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"Bertolaso e Anemone tra segreti e bugie", di Claudia Fusani

Nelle annotazioni relative all’anno 2003 si legge: “Via Giulia-Bertolaso”, intervento numero 5 della lista. Stesso anno solare, intervento n°19, questo volta c’è solo: “Bertolaso”. Poi c’è “via Bellotti Bon 2”, anno 2004, l’abitazione di Bertolaso; “via Vitorchiano”, sede della Protezione Civile, intervento n°7 dell’anno 2005; “uffici presidenza protezione civile via Ulpiano”, intervento n° 23 del 2006; e di nuovo, “via Vitorchiano”, intervento n°41 del 2007. Dopo il capitolo chiese e conventi e caserme e palazzo Chigi, non c’è dubbio che uno dei clienti più affezionati di Diego Anemone sia proprio Guido Bertolaso e gli uffici delle varie sedi della Protezione Civile. Così dice “la lista” già ribattezzata “dei favori e dei lavori”, il personalissimo libro mastro del costruttore Diego Anemone, perno, con Balducci, della cricca che ha monopolizzato gli appalti pubblici negli ultimi dieci anni.

Prima ancora degli eventuali scambi di favori – leggi lavoretti di falegnameria – la cosa certa qui sono le incongruenze tra le “verità” del sottosegretario n°1 della Protezione civile e i fatti che emergono nell’inchiesta. «Non ho mai mentito agli italiani» disse venerdì scorso nella conferenza stampa (che su l’Unità chiamammo “pro domo sua”) per realizzare la quale ottenne l’uso esclusivo di Palazzo Chigi. Bertolaso, invece, o quel giorno era molto distratto o ha mentito. E la lista ne è la prova. «Conoscevo Anemone, persona corretta e un gentiluomo – disse – ma nego di averlo mai chiamato ‘il capo’ o di aver avuto rapporti privilegiati». Spiegò – per la prima volta, come se volesse mettere le mani avanti – che Anemone aveva fatto alcuni lavoretti di falegnameria in casa sua («Sistemò le tapparelle e per questo è stato regolarmente pagato con assegno da 20 mila euro») e che la moglie Gloria Piermarini, architetto paesaggistico, nel 2007 aveva fatto una consulenza per il verde del “Salaria Village” pagata con regolare fattura. E aggiunse: «Un lavoro interrotto quando si seppe che Anemone sarebbe stato beneficiario di appalti da parte della Protezione civile». Già dopo la conferenza stampa ci si domandò perché mai Bertolaso, indagato per corruzione dal 10 febbraio scorso, non aveva comunicato questa informazione ai magistrati di Perugia nell’interrogatorio (di sei ore) del 13 aprile scorso. Ora si scopre che la ditta Anemone aveva lavorato per la Protezione civile ben prima del 2007. La lista dei favori e dei lavori minuziosamente tenuta dal costruttore Diego Anemone pone anche altri imbarazzanti interrogativi. Per esempio: che tipo di intervento ha fatto Anemone in via Giulia sotto il nome Bertolaso? Il capo della Protezione civile ieri ha smentito di aver mai avuto un appartamento in via Giulia. Eppure Anemone mette nero sui bianco “Via Bellotti Bon2 (casa di Bertolaso)- Via Giulia-Bertolaso”, anno 2004.

Gli interventi di Anemone. Non saranno poi case di sua proprietà, ma Anemone interviene due volte negli uffici di superGuido al secondo piano di via Ulpiano, finestre ad angolo, da un lato il Tevere e dall’altro le statue di marmo del Palazzaccio. E altre due volte in via Vitorchiano, seconda sede della Protezione Civile. Possibile che solo Anemone in tutta Roma e provincia fosse in grado di eseguire quei lavori? Dopo quello delle cose non vere c’è il capitolo delle cose non dette. Quelle che, ancora una volta, Bertolaso ha trascurato nella sua conferenza stampa. Ed ecco che dalla lista emergono i grandi appalti che la ditta Anemone si è aggiudicata prima della stagione del G8, dei Mondiali di nuoto e dei Grandi Eventi. Ad esempio, nel 2005, un importante appalto per la messa in sicurezza del Gran Sasso (“L’Aquila-G.Sasso” si legge al punto 35 dell’anno 2005) e nel 2004 la ricostruzione della scuola di San Giuliano di Puglia, a Campobasso, tirata giù da un terremoto che uccise 27 bambini e un insegnante. E suscitano molti interrogativi anche i silenzi di Bertolaso sul cognato Francesco Piermarini, l’ingegnere fratello della moglie. Era nella “Unità di missione” del G8 della Maddalena e grazie alla “lista” scopriamo che la sua “Ecorescue”, società specializzata in rifiuti e bonifiche, ha ricevuto 125 mila euro per una consulenza con la “Cogecal srl”, la ditta incaricata della costosissima bonifica dell’Arsenale della Maddalena. Il titolare della “Cogecal”, Roberto Calcabrini è tra i beneficiati da Anemone nella lista dei favori. Non è spiegato cosa. Può essere di tutto: da un lavello a un appartamento.

L’Unità 14.05.10

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“Anemone ora parla e incastra il generale dei servizi segreti”, di Fiorenza Sarzanini
Il costruttore della «cricca» smentisce Pittorru Verifiche sugli indirizzi di politici e prelati. L’interrogatorio si è svolto poco prima che lasciasse il carcere. E per la prima volta Diego Anemone ha accettato di rispondere alle domande degli investigatori. Nel muro di silenzio che aveva eretto sin dal giorno del suo arresto, si è dunque aperta una crepa. Adesso non è escluso che la situazione possa cambiare. Dopo la scelta di collaborazione di Angelo Zampolini—l’architetto al quale erano state delegate le operazioni di compravendita di appartamenti per i potenti — anche il principale indagato decide di fornire indicazioni preziose per l’inchiesta. E così «incastra» il generale dei servizi segreti Francesco Pittorru, al quale aveva regalato due appartamenti al centro di Roma e tre ristrutturazioni. Ora si va avanti. E proprio al giovane imprenditore si chiederanno chiarimenti su quella lista di 370 persone custodita in un computer della sua impresa. Politici, alti funzionari dello Stato, prelati, personaggi dello spettacolo: sono decine i «clienti» di Anemone. Le verifiche affidate alla Guardia di Finanza dovranno stabilire chi abbia goduto dei favori e chi invece abbia regolarmente pagato le fatture. E soprattutto quale di questi lavori «privati» sia legato alla concessione di appalti pubblici.

L’incontro all’alba
Sono le 5 di domenica scorsa, carcere di Rieti. Un ufficiale della Guardia di Finanza entra nella saletta colloqui e incontra Anemone prima che lui lasci la cella per scadenza dei termini di custodia cautelare. Esibisce un ordine di perquisizione. Spiega il motivo della sua visita. Qualche settimana fa è stato interrogato a Perugia il generale Pittorru. Ai pubblici ministeri Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi ha raccontato che i soldi per l’acquisto delle due case erano un prestito. «Esiste una scrittura privata che lo dimostra – ha giurato – ed è custodita nella mia casa in Sardegna ». Chiede qualche giorno per avere la possibilità di recuperarla. I magistrati non credono alla sua versione, decidono di concedergli comunque il tempo richiesto. Ma quando il generale torna in Procura afferma che le carte gli sono state rubate e non può dimostrare quanto ha sostenuto. «Chiedete ad Anemone», aggiunge, sicuro che l’imprenditore confermerà la sua versione. Non va così. Dopo aver ricostruito i fatti, l’investigatore spiega ad Anemone che si dovrà procedere a controlli per rintracciare il documento. A questo punto lui accetta di parlare. E smentisce la versione fornita dallo 007. Chiarisce che tra loro non èmai stata stipulata alcuna scrittura privata e soprattutto spiega di non aver concesso al generale alcun prestito. L’investigatore non va oltre, ma le risposte di Anemone bastano a confermare l’accusa di corruzione già contestata a Pittorru. Ora è possibile che all’imprenditore sia chiesto conto di altre circostanze emerse dall’indagine. Mentre era detenuto si è sempre avvalso della facoltà di non rispondere. Quanto è stato scoperto finora e, soprattutto il rischio di commissariamento di tutte le sue aziende, potrebbero averlo però convinto a cambiare atteggiamento.

Gli indirizzi «coperti»
Un chiarimento potrebbe essere sollecitato quantomeno sul criterio di archiviazione degli appalti ottenuti tra il 2003 e il 2008 elencati in quella lista custodita nel computer del fratello Daniele. Era il 14 ottobre 2008. Nel corso della verifica fiscale avviata dalla Guardia di Finanza sull’”Anemone Costruzioni” fu trovato quel foglio. La segretaria Anna, allarmata, si premurò immediatamente di avvertire il «capo»: «Hanno aperto il pc e la cassaforte. Daniele ha detto che c’è questo mondo e quell’altro. Però sembrerebbe, da quello che sono riuscita a vedere perché mi sono messa lì vicino con una scusa, che stampavano gli elenchi di personale vecchio, lavori, ’ste cose qua». Effettivamente la lista è lunga e variegata. Oltre a politici e prelati, ci sono numerosi ufficiali della Guardia di Finanza, funzionari dei ministeri, agenti di polizia e dei servizi segreti. In alcuni casi compaiono soltanto gli indirizzi ed è su questo che si concentrano le verifiche per scoprire se questo accorgimento serva a proteggere personaggi di primo piano che potrebbero aver beneficiato di favori.
Guido Bertolaso dovrà chiarire ai magistrati come mai non abbia fatto cenno nel suo interrogatorio ai tre interventi di ristrutturazione effettuati nei suoi appartamenti dalla ditta di Anemone, ammettendone soltanto uno. Stessa domanda sarà rivolta all’ingegner Rinaldi, che riceveva gli operai nelle sue dimore ed è accusato di aver agevolato l’imprenditore per i mondiali di Nuoto e per altri appalti, anche se il suo avvocato Titta Madia nega che ci siano mai stati favoritismi. E si interrogherà di nuovo anche Mauro Della Giovampaola, pure lui inserito nella «cricca » come delegato di missione al G8 della Maddalena, che avrebbe ottenuto lavori per l’appartamento di sua madre.

Le altre liste
Nei computer sequestrati negli uffici di Anemone e tra i documenti trovati nelle case degli indagati ci sono numerosi appunti che potrebbero svelare i nomi di nuovi beneficiari illustri dei favori elargiti dal costruttore. In particolare ci si concentra sui manager di Stato che lo avrebbero agevolato nell’aggiudicazione degli appalti pubblici. E sulla concessione dei finanziamenti alle sue società. Per questo un ruolo chiave viene assegnato dagli inquirenti al commercialista Stefano Gazzani, che si occupava delle transazioni finanziarie. Il suo nome è inserito nell’elenco delle operazioni sospette segnalate dalla Banca d’Italia: trasferimenti di denaro in Italia e all’estero che potrebbe celare il versamento di tangenti, ma anche l’acquisto di altri appartamenti. I pubblici ministeri hanno sollecitato il suo arresto e già oggi il tribunale del Riesame di Perugia potrebbe rendere nota la decisione, stabilendo così se questa parte dell’indagine debba restare nel capoluogo umbro o se invece vada trasferita a Roma come aveva deciso il giudice delle indagini preliminari e ribadito l’avvocato di Gazzani, Bruno Assumma. Il «verdetto» appare determinante per il futuro dell’inchiesta. L’eventuale trasmissione del fascicolo nella capitale, ne provocherebbe infatti la frammentazione, mentre Sottani a Tavarnesi hanno evidenziato la necessità di procedere alle verifiche «in uno stesso contesto, visto che ci trova di fronte a un’associazione a delinquere che agiva per pilotare gli appalti pubblici» e procurare un arricchimento ai suoi componenti e a tutti coloro che erano in grado di aiutarla. La dimostrazione è in quei lussuosi appartamenti che Anemone contribuì ad acquistare, oltre che per Scajola e Pittorru, anche per il genero di Ercole Incalza, potente braccio destro dei ministri delle Infrastrutture Lunardi e Matteoli.

Il Corriere della Sera 14.05.10

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