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"Ha senso salvare l’Europa sacrificando gli europei?", di Loretta Napoleoni

Torna la sfiducia sui mercati e ieri l’Italia, per collocare l’ennesima emissione, ha dovuto maggiorare il tasso d’interesse. Possibile che mille miliardi siano insufficienti a ripristinare la fiducia nel debito sovrano di Eurolandia? Ecco qualche cifra per aiutarci a rispondere a questa scomoda domanda. I soldi stanziati equivalgono all’8,4% del PIL dell’Unione Europea, ma coprono il 10,6% del suo debito pubblico complessivo, poca cosa quindi. Bastano appena a coprire fino al 2012 il deficit del Portogallo, della Spagna e forse anche dell’Irlanda (500 miliardi di euro), ma se il contagio si estende anche all’Italia e al Belgio, allora bisognerà ricorrere a ulteriori iniezioni di denaro. I mercati si chiedono dove troveremo tutti questi fondi, ricorrendo a un ulteriore indebitamento? Poiché non illudiamoci è il debito il cavaliere bianco che dovrebbe salvare dalla bancarotta la giovane moneta europea. Tutti sanno che l’Europa non ha a disposizione la liquidità stanziata nel fine settimana e quindi la deve creare. E lo farà indebitandosi. La Commissione Europea venderà obbligazioni per 60 miliardi di euro usando come collaterale i 141 miliardi stanziati per il suo bilancio. Questi soldi andranno a rimpinguare il fondo d’emergenza della bilancia dei pagamenti europea, già usato nel 2008 per correre in aiuto di altri paesi dell’Unione: Lituania, Romania e Ungheria. Allora però l’esborso fu di appena 15 miliardi di euro.

I paesi membri ed il FMI stanzieranno 440 miliardi di euro; l’ammontare che ogni stato dovrà fornire dipenderà naturalmente dal peso economico che ciascuna nazione riveste nell’Unione, ciò significa che i tedeschi dovranno pagare di più dei portoghesi. Ma dato che nessuno ha a disposizione tanto contante tutti andranno sul mercato e venderanno obbligazioni, in altre parole s’indebiteranno.

In un déjà vu dell’acquisto dei beni tossici delle banche da parte del Tesoro americano, la Banca Centrale europea s’impegna poi a intervenire sul mercato internazionale per acquistare le obbligazioni dei paesi deficitari, spingendosi fino al mercato repo, quello dove finiscono quelle spazzatura prima di andare in bancarotta, e le acquisterà ogni volta che sarà necessario. E dato che non ha fondi a sufficienza per farlo dovrà vendere titoli “buoni” per acquistare quelli “tossici”. Tutte queste decisioni, naturalmente, vanno contro gli accordi di Maastricht e di Lisbona che vietano alla Banca Centrale Europea di comportarsi come una banca centrale di uno stato sovrano.

Non è però detto che questa strategia funzioni o che basti ad arginare la sfiducia nel debito sovrano dei mercati. Sebbene sulla carta il grande salvataggio di Eurolandia sembri perfetto – ed infatti lunedì i mercati si sono concessi una giornata di totale euforia -, in pratica però si tratta di un gigantesco indebitamento di cui nessuno è a conoscenza delle modalità. Tra le domande che gli operatori si pongono ce ne sono alcune che pesano più di altre: il fondo di stabilità è una garanzia di solvibilità o un semplice fondo? Il mercato vuole sapere cosa succederà quando non ci saranno più soldi nelle sue casse e bisognerà “salvare” l’ennesima nazione. Quali le condizioni per accedere al fondo e chi lo monitorerà, l’UE, il FMI o tutti e due? Quando entrerà in vigore e sarà operativo questo fondo?

Ma anche se trovassimo una risposta a tutte le domande tecniche esistono dietro l’angolo altri ostacoli: il meccanismo di salvataggio proprio perché va contro lo spirito dell’Unione e poggia sull’indebitamento dovrà essere ratificato dai parlamenti di ciascun paese ed in alcuni di questi, ad esempio la Germania e l’Olanda, questa potrebbe essere un’impresa non facile. L’intervento della BCE anche se “sterilizzato”, e cioè tenuto lontano dalla creazione di moneta nell’Unione, rappresenta una minaccia per l’indipendenza delle banche centrali e farà gravitare le aspettative di inflazione e naturalmente la posizione debitoria di Eurolandia. Infine rimane la questione della ristrutturazione del debito dei paesi deficitari. La Spagna ha già detto che quest’anno taglierà il deficit dell’0.5% e dell’1% l’anno prossimo, con un tasso di disoccupazione al 22% ci si chiede come farà a farlo. Il Portogallo ha annunciato tagli dell’1% nel 2010 e del 1,5% nel 2011, ma si tratta di poca cosa di fronte alle dimensioni del debito pubblico europeo.

Il problema più serio è chi nel lungo periodo si accollerà il debito, i già indebitatissimi contribuenti europei? E tutte le piazze affari concordano che costoro non ce la fanno a tirare ulteriormente la cinghia. A che serve salvare l’Europa se per farlo dobbiamo sacrificarne gli abitanti?

L’Unità 13.05.10