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Decreti legge, Napolitano alle Camere "Compresso il ruolo del Parlamento"

«La preoccupazione per i rischi che può comportare la decadenza di un determinato decreto-legge non potrà ulteriormente trattenermi dall’esercitare la facoltà di rinvio alle Camere della relativa legge di conversione», ha scritto nero su bianco Giorgio Napolitano in una lettera inviata ai presidenti delle Camere e al premier Silvio Berlusconi. Il Capo dello Stato, che è in partenza per Washington, dove martedì sarà ricevuto da Barack Obama, il 31 marzo scorso aveva rinviato alle Camere la legge sull’arbitrato nelle cause di lavoro ritenendola «incoerente» con la legislazione vigente. E nella lettera odierna spiega con quanta amarezza e con quali «dubbi» ha promulgato il decreto legge incentivi: quindi lancia un appello, accolto in silenzio dai destinatari e ha suscitato il plauso delle opposizioni.

«Napolitano ha ragione, è necessario rivedere i meccanismi dei decreti legge», ha detto il segretario del Pd, Pierluigi Bersani. L’arbitro ha mostrato un ennesimo cartellino rosso al governo, ha aggiunto il senatore Gianpiero D’Alia (Udc). Stavolta ho firmato, spiega il presidente, per evitare che il decreto decadesse e cessassero «disposizioni di indubbia utilità, come quelle relative al contrasto dell’evasione fiscale ed al reperimento di nuove risorse finanziarie». Il Capo dello Stato si è trovato nella identica situazione di un anno fa, quando il decreto incentivi fu stravolto in Parlamento inserendovi «disposizioni estranee» (allora le quote latte) rispetto al testo originario autorizzato dal Colle. Furono introdotte con un maxi-emendamento votato con il voto di fiducia in entrambi i rami del Parlamento, ed egli alla fine promulgò inviando un richiamo scritto a governo e Parlamento, citato nella lettera odierna insieme ad un’altro analogo appello di due anni fa in cui denunciò l’eccessivo ricorso alla decretazione di urgenza e la compressione delle prerogative parlamentari con l’accoppiata, appunto, maxiemendamenti e fiducie.

Stavolta i «dubbi» e le riserve di Napolitano sono ancora più forti, «potrebbero giustificare», dice, il rinvio alle Camere. Senza chiedere il parere del capo dello Stato, sono state infatti inserite, fa osservare, normative edilizie che autorizzano le Regioni a intervenire sulla sanzionabilità penale che non è di loro competenza; si prevede una «irragionevole» differenziazione di regime del contenzioso tributario che incide sul gettito dell’IVA che è regolato da norme comunitarie.

Che fare? Se fosse stato possibile, scrive Napolitano, auspicando una riforma costituzionale in tal senso, avrei rinviato alle Camere la parte dubbia della legge di conversione, e avrei promulgato il resto del decreto; oppure avrei chiesto alle Camere una nuova deliberazione prima della scadenza del decreto. Dovrebbe essere possibile, dice ancora, e auspico dei limiti alle modifiche che il Parlamento può apportare a un decreto legge. La lettera si chiude con «un richiamo al senso di responsabilità del Governo e del Parlamento, e in particolare dei gruppi di maggioranza, affinchè non si alterino gli equilibri costituzionali per quel che riguarda i criteri per l’adozione dei decreti-legge ed i caratteri di omogeneità che ne devono contrassegnare i contenuti, nonchè sotto il profilo dell’esercizio delle prerogative del Presidente della Repubblica».

La Stampa 22.05.10