cultura, economia, politica italiana

"Cultura e università, i dubbi di Napolitano", di Federico Geremicca

Salvo imprevedibili colpi di scena, il Quirinale firmerà già nella giornata di oggi il decreto sulla manovra economica trasmesso al Colle sabato e modificato – dopo il varo di martedì in Consiglio dei ministri – fino (e forse oltre…) all’ultimo minuto utile. Ieri la presidenza della Repubblica ha trasmesso al governo alcune osservazioni «su delimitati aspetti di sostenibilità giuridica e istituzionale del provvedimento» e a tarda ora gli uffici del Quirinale hanno ricevuto dal governo chiarimenti e approfondimenti.
I rilievi del Colle – che non può intervenire nel merito delle scelte effettuate, essendo queste di esclusiva responsabilità dell’esecutivo – si erano mossi lungo tre direttive: alcune osservazioni circa formulazioni tecnico-giuridiche da chiarire meglio; l’invito a riesaminare i tagli indiscriminati ai danni di istituti di cultura, di ricerca e di decine di Fondazioni; l’invito a ponderare con cura la riduzione di finanziamenti al mondo dell’università e della ricerca, con particolare attenzione ai giovani e alla loro formazione.
Nell’esame della manovra sottopostagli dal governo per la firma, il Capo dello Stato – sottolineano ambienti del Quirinale – si era mosso seguendo i principi dettati dalla Costituzione e tenendo presente il suo mandato di rappresentante e garante dell’unità nazionale: il che vuol dire – lasciando da parte espressioni gergali – che deve aver ravvisato in alcune delle misure proposte dal governo il rischio di acuire differenze economiche e sociali già presenti nel Paese.
Nessuna delle osservazioni avanzate dal Colle conteneva indicazioni dirette o nominali circa il come e il dove intervenire. Ma, a proposito delle Fondazioni e degli istituti storici o di ricerca, è stato fatto notare come non possano essere sottoposti a identico trattamento istituti benemeriti e internazionalmente riconosciuti e – magari – Fondazioni e centri sorti, per dire, in vista di anniversari ormai celebrati e superati. Allo stesso modo, si è osservato come la conferma o addirittura l’ulteriore riduzione dei fondi a disposizione delle università e della ricerca, sia scelta che vada in netta controtendenza rispetto agli orientamenti (e agli investimenti) dei maggiori Paesi europei. Ed è un tema, questo, assai caro a Giorgio Napolitano, che infatti lo ha più volte affrontato nel corso degli ultimi mesi.
Il Quirinale ha saputo a tarda ora se e come queste osservazioni sono state raccolte dal governo (che sarebbe già al lavoro su alcune delle questioni poste), essendo appunto l’esecutivo ad avere l’esclusiva responsabilità della scelta finale. Al Colle, però, si fa notare come alcuni degli interventi suggeriti riguardino questioni al centro del dibattito (e dello scontro) politico già apertosi appena noti i contenuti della manovra. Fuor di metafora: le questioni poste dal ministro Bondi circa il taglio indiscriminato a Fondazioni e istituti di ricerca possono ora essere forse affrontate dal ministro Tremonti sapendo che anche il Quirinale ha più di una perplessità circa le scelte compiute.
Nessuna osservazione dal Colle, invece, rispetto alla forte polemica sollevata dal mondo della magistratura nei confronti della manovra o nei riguardi della protesta delle associazioni ambientaliste circa l’emersione delle costruzioni non accatastate (provvedimento che non potrebbe esser considerato alla stregua di un condono edilizio).
Stavolta, dunque, la moral suasion del Capo dello Stato ha potuto essere esercitata senza i duri e laceranti bracci di ferro che hanno di frequente segnato, in passato, i rapporti tra il Quirinale e Palazzo Chigi. La speranza, naturalmente, è che si possa aprire un capitolo nuovo tra i due presidenti (ed è questo il forte auspicio del Colle) ma non è detto che questo possa davvero accadere. Ci sono in vista, infatti, altri provvedimenti e altre leggi (a cominciare da quella sulle intercettazioni) rispetto alle quali le riserve e le perplessità del Quirinale sono note da settimane.
Il governo ne è a conoscenza, e la speranza è che ne tenga conto per tempo. L’alternativa rischia di esser quella di un nuovo scontro tra i Palazzi. E stavolta potrebbe trattarsi di uno scontro assai aspro e dagli esiti come sempre imprevedibili
La Stampa 31.05.10