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Gran Bretagna: verso l’era dei governi di coalizione

Per la prima volta dal 1974 il sistema maggioritario puro a turno unico in Gran Bretagna non ha funzionato ed è stato eletto un “hung parliament”, un “parlamento appeso”, nel quale nessuno dei principali Partiti gode della maggioranza assoluta dei seggi. Il sistema maggioritario infatti, produce un vincitore chiaro solo quando esiste un sistema bipolare, o bipartitico definito. Ma la struttura partitica in Gran Bretagna ormai non si può più definire bipolare.
I conservatori hanno vinto le elezioni, ma solo con il 36% dei voti, che non ha consentito loro di assicurarsi la maggioranza assoluta in Parlamento: avevano bisogno di almeno 326 seggi, ma ne hanno conquistati 306.11. Il Partito laburista ha ottenuto 258 seggi, con il 29% delle preferenze; i liberaldemocratici hanno dato risultati numericamente buoni ma deludenti rispetto alle aspettative emerse durante i dibattiti televisivi in campagna elettorale. Clegg infatti ha avuto il 23% dei voti, ma a causa del sistema elettorale può contare su soli 57 seggi.

Con questa situazione di stallo non è ancora possibile dire se sarà David Cameron, leader dei Tories, o il premier uscente, il laburista Gordon Brown, a formare il nuovo governo, bisognerà attendere gli sviluppi delle trattative tra i due Partiti e i Liberaldemocratici di Nick Clegg.

Peter Mandelson, braccio destro e Ministro prima di Blair, poi di Brown, è l’ambasciatore dei Labour nella trattativa con i lib-dem, intervistato dalla rete Sky dichiara: “Abbiamo perso, ma poteva andarci peggio, ora la palla è nel campo di Clegg”. “Siamo al potere dal 1997, continua il Ministro, solo un paio di volte negli ultimi duecento anni un Partito ha vinto quattro elezioni consecutive, per cui era chiaro che sarebbe stato difficile. Se a questo si aggiunge la crisi economica mondiale la difficoltà era anche maggiore; alla fine dello scorso anno venivamo dati per spacciati, sembrava che Cameron sarebbe entrato trionfalmente, senza ostacoli, a Downing Street. Ebbene, non è andata così”.

Spiega Mandelson: “Gordon Brown al momento non può dimettersi finché alla Regina Elisabetta non sarà chiaro chi ha le migliori chances di formare un nuovo Governo. Le prossime ore ci diranno se in questa posizione si verrà a trovare Cameron, da solo con un governo di minoranza oppure in una coalizione con i liberaldemocratici. In caso contrario, è possibile che sia il Labour a offrire le migliori chances di un nuovo governo, in una coalizione con i lib-dem”.

“Gli elettori hanno voltato pagina, considera Mandelson, ma non ci hanno indicato chiaramente quale sarà il nuovo capitolo da scrivere. Diamo il tempo ai lib-dem di parlare con Cameron, di riflettere su ciò che Cameron dirà loro e poi eventualmente di parlare con Brown. Qualche giorno potrebbe essere necessario e non sarà un dramma, la Gran Bretagna ha un governo in carica che continua a funzionare non siamo nel caos”. Conclude il portavoce Laburista: “Questa elezione ha dimostrato che il sistema attuale non funziona, abbiamo bisogno di un sistema in cui ogni voto conta come gli altri, in cui ogni Partito è rappresentato in Parlamento in base al consenso effettivo che ha nel Paese. Il Labour riconosce tutto ciò ed è pronto a offrire a Clegg un referendum in tempi brevi in cui chiedere al popolo di esprimersi su questa importante riforma. Cameron è contrario e si limita a offrire correttivi al sistema maggioritario. E’ una importante differenza. Sta a Clegg decidere”.

Billy Emmott, uno dei giornalisti inglesi più noti all’estero, esperto di politica ed economia, per 13 anni direttore del più prestigioso magazine di attualità del mondo, l ‘Economist, in un’intervista al “ Messaggero” dopo le elezioni in Gran Bretagna commenta: “Il bipolarismo all’inglese sta morendo e David Cameron è il secondo perdente di queste elezioni dopo Gordon Brown; Clegg resta il vincitore morale di queste elezioni adesso è lui l’ago della bilancia”.

L’unica cosa certa al momento è che il risultato elettorale in Gran Bretagna conferma la frammentazione del sistema partitico, ormai in agonia da vent’anni a causa delle troppe divisioni ideologiche, e sottolinea il desiderio di devolution con il rafforzamento dei Partiti regionali, come quelli dell’ Irlanda del Nord.

Anto. P.
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