attualità, politica italiana

"Quel giro di miliardi", di Lietta Tornabuoni

Fra Tangentopoli 2 (600, 900 mila euro, chissà quanto altro), Sanità nel Lazio (400 milioni e più da tagliare per riequilibrare i conti), Santoro e la sua liquidazione Rai (si parla di circa 10 milioni), evasori fiscali con conti in Svizzera (sono per ora 7000), il giro di miliardi si fa ogni giorno più fulgente e vorticoso. La gente, quella che nei supermercati ogni giorno tenta d’arrangiarsi coi grammi, coi centesimi e con gli sconti, ci sta male. Non per invidia sociale (si può provarla soltanto per i propri simili) ma per un sentimento di ingiustizia.

Le persone squattrinate non trovano giusto che ci siano in giro tanti soldi, anche illegali, mentre per loro anche cinquanta euro sono una somma e oltre non arrivano. Da chi parla male dell’avidità di qualche politico, senti dire che quando c’erano i democristiani pure loro mangiavano, però anche il povero aveva da mangiare: tra Europa, euro, aiuti alla Grecia, tagli di situazioni in rosso, feste ad Abu Dabi o legittimi compensi non fanno differenza, non gliene importa nulla, l’unico fatto che interessa è che altri hanno euro a palate e loro sono senza soldi. E’ un atteggiamento rozzo, elementare, ma nessuno al mondo si preoccupa della funzione diseducativa che l’ostentato giro di miliardi può avere, dell’esasperazione che può generare.

Cosa si possa fare, chi sa: la temperie (checché il governo creda) non è calma né benevola, se mai lo è stata. Intorno al giro di miliardi si crea un fenomeno di psicologia di massa, di frustrazione e umiliazione primaria difficile da cancellare. L’aria che tira non è di atona passività, è rabbiosa, revanscista, e non può che peggiorare: ogni azienda pubblica e privata cerca di cavare sangue dalla rapa, moltiplica trappole, multe e bollette, rende i rapporti più esigenti e crudi, mentre salari e stipendi restano gli stessi perdendo potere d’acquisto. Se Berlusconi dicesse ancora che gli italiani viaggiano, vanno al ristorante e in vacanza, si comprano molti telefonini e molte tv piatte al plasma, la risposta sarebbe facile: non è che in Italia ci sia molto benessere, è che ci sono molti ladri.

La Stampa 20.05.10