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"Nel paese che offende le donne", di Gad Lerner

Un pamphlet della filosofa Michela Marzano denuncia l´Italia come l´ultima roccaforte della misoginia nel mondo occidentale. C´è anche un analfabetismo emozionale diffuso che riduce tutte a bambole. Dalla televisione alla politica un´immagine femminile stereotipata.
Nei giorni scorsi è stato promosso il lancio di un nuovo canale televisivo Mediaset attraverso un annuncio sensazionale: su La5 finalmente le Veline, ultraventennale muto ornamento dell´umorismo nazionalpopolare, saranno parlanti. Nientepopodimeno! Siamo o non siamo il paese delle “ragazze immagine”, mute per definizione? È naturale che la rottura del codice – sia pure nella nicchia del digitale – faccia scalpore.
Dubito che l´apprendere di un tale progresso della cultura italica sarebbe bastato a distogliere la filosofa Michela Marzano dall´intenzione di denunciare, con un pamphlet costellato di punti esclamativi, l´anacronismo che contraddistingue la condizione femminile nel suo paese d´origine, noto ormai come l´ultima roccaforte occidentale della misoginia.
Sii bella e stai zitta (Mondadori) è solo l´ultimo di una serie di bei libri pubblicati di recente da donne esterrefatte (Lorella Zanardo, Conchita Sannino, Caterina Soffici, Anais Ginori, Sandra Puccini). Per sua natura, rappresenta anche uno sforzo d´interpretazione teorica di questo evidente ritardo storico, evidenziato da un´utile comparazione cronologica con i nostri partner europei sulla via della parità e da richiami bibliografici all´evoluzione del pensiero filosofico sulla donna, sull´amore, sulla pornografia, sulla relazione fra libertà e uguaglianza.
Anche le ingiustizie sociali – le donne italiane guadagnano il 25 per cento in meno degli uomini, le dirigenti sono solo il 13 per cento – trovano spiegazione grazie alla decodifica di una cultura egemone accettata come naturale “servitù necessaria”. Solo l´assuefazione al sopruso e la complicità subalterna alla rappresentazione pubblica della donna come mero oggetto di consumo spiegano, infatti, quel che all´estero resta un mistero: perché latita in Italia un movimento di rivolta contro una classe dirigente che si vanta di trattare così l´altra metà del paese? Perfino quando il Partito democratico ha codificato la parità di genere nei suoi organismi di direzione, è stato tollerato l´éscamotage di gonfiarli fino a dimensioni abnormi pur di non sacrificare alcuna presenza maschile.
Marzano adopera più volte la parola “regressione”. Crede per davvero che le donne italiane abbiano fatto dei passi indietro dal 1988, l´anno in cui è andata a vivere in Francia? Mettendosi direttamente in gioco – molto intense le pagine dedicate alla sua mancata maternità vista come un´incompletezza che però l´accomuna pure alle donne madri – applica la regola femminista del “partire da sé” e dalla sua famiglia. Forse idealizza gli anni Settanta in cui sua mamma riusciva a essere insieme insegnante emancipata e angelo del focolare, trasmettendo ai figli un progetto di uguaglianza a prescindere dalla diversità sessuale. Si trattava anche allora di una crescita della consapevolezza circoscritta nell´ambito di una minoranza. Di lì a poco la tv commerciale, seguita a ruota dalla Rai, avrebbe moltiplicato su larga scala la cultura popolare retrograda dell´Italietta clericale e puttaniera. E questo avveniva proprio negli stessi anni in cui le altre nazioni industrializzate accompagnavano alla scoperta della libertà sessuale quel codice di rispetto della femminilità tuttora sconosciuto al nostro establishment.
È analizzando questo substrato inconscio della nazione che Sii bella e stai zitta ci offre squarci preziosi. Marzano è assai profonda nell´analizzare come oggi venga vissuto in Italia il passaggio cruciale dell´adolescenza: «A differenza di altri paesi europei, la virilità prepotente continua a essere una specie di imperativo categorico per i nostri ragazzi». Alle giovani donne spetta naturalmente un´iniziazione speculare: «La tendenza generale, per una giovane, è interiorizzare la sofferenza, trasformando il suo corpo in cassa di risonanza delle difficoltà relazionali».
Se Tullio De Mauro ci ha raccontato la piaga contemporanea dell´analfabetismo di ritorno, Michela Marzano ci spiega come l´analfabetismo sia in crescita anche nel campo emozionale. In materia d´amore è difficile capire come la dipendenza reciproca non debba soverchiare l´autonomia. Altrettanto difficile è contrastare la sottocultura della violenza sulle donne in un paese il cui primo ministro dichiara scherzosamente che ci vorrebbero troppi soldati antistupro a proteggere le troppe belle donne. Legittimando un parallelo tra bellezza femminile e violenza maschile.
Così in Italia anche la diffusione del consumo pornografico, non certo una nostra esclusiva, grazie alla cassa di risonanza dell´ossessivo porno-soft televisivo – questo, sì, un record mondiale – domina la scena pubblica. Diviene carattere distintivo della classe dirigente maschile. Ma pervade la società con effetti ancora troppo poco esplorati. Perché l´eros fasullo del corpo plastificato, la donna italiana ridotta a bambola virtuale, genera la frustrazione del desiderio. Disgiunge il corpo dall´anima.
Capisco bene che un´intellettuale cosmopolita come Michela Marzano, “tornando” nel suo paese, avverta il bisogno di protestare. Perché il suo non è un salto indietro nel tempo, ma la scoperta di una post-modernità imbarbarita.

La Repubblica 19.05.10