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"I gay, la ministra e l´autocritica finale", di Michele Serra

In uno scenario politico dominato da rancori personali e basso livello polemico, fanno decisamente spicco le parole che una donna, il ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna, ha dedicato a un´altra donna, la deputata del Pd Paola Concia. L´argomento è l´omofobia, il teatro, che non poteva essere più istituzionale, il Quirinale.
Al Quirinale il capo dello Stato riceveva, ieri, le associazioni dei cittadini omosessuali. Le parole di Carfagna meritano di essere riportate per intero, e tra virgolette. «Consentitemi un pensiero particolare all´onorevole Anna Paola Concia, alla quale sono grata per l´impegno e la delicatezza che ha speso per farmi conoscere la ricchezza del mondo associativo qui presente, con tutte le sue sfumature, e per avermi aiutata a sfondare il muro della diffidenza della quale penso di essere stata allo stesso tempo vittima e inconsapevole responsabile, in un passato remoto, ormai ampiamente superato».
Si tratta di un´autocritica, genere retorico non inedito, ma praticato in genere con faticoso scialo di concetti e soprattutto in chiave tutta interna e autoriferita, come se tanto l´errore quanto il suo scioglimento fossero comunque a carico del portatore. Qui, a parte la limpidezza e la semplicità delle parole di Mara Carfagna, colpisce l´omaggio pubblico a un´avversaria politica, alla quale si attribuisce non solo il merito di avere delle buone ragioni, ma addirittura quello di avere contribuito a superare un pregiudizio, di avere emendato e migliorato un assetto culturale.
Ovvio domandarsi di quanti precedenti «maschili» si sia a conoscenza: e cioè se si abbia memoria di un uomo di potere che dichiari un suo avversario artefice di un insegnamento (perché di questo si tratta), riconoscendone, in quella materia, una superiore qualità di giudizio. Fa velo, a questa eventualità, la ben nota competitività di noi maschi, foriera di una pervicace mancanza di umiltà. Riconoscerci debitori non è il nostro forte, se non per sottometterci a un Capo, e cioè attivando una sottospecie molto sospetta della gratitudine. Non così nel caso Carfagna-Concia. Che certo non ci solleva di molto dalla coscienza che, nel campo dei diritti degli omosessuali e della lotta all´omofobia, siamo un paese arretrato, carico di paure e di pregiudizi «popolari» sui quali specula sconciamente molta politica. Ma ci fa sperare che la discussione in corso sia davvero una discussione, che le parole spese arrivino e non si depositino come ulteriori incrostazioni su vecchi muri, come quello dal quale Carfagna si è affacciata per ascoltare e capire, e non più per giudicare e respingere.
Senza nessuna malizia, e anzi con serena soddisfazione, resta da dire che le parole dedicate dal ministro Mara Carfagna alla collega Paola Concia erano perfettamente in tema con la giornata antiomofoba. Scaturiscono, infatti, da un rapporto politico tecnicamente omo-sessuale (l´eros ovviamente non c´entra, c´entra l´affinità di genere). L´omo-sessualità intesa come capacità di capirsi tra congeneri non è, evidentemente, molto praticata tra i politici maschi, che sono omofobi anche in questo senso: detestano la sola idea che una persona dello stesso sesso possa sedurre e rallegrare i loro cervelli. Grazie, infine, a Carfagna e Concia per averci concesso il lusso di scrivere, per una volta, un articolo benevolo e, ancor più rara eccezione, ottimista.

La Repubblica 18.05.10