pari opportunità | diritti

"La rivoluzione incompiuta della pillola", di Maria Giulia Minetti

Come ha cambiato la sessualità

Dicono che l’invenzione della pillola anticoncezionale abbia messo in moto la più grande rivoluzione mai avvenuta nella storia dell’umanità. Apparsa sul mercato Usa 50 anni fa, ha cambiato per sempre i rapporti di genere (al tempo dell’invenzione della pillola si sarebbe detto i rapporti di sesso), ha liberato la sessualità femminile, ha definitivamente scisso l’amore fisico dalla riproduzione.
Poi vai a vedere i dati nostrani e resti stupefatto: oggi in Italia solo il 20 per cento delle donne usa la pillola e non si può dire che nel passato la percentuale fosse più elevata. E allora? Come si conciliano la grande rivoluzione e la scarsa diffusione? «Da noi la pillola ci mise un po’ ad affermarsi – ricorda la sociologa Franca Pizzini, professore all’Università Statale di Milano, che si è sempre occupata di problemi femminili e ha partecipato all’attività dei primi consultori -. La diffusione andò di pari passo con l’affermarsi del femminismo… Ricordo l’entusiasmo di noi ragazze quando Pincus venne all’università per tenere una conferenza, era il 1966 se non sbaglio. “Andiamo – mi telefonò un’amica – andiamo a festeggiare l’uomo che ci ha dato questa pillola meravigliosa!”». Però la pillola meravigliosa faceva fatica a diffondersi, l’uso fu a lungo elitario, e anche adesso, a guardare le cifre…

«La pillola è stata una di quelle rivoluzioni che portano con sé un’idea ancora più forte della prassi. Puoi usarla o non usarla, ma c’è. C’è la possibilità per ogni donna di fare l’amore senza paura, senza nessuna paura. È il momento in cui sai che si può fare che è rivoluzionario. Della pillola direi che è un anticoncezionale che ha una volontà dentro di sé».
Questa volontà intrinseca, questa forza dirompente del nuovo anticoncezionale fu ben capita dai custodi dello «status quo», laici e religiosi, fondamentalisti e «progressisti». I dibattiti e gli articoli andavano dall’anatema moralista (la promiscuità incontrollata!) alla riflessione sui ruoli sociali, le identità sessuali, i rapporti familiari ecc: in una parola, moltissimi non erano pronti ad accettare una donna che gestisse i propri rapporti d’affetto e di sesso «come un uomo».
Nel 1968, l’anno cruciale della contestazione studentesca, il Papa Paolo VI promulga l’enciclica «Humanae Vitae» che dichiara inaccettabili i metodi contraccettivi «non naturali». Lo Stato italiano acconsente alla vendita dell’innaturale pillola solo nel 1972, ma c’è bisogno della ricetta medica, se no, niente! Con meravigliosa ipocrisia, la pillola può essere prescritta solo come farmaco curativo di disordini ormonali, bandito ogni accenno alla funzione contraccettiva.

Proibitissimo resterà, anche dopo la liberalizzazione, quando la pillola potrà finalmente essere venduta per quello che è e senza l’avallo del dottore, ogni tentativo di pubblicizzarla, condannando la compressa pincusiana a una sorta di clandestinità ufficiale. Finirono però i viaggi oltrefrontiera – a Milano bastava andare a Chiasso – delle ragazze che volevano comprarsi la pillola senza passare dalle forche caudine del medico di famiglia. Ma come mai la pillola, con tutto il valore simbolico che si porta appresso, non ha decollato, in Italia? La Chiesa ha contato, sicuramente, ma essendo il nostro un Paese a bassissimo indice di natalità, e condannando la Chiesa ogni contraccettivo chimico o meccanico, l’insegnamento ecclesiastico è all’evidenza spesso disatteso. Dunque la sfortuna della pillola ha anche altre ragioni. Secondo la dottoressa Anna Alvarosi, una ginecologa a lungo operativa in consultori, «la pillola è soprattutto un anticoncezionale “borghese”. Bisogna che la donna sia disposta ad ascoltare il medico e a capire quello che dice senza pregiudizi».

Le spiegazioni relative al funzionamento della pillola, alla semplice funzione inibitoria dell’ovulazione, «invece di tranquillizzare, spaventano. Invece di accettare l’idea che si tratta di una procedura innocua, che non minaccia in alcun modo la fertilità, persiste la convinzione di assumere qualcosa che “va contro” la funzione biologica, e dunque in qualche modo la compromette». Anche parte del movimento femminista, del resto, guardò alla pillola con sospetto, e proprio per il contenuto «manipolatorio» (all’epoca dell’esordio sul mercato, va detto, la pillola era una «bomba» ormonale, ci volle qualche anno perché i dosaggi si assestassero). Antonella Nappi, sociologa e femminista della prima ora, rammenta che molte compagne del movimento delle donne preferivano il diaframma: «C’era un dibattito tra noi, su questo, perché per il movimento era imperativo lo slogan “non farsi male alla salute”». E poi, perché tanto accanimento anticoncezionale, si chiedevano alcune, «quando si può fare l’amore senza penetrazione, o fra donne?». Discussione, obiezione, incomprensione, condanna o osanna; ne ha viste tante la pillola in questo mezzo secolo, ma nessuno ha potuto mettere in dubbio la sua importanza fondamentale: è la biglia che ha consentito la rivoluzione sessuale, e non si torna indietro.

da www.lastampa.it