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"Legge 40, dopo le modifiche 700 bimbi in più ogni anno", di Letizia Magnani

Al congresso di Riccione riunite le otto sigle che si occupano di salute riproduttiva A dodici mesi dalla sentenza della Corte Costituzionale una ricerca segnala molti progressi: più embrioni impiantati, meno aborti, una nascita ogni 52 transfert. Sembra diminuito il numero di parti plurigemellari Costi e problemi per le over 45.
Una delle battute più frequenti ai congressi medici sulla riproduzione è quella che i bambini è meglio farli alla vecchia maniera, sotto le coperte e non sul lettino di un ambulatorio, ma la procreazione medicalmente assistita (Pma) in realtà è molto più che una alternativa per numerose coppie che incontrano problemi a diventare una famiglia con prole in maniera naturale.
È questo uno degli argomenti che hanno tenuto banco anche a Riccione, dove si è concluso il secondo congresso unificato delle società italiane di medicina della riproduzione. Sono otto e mettono assieme 400 esperti di biologia, andrologia e ginecologia.
Al centro del congresso, che si è concluso con l´annuncio della nascita della Federazione delle società che si occupano di salute riproduttiva (la notizia verrà ufficializzata a Roma, nel corso del congresso europeo di medicina riproduttiva, dal 27 al 30 giugno), ci sono stati alcuni temi fondamentali per la salute riproduttiva. Primo fra tutti quello dei passi in avanti fatti ad un anno dalla sentenza della Corte Costituzionale sulla legge 40, che attribuisce agli operatori della procreazione assistita maggiore autonomia nella scelta delle tecnica migliore per offrire più possibilità alla coppia infertile. Al centro c´è la madre, la sua salute. Poi vengono le esigenze dell´embrione e, anche, la possibilità di optare sul congelamento, solo nel caso in cui, però, tutte le altre possibilità siano state infruttuose.
Da qui i risultati della prima analisi italiana su coppie trattate prima e dopo la sentenza 151 della Suprema Corte. Sono 6.976 in tutto i cicli presi in esame. Con un numero superiore di embrioni trasferiti dopo la sentenza, una diminuzione percentuale degli aborti e un bambino nato ogni 52 transfert. «Il che – ha spiegato Filippo Maria Ubaldi, curatore assieme ad Andrea Borini e Paolo Emanuele Levi Setti della ricerca – significa circa 700 bambini in più all´anno. Dopo la sentenza c´è stata la possibilità di preferire morfologicamente gli embrioni nel 48% dei cicli, con l´aumento di gravidanza evolutiva». La ricerca, condotta dall´Istituto Clinico Humanitas, da Tecnobios Procreazione e da G.en.e.ra., per conto di Sifes, una delle società italiane che si occupa del tema, mette in evidenza come sulle donne dai 30 ai 35 anni bastino meno di due embrioni trasferiti per il buon esito della terapia. Mentre maggiori problemi incontrano le donne dai 35 ai 39 anni, dove pure, dopo la sentenza, c´è stato «un aumento significativo delle gravidanze, con un bambino nato ogni 28 transfert».
È inoltre parere di tutti gli esperti che «i medici fertilizzano il numero di ovociti necessari per avere bambini, cioè non hanno creato embrioni in più dopo la sentenza». Questa la sintesi di Guido Ragni, portavoce delle società organizzatrici del Congresso. La sentenza serviva anche a tutelare le madri dai parti multigemellari indesiderati, ma al momento i dati italiani non danno indicazioni utili, anche se pare che sui casi considerati ci sia una netta diminuzione di questa possibilità.
Uno dei grandi limiti alla procreazione rimane il fattore età. Per Marco Costa, del Galliera di Genova «le donne dovrebbero essere ben informate e non seguire i miti mediatici, come Madonna o altre super donne che cercano la maternità anche oltre i 45 anni. Da uno studio australiano emerge infatti che nelle donne di 40 anni nasce un bambino dopo 8 tentativi, con un costo, nel caso di procreazione medicalmente assistita, che varia dai 40 ai 60mila euro. Costo che arriva a 700mila euro nel caso di madri di 45 anni, che riescono ad avere un bambino solo dopo 167 tentativi». Se non si hanno portafoglio e tenacia, insomma, meglio desistere.

La Repubblica 11.05.10