attualità, politica italiana

Il governo delle spese folli ora dice: «tagli ai privilegi», di Bianca Di Giovanni

Mentre prepara sacrifici per i lavoratori, la Destra riscopre la casta. E via agli annunci: giù gli stipendi dei politici del 5%, giù quelli dei burosauri, via le auto blu, via i portaborse, via le prebende. È un profluvio di dichiarazioni: Roberto Calderoli (abilmente) ha dato il via. Ieri ha parlato il suo «capo» Umberto Bossi: taglieremo gli stipendi dei magistrati. La Lega invoca la Bastiglia, la presa del Palazzo, per placare il popolo padano che chiede meno tasse e avrà la stangata. Gli altri inseguono, e rilanciano. Daniela Santanchè chiede di ridurre le auto blu, Gianfranco Rotondi di rinunciare a tre mensilità. Il ministro Giulio Tremonti si tiene distante, e con toni quasi sacrali (una citazione in latino) annuncia che «tutte le voci in questi giorni in circolazione sulla manovra sono tanto confuse quanto confusionarie. Nessuna decisione è stata presa e le decisioni prese saranno comunicate nelle forme appropriate». Meno di niente. Ma quanto sono credibili questi novelli rigoristi, questi Robin Hood in salsa italiana, che lanciano anatemi dalle stanze del (loro) potere?

A parlare sono i fatti. Come quello che, ad esempio, ha portato alla nomina proprio della Santanchè a sottosegretario all’Attuazione del programma: incarico di dubbia necessità, visto che finora un ministro con quella delega (Rotondi) bastava e avanzava. Insieme alla politica con i tacchi a spillo è stata nominata un’altra donna sottosegretario, Laura Ravetto ai rapporti con il Parlamento. Altra poltrona non strettamente necessaria. Sta di fatto che in un sol colpo la spesa pubblica è aumentata di un milione l’anno. All’incirca quanto costano due alti magistrati della Corte di Cassazione. Per due poltrone inutili.

Ma queste non sono che le ultimissime perle. Fin dall’inizio il governo Berlusconi non ha fatto altro che alimentare l’idrovora pubblica. Il centrosinistra aveva tagliato i voli di Stato, il nuovo governo ha eliminato la norma. I voli sono triplicati. Così come sono triplicati i dipendenti della Protezione Civile, la cui ultima infornata a inizio anno ha visto entrare nei ruoli 150 persone senza concorso. Per non parlare della fitta rete di norme che il governo prodi, nella sua prima Finanziaria, aveva elaborato per comprimere gli stipendi e tutti gli emolumenti (anche le consulenze) pubblici. Il tetto per i dipendenti e per chi lavorava ad altro titolo per lo Stato non poteva superare i 350mila euro annui. Se si sforava, era prevista una multa pari a 10 volte la somma eccedente il tetto. I piani su collaborazioni e consulenze dovevano essere inviati preventivamente alla Corte dei Conti. I vincoli riguardavano i ministeri e tutte le aziende a capitale pubblico. Rai inclusa. Tant’è che per pagare il cachet di Pippo Baudo a Sanremo fu necessario un emendamento. Era resa obbligatoria la pubblicità e la trasparenza. Si prevedeva inoltre che il premier desse notizia degli andamenti di spesa alle Camere entro il 30 settembre.

Di tutto questo si è fatta tabula rasa. Un depotenziamento continuo, condito dai soliti slogan (come quelli di oggi) sui giornali. Renato Brunetta ha annunciato la sua cura «dimagrante» centinaia di volte: oggi si scopre che bisognerà forse congelare i rinnovi contrattuali. A cosa è servita la sua roboante riforma? Il ministro Tremonti ha invocato il rigore a chiunque chiedesse un accenno di politica economica. Oggi si scopre (sui giornali, gli addetti ai lavori lo sapevano anche prima) che c’è bisogno di una cura da cavallo per rispettare i vincoli europei. «È l’Europa che ce la chiede», spiega Bossi ai soliti padani. Come dire: noi non c’entriamo. Dove sono stati finora?

L’Unità 17.05.10

2 Commenti

    I commenti sono chiusi.