economia, politica italiana

"J’accuse di Draghi:la macelleria sociale è colpa degli evasori", di Bianca Di Giovanni

«Macelleria sociale è un’espressione rozza, ma efficace: io credo che gli evasori fiscali siano i primi responsabili della macelleria sociale ». È una battuta fuori testo, quest’anno, a segnare il senso delle ultime Considerazioni finali del governatore Mario Draghi. Un appello forte al ritorno alla legalità, al rispetto delle «regole del gioco». Per uscire dalla crisi serve sì correggere il deficit,ma non basta: occorre «coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita». E uno dei pilastri della crescita è proprio il rispetto delle norme condivise, che in Italia vuol dire lotta all’evasione e alla corruzione. Sono queste le riforme strutturali necessarie e non più rinviabili per far ripartire il Paese: la legalità diventa così motore economico. Mai Bankitalia era stata più chiara su questo punto.
MANOVRA L’intervento letto ieri davanti all’Assemblea dei partecipanti cade a poche settimane dalla crisi greca. Uno tsunami che ha messo a rischio i bilanci di tutti i Paesi, ed ha messo l’Europa di fronte ai suoi ritardi storici: poca convergenza politica, troppi «tentennamenti» soprattutto da parte della Germania. Reagire non sarà facile. Ma «la crisi ci ha ricordato l’importanza dell’azione comune, della condivisione di obiettivi, politiche, sacrifici», osserva il governatore. Senza equità e condivisione siamo destinati a fallire. Per questo la legalità è imprescindibile. La manovra appena approvata «era inevitabile nelle nuove condizioni di mercato». Così come dopo il caso Grecia il rientro dal disavanzo si impone a molti altri stati europei. Ma c’è il rischio che le restrizioni di bilancio (tutte ancora da verificare attentamente nel caso dell’Italia, perché tagliare la spesa non è affatto semplice , visti gli andamenti degli ultimi anni) incidano sulle prospettive di ripresa. Per questo il binomio rigore-crescita deve seguire una ricetta stringente e imperativa: conti in ordine,un nuovo perimetro dello Stato, fedeltà fiscale e infine nuovo mercato del lavoro, che dia nuove prospettive ai giovani, finora le «vere vittime della crisi». Questi «ingredienti» devono esserci tutti. Uno da solo non basta.
EVASIONE «L’evasione fiscale è un freno alla crescita perché richiede tasse più elevate per chi le paga», osserva Draghi. Il fardello del fisco – più pesante che nel resto d’Europa – ostacola l’attività economica nel nostro Paese e colpisce le famiglie più deboli. «Il prelievo sui redditi da lavoro più bassi – continua il governatore – e quello sulle imprese , includendo l’Irap, sono più elevati di 6 punti» rispetto agli altri Paesi dell’area euro. Poi, gli ultimi dati del fisco «malato». «Si può valutare che tra il 2005 e il 2008 il 30% della base imponibile dell’Iva sia stato evaso – dichiara Draghi – in termini di gettito sono oltre 30 miliardi l’anno, due punti di Pil». Trenta miliardi «rubati» alla collettività da chi non paga l’Iva: un dato da brividi. «Se l’Iva fosse stata pagata – dice a braccio il governatore – oggi il rapporto debito Pil sarebbe tra i più bassi d’Europa, sotto il 60% chiesto dall’Europa». Così il governatore «benedice» le misure di lotta all’evasione volute (finalmente) dal governo nell’ultima manovra. «L’obiettivo immediato è il contenimento del disavanzo – spiega – ma in prospettiva la riduzione dell’evasione dev’essere una leva di sviluppo, deve consentire quella delle aliquote». Insomma, pagare tutti per pagare meno. Questo meccanismo di recupero di gettito e alleggerimento delle aliquote «va reso visibile ai contribuenti». I cittadini devono sapere quanto è stato recuperato, ed essere consapevoli che il surplus di entrate sarà destinato ad alleggerire il peso delle tasse.
CORRUZIONE Dopo il fisco, c’è la corruzione. Altro «cancro» italiano. «Relazioni corruttive tra soggetti privati e amministrazioni pubbliche – dichiara Draghi – in alcuni casi favorite dalla criminalità organizzata,sono diffuse. Le periodiche graduatorie internazionali collocano l’Italia in una posizione sempre più arretrata. Studi empirici mostrano che la corruzione frena lo sviluppo economico». Più c’è malavita, più c’è sottosviluppo. Nel Mezzogiorno «il valore aggiunto pro capite del settore privato è pari al 45% di quello del centro-nord». Ovvero:meno della metà. Già da tempo Bankitalia non fa mancare i suoi richiami sul rischio riciclaggio, soprattutto dopo il varo delle norme sullo scudo fiscale, che hanno garantito l’anonimato a chi ha fatto rimpatriato entrare i capitali.
FEDERALISMO Per tagliare la spesa pubblica serve ridisegnare il perimetro dello Stato. Il governatore sembra suggerire che i tagli lineari da soli non servono: bisogna individuare le aree di sprechi e inefficienze. Il federalismo fiscale «deve aumentare l’efficienza dell’uso delle risorse».
L’Unità 01.06.10

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“Berlusconi: Draghi plaude a manovra e governo. Bersani: è il contrario”. di Nini Andriolo

Non ha dubbi Berlusconi, Draghi plaude alla manovra e «all’azione di governo». Diametralmente opposto il giudizio di Bersani: dal Governatore «sono venute parole preoccupate sulla situazione italiana» e inviti «ad uno sforzo coerente ed unitario, di crescita e riforme». Secondo il leader Pd la fotografia scattata da Draghi è quella di una manovra «contraria alla ripresa, inconsistente dal lato delle riforme e aleatoria sul controllo della spesa». Per D’alema, poi, la finanziaria è «pesantissima, ingiusta e sarà un disastro». Anche perché dà l’impressione «di togliere soldi ai politici, mentre tagliando fondi alle regioni e agli enti locali si colpiscono i cittadini e le famiglie». Cgil: i giovani? Una sfida Guglielmo Epifani, parla di una relazione Draghi «abbastanza onesta che contiene due parole importanti, equità e solidarietà», le stesse che il leader Cgil non trova nella manovra del governo. Le difficoltà delle nuove generazioni rappresentano «una sfida che bisogna saper raccogliere», afferma Epifani. E sullo stesso tema si sofferma Emma Marcegaglia. «Bisogna ragionare bene sui giovani che hanno maggiormente sofferto della crisi », spiega. La leader degli industriali condivide il richiamo del Governatore «alla lotta all’evasione», ma questa – aggiunge – non deve servire «per coprire i buchi di bilancio ma in prospettiva per abbassare le aliquote fiscali». E Marcegaglia insiste sulla necessità di ridurre la spesa pubblica e di «saperla coniugare con la crescita e la competitività ». Al di là dell’ostentata soddisfazione di Berlusconi, quindi, sia le forze sociali che l’opposizione mettono l’accento sui rilievi che Draghi evidenzia a proposito di misure pure «tempestive e inevitabili ». Bankitalia incita il governo a fare riforme strutturali e a stimolare la crescita? Dopo aver rivendicato che «dall’inizio della legislatura» l’esecutivo «ha fatto propria la sfida per coniugare, attraverso riforme strutturali, risanamento dei conti e ritorno alla crescita» e dopo aver concordato sul fatto che «il Paese ha forze sane e sufficienti per vincere la sfida», Berlusconi plaude al «riconoscimento» che Draghi ha dato «all’azione di Governo in termini di riduzione della spesa e lotta all’evasione fiscale, al fine del contenimento del deficit». La preoccupazione del premier Al di là dell’interpretazione pro-esecutivo della relazione di ieri, però, il Cavaliere mostra preoccupazione per le ricadute della manovra sul suo consenso personale e su quello del governo. Le tensioni che covano dentro l’esecutivo e nella maggioranza, e che il premier tende a riversare sul dicastero dell’Economia, pongono interrogativi sull’iter del disegno di legge che promette intoppi fuori e dentro il Parlamento. Per questo – anche se Bonaiuti smentisce cumulativamente tutte le indiscrezione che trapelano da Arcore, in ossequio a una evidente irritazione del Tesoro – dai palazzi del premier filtra una disponibilità alla modifica della manovra in Parlamento, fermo restando il tetto dei 24 miliardi. Un messaggio ai settori più riottosi della maggioranza, finiani compresi, e ai singoli ministri che denunciano uno«sbilanciamento pro leghista» dell’operazione di aggiustamento dei conti. Un modo, anche questo, per far sapere in giro che il premier avrebbe preferito «maggiore collegialità» e «maggior coinvolgimento» di quanto non abbia garantito Tremonti, E a dispetto di quel che appare con evidenza dal Pdl giurano che i rapporti tra Silvio e Giulio rimangono «più che buoni ». Malgrado tutto

L’Unità 01.06.10

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“Ritratto sincero di un paese”, diFerruccio De Bortoli
Le parole del governatore sono applaudite da tutti. Il giorno dopo dimenticate da molti. Speriamo che almeno questa volta non sia così, perché Draghi ha detto più di quello che, con concretezza e lucidità, ha scritto. Una grande relazione. In sintesi. La lezione della crisi finanziaria è una sola: la colpa è del vuoto regolamentare americano e l’azzardo morale va sanzionato. Duramente. Le nuove regole sono però ostacolate («Anche da molti di voi presenti») perché, si dice, freneranno la ripresa. Non è così. Dall’euro non si esce, ma si rafforzi il patto di stabilità e crescita. Non c’è solo la disciplina di bilancio. Se un Paese non fa le riforme necessarie a tutti, lavoro e istruzione per esempio, può ricevere una sanzione anche politica: la perdita del voto in sede comunitaria. L’ultima manovra del governo era necessaria e inevitabile, ma è incompleta. Si propone lodevolmente di contenere l’espansione della spesa pubblica all’1 per cento nel biennio 2011-12. Nota il governatore: negli ultimi dieci anni è cresciuta al ritmo del 4,6 per cento ogni dodici mesi.

Le parole del governatore sono applaudite da tutti. Il giorno dopo dimenticate da molti. Speriamo che almeno questa volta non sia così, perché Draghi ha detto più di quello che, con concretezza e lucidità, ha scritto. Una grande relazione. In sintesi. La lezione della crisi finanziaria è una sola: la colpa è del vuoto regolamentare americano e l’azzardo morale va sanzionato. Duramente. Le nuove regole sono però ostacolate («Anche da molti di voi presenti») perché, si dice, freneranno la ripresa. Non è così. Dall’euro non si esce, ma si rafforzi il patto di stabilità e crescita. Non c’è solo la disciplina di bilancio. Se un Paese non fa le riforme necessarie a tutti, lavoro e istruzione per esempio, può ricevere una sanzione anche politica: la perdita del voto in sede comunitaria. L’ultima manovra del governo era necessaria e inevitabile, ma è incompleta. Si propone lodevolmente di contenere l’espansione della spesa pubblica all’1 per cento nel biennio 2011-12. Nota il governatore: negli ultimi dieci anni è cresciuta al ritmo del 4,6 per cento ogni dodici mesi.

Di colpo virtuosi? Speriamo. Se l’Italia ha sopportato meglio di altri la crisi, il merito è soprattutto della politica monetaria, meno del governo. L’estensione degli ammortizzatori sociali, però, è stata corretta ed efficace. La manovra agisce seriamente sulla spesa previdenziale (finestre ed età pensionabile), ma potrebbe abbassare il già debole tasso di crescita. Il rischio è una seconda recessione. «Macelleria sociale è l’evasione fiscale ». Solo di Iva si evadono trenta miliardi l’anno. Se l’avessimo pagata regolarmente in questi anni, il livello del debito sul prodotto lordo sarebbe fra i migliori d’Europa. Più forti dei tedeschi. L’evasione va combattuta, e il governo, ammette Draghi, si sta impegnando. Le risorse recuperate riducano le aliquote, specie sul lavoro. L’altro grande ostacolo (macigno) alla crescita è nell’espansione della criminalità organizzata e nella diffusione della corruzione. La prima incancrenisce le istituzioni e attenta alla libertà e all’incolumità dei cittadini; la seconda umilia il merito, distorce il mercato, deprime la crescita. Chi paga il conto più elevato della crisi? I giovani, le vere vittime. La riduzione degli occupati, nella fascia tra 20 e 34 anni, è stata sette volte superiore a quella degli anziani; le nuove assunzioni sono diminuite del 20 per cento; i salari d’ingresso sono fermi a 15 anni fa. E non è vero che facendo lavorare di più chi sta tra i 55 e i 64 anni (occupato solo il 36 per cento, la media europea è al 46) le opportunità per i giovani diminuiscono. Alcuni Paesi nordici lo dimostrano. Il mercato del lavoro va riformato con lo sguardo rivolto ai giovani e a chi ha meno diritti. Federalismo fiscale? Sì, purché chi spende troppo e male, paghi.

Oggi spesso viene rieletto. La riforma universitaria va nella direzione giusta. Le debolezze della nostra economia sono note, ma i punti di forza non sono pochi (risparmio privato, rapporto tra patrimonio e reddito tra i più elevati in Europa, debito estero tra i più bassi). Il vero problema è che la produttività non cresce. Il filo che unisce tutta la relazione di Draghi si può riassumere così. Il coraggio al Paese non è mancato in momenti più difficili. Perché dovrebbe venir meno ora? La crisi a livello internazionale richiede cooperazione nella responsabilità. Perché dovremmo dividerci proprio noi sulle scelte più importanti per il futuro del Paese? Non si tratta di vagheggiare improponibili governi di unità nazionale o di larghe intese, ma almeno di sperare che maggioranza e opposizione si confrontino un po’ di più sui contenuti, nella consapevolezza di far parte (tutti) della stessa comunità. È troppo sperarlo?

Il Corriere della Sera 01.06.10