinvolti per la prima stesura di statuti e regolamenti. Dei sessanta complessivi, che insieme ai consigli d’amministrazione in carica dovranno tra l’altro assicurare che statuti e regolamenti prevedano «norme anti-discriminatorie tra donne e uomini nella composizione degli organi», le donne sarebbero soltanto quattro.

Sulla base delle scadenze prospettate dal decreto, gli schemi di statuti e regolamenti dovranno essere deliberati, previo parere dei Consigli scientifici, entro il prossimo 16 agosto. Seguirà l’esame da parte del Ministro, che avrà facoltà di formulare osservazioni di merito e di legittimità, con la clausola del silenzio-assenso, entro sessanta giorni dalla ricezione degli stessi. Ottenuta l’approvazione, seguirà la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e, entro il bimestre successivo, il completamento delle procedure di nomina di Presidenti e consigli d’amministrazione. Il decreto prevede testualmente che «Gli organi degli enti in carica o scaduti» alla data d’entrata in vigore rimangano in carica «fino alla data di entrata in vigore dei nuovi statuti o fino al completamento delle procedure di nomina».

Il decreto presenta un impianto che nel complesso non condividiamo, frutto sia dei limiti intrinseci della L. 165/07 sia di un esercizio della delega da essa prevista eccessivamente caratterizzata da eccessi e distorsioni. Ne risulta un quadro paradossale, che rischia di condizionare anche in modo dannoso la già risicata autonomia degli enti e dei loro addetti, a partire dai ricercatori.

Tuttavia, oltre alle questioni di merito, su cui torneremo e alle quali occorrerà prestare la massima attenzione, riteniamo dannoso il metodo seguito dal Governo per intervenire in generale in materia di ricerca. Figlio di un quadro che si contraddistingue per la ferma volontà di evitare il confronto, è tenuto insieme da un comune denominatore che lega gli enti Miur a quelli vigilati da altri ministeri. Si pensi agli misure riguardanti Ispra, Enea, Isfol, Ispesl, ecc., caratterizzati da usi impropri della decretazione d’urgenza o del voto di fiducia, spesso seguiti da commissariamenti e ristrutturazioni che sovente creano più problemi di quanti non cerchino di risolverne.

È un quadro che non ha prodotto modifiche sostanziali dello schema di decreto adottato in prima lettura dal Governo e trasmesso alle commissioni parlamentari competenti: il Governo ha nei fatti ignorati i rilievi delle Commissioni cultura di Camera e Senato, che evidenziano oltretutto varie assonanze con le nostre osservazioni. Così, lungi dal rispondere a un disegno organico, ci troviamo di fronte a un quadro che rischia di parcellizzare ulteriormente un settore già eccessivamente caratterizzato da un’estrema frammentazione.

Ciliegina sulla torta: la fretta non ha probabilmente consentito neanche una revisione tecnica del testo, che presenta non poche contraddizioni, sino al punto di prevedere un evidente errore nell’abrogare una norma.

Si rende pertanto necessaria l’adozione di un provvedimento correttivo che, secondo quanto previsto dalla L.165/2007, può essere emanato entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del D. Lgs. 213/2009. A riguardo, ribadiamo che, per quanto possibile nel corso dell’iter di adozione dello stesso o con provvedimenti legislativi ad hoc, occorre introdurre ulteriori correttivi mirati a

valorizzare l’autonomia e la partecipazione della comunità scientifica (e ciò anche nella fase di prima stesura di statuti e regolamenti), recuperando lo spirito della Carta europea dei ricercatori e dell’art. 12 del Ccnl 2006-2009 sottoscritto il 13 maggio 2009;
rilanciare il reclutamento;
favorire reali processi di mobilità tra enti, università, istituzioni di alta formazione e mondo produttivo;
introdurre adeguate norme di raccordo per gli enti vigilati da ministeri diversi dal Miur, in particolare sulle questioni inerenti a reclutamento, personale, mobilità, in un’ottica di vera e concreta riaffermazione della specificità e dell’autonomia della ricerca pubblica extra universitaria e, in quest’ambito, ribadire la peculiarità del modello contrattuale per il personale degli Enti pubblici di ricerca.
Il quadro è pienamente coerente con la totale assenza di dialogo – o anche di semplice comunicazione – con, nel nostro caso, la comunità scientifica, in controtendenza con gli stessi orientamenti generali che maturano nell’Unione europea, che, anche in sede di ridefinizione degli obiettivi di Lisbona in vista del 2020, recupera il valore del partenariato sociale, caldeggiandone l’estensione anche alle autorità nazionali, locali e regionali, alle parti sociali, alle parti interessate e alla società civile.

L’esclusione della comunità scientifica dalla partecipazione attiva ai processi decisionali rappresenta una delle peggiori calamità potenziali anche per la capacità degli enti di rispondere efficacemente alle sfide imposte alla nostra ricerca pubblica. Allo scopo di stimolare il dibattito e sviluppare opportunità concrete di comunicazione che siano anche in grado di favorire la condivisione di esperienze tra enti diversi, abbiamo deciso di attivare quattro spazi di discussione, dedicati rispettivamente agli enti vigilati dal Miur, alle problematiche inerenti ai settori dell’energia e dell’ambiente, agli interventi in cantiere per gli enti vigilati dal ministero del Welfare, alla situazione di quanti operano nel settore della ricerca in agricoltura.

Ciò come parte del percorso avviato unitariamente con l’iniziativa tenutasi lo scorso 19 febbraio presso la sede dell’Ingv di Roma.

* da flcgil.it clicca qui per leggere i documenti allegati