attualità, politica italiana

"Il premier e l´evasione fiscale", di Massimo Giannini

Nella sua breve e “inappellabile” telefonata a Ballarò dell´altro ieri, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha fornito agli italiani due importanti “notizie”. La prima in risposta ad una osservazione effettivamente sollevata in studio da chi scrive.
È una menzogna che io abbia fornito qualunque forma di giustificazione morale ai fenomeni di evasione fiscale». La seconda replicando ad un´accusa che invece nessuno gli aveva mosso: «Non ho mai evaso le tasse, né io né le mie aziende». Rispetto a queste affermazioni, e affidandosi esclusivamente ai fatti oggettivi della cronaca di questi anni, è utile ripercorrere tutto ciò che è realmente accaduto. Senza giudizi. Senza commenti. Ma attingendo semplicemente alle parole pronunciate dal premier, ai processi nei quali è stato ed è tuttora coinvolto, e ai condoni varati dai governi che ha presieduto.

LE PAROLE
1) Autunno del 2000: Berlusconi è il leader dell´opposizione. Il 15 ottobre è a Milano, e interviene alla festa di Alleanza Nazionale, partner di Forza Italia nella nascente Casa delle Libertà. Ai militanti dell´allora alleato di ferro Gianfranco Fini, il Cavaliere dice, testualmente: «Non ne può più neanche il mio dentista, che paga il 63% di tasse. Ma oltre il 50% è già una rapina… Non volete che non ci si ingegni? E´ legittima difesa…».
2) Inverno 2004: Berlusconi è presidente del Consiglio, ha rivinto le elezioni per la seconda volta. In una conferenza stampa a Palazzo Chigi, risponde alla domanda di un cronista e dichiara, testualmente: «Le tasse sono giuste se arrivano al 33%, se vanno oltre il 50 allora è morale evaderle».
3) Autunno 2004: Berlusconi, sempre capo del governo, interviene alla cerimonia annuale della Guardia di Finanza e, dal palco, arringa così le Fiamme Gialle, impegnate nella lotta agli evasori: «Voi agite con grande equilibrio e rispetto dei cittadini, nei confronti di chi si vuole sottrarre a un obbligo che qualche volta si avverte come eccessivo. C´è una norma di diritto naturale che dice che se lo Stato ti chiede un terzo di quello che con tanta fatica hai guadagnato ti sembra una richiesta giusta e glielo dai in cambio dei servizi che lo Stato ti offre. Ma se lo Stato ti chiede di più, o molto di più, c´è una sopraffazione nei tuoi confronti: e allora ti ingegni per trovare sistemi elusivi che senti in sintonia con il tuo intimo sentimento di moralità, che non ti fanno sentire colpevole…».
4) Primavera 2008: Berlusconi è in piena campagna elettorale, dopo la caduta del governo Prodi. Il 2 aprile interviene all´assemblea annuale dell´Ance, l´Associazione nazionale dei costruttori. E afferma quanto segue: «Se lo Stato ti chiede un terzo di quanto guadagni, allora la tassazione ti appare una cosa giusta, ma se ti chiede il 50-60% ti sembra una cosa indebita e ti senti anche un po´ giustificato a mettere in atto procedure di elusione e, a volte, anche di evasione. Noi abbiamo un´elusione fiscale record giustificata da aliquote troppo elevate…».
5) Autunno 2008: Berlusconi ha stravinto, per la terza volta, le elezioni. Il 4 ottobre, di nuovo in conferenza stampa a Palazzo Chigi (immortalato dalle telecamere dei tg delle tre reti Rai) sostiene: «Se io lavoro, faccio tanti sacrifici… Se lo Stato poi mi chiede il 33% di quello che ho guadagnato sento che è una richiesta corretta in cambio dei servizi che lo Stato mi da. Ma se mi chiede il 50% sento che è una richiesta scorretta e mi sento moralmente autorizzato ad evadere, per quanto posso, questa richiesta dello Stato…».

I PROCESSI
Insieme alle parole, ci sono gli atti che Berlusconi compie e ha compiuto in questi anni. Prima di tutto come privato cittadino e come imprenditore che guida un impero mediatico, industriale e finanziario. Un ruolo che lo ha esposto a numerosi processi, per comportamenti illeciti che configurano altrettante evasioni tributarie. Qui rilevano solo i principali procedimenti con ricadute fiscali, dunque, e non anche quelli per reati penali di altro genere (come ad esempio il processo per il Lodo Mondadori, per corruzione, o il processo Mills, per corruzione in atti giudiziari, anche questi per altro “risolti” grazie alle leggi ad personam varate nel frattempo dallo stesso governo Berlusconi, come il Lodo Alfano prima, il legittimo impedimento poi).
1) Tangenti alla Guardia di Finanza: Berlusconi è accusato di averne pagate per evitare controlli fiscali su quattro sue società, Mediolanum, Mondadori, Videotime e Telepiù. In primo grado viene condannato a 2 anni e 9 mesi. In appello i magistrati applicano le attenuanti generiche, e quindi scatta la prescrizione. Cioè l´imputato ha commesso il reato, ma per il giudice è scaduto il tempo utile alla condanna.
2) All Iberian 1: Berlusconi è accusato di aver pagato tangenti per 21 miliardi a Bettino Craxi. Viene condannato in primo grado a 2 anni e 4 mesi. In appello, ancora una volta, scatta la prescrizione.
3) All Iberian 2 e 3: in questi altri due filoni di questo processo Berlusconi è accusato di falso in bilancio, con costituzione di fondi neri per 1000 miliardi di vecchie lire, ed evasione delle relative imposte, attraverso quello che i periti tecnici della Kpmg e i pm di Milano definiscono il “Group B very discreet” della Fininvest, cioè il «presunto comparto estero riservato» della finanziaria del Cavaliere. Viene assolto perché «il reato non sussiste più»: nel frattempo, alla fine del 2002, il suo governo ha approvato la legge che depenalizza il falso in bilancio e i reati societari.
4) Medusa Cinema: Berlusconi è accusato di illecito nell´acquisto della società cinematografica, per 10 miliardi non iscritti a bilancio. Condannato in primo grado a 1 anno e 4 mesi, viene assolto in appello, ancora una volta con la formula della prescrizione. Il reato c´è, ma i termini per la condanna sono scaduti.
5) Diritti televisivi Mediaset: Berlusconi è accusato dai pm di Milano per appropriazione indebita e frode fiscale per 13,3 milioni di euro. La procura ha chiesto il rinvio a giudizio, ma il processo è stato sospeso, prima per effetto del Lodo Alfano (dichiarato successivamente incostituzionale dalla Consulta), e ora per l´intervento della legge sul legittimo impedimento.

I CONDONI
C´è infine una sfera “pubblica”, che riguarda le decisioni che il Cavaliere ha assunto come capo del governo, nella lotta contro gli evasori fiscali e nella “disciplina” di casi che, sotto questo profilo, hanno riguardato direttamente lui stesso o le sue aziende.
1) Nella primavera 1994 Berlusconi “scende in campo” e vince le sue prime elezioni. E´ l´epifania della Seconda Repubblica. Per festeggiarla, il governo vara il suo primo condono fiscale: frutta ben 6,4 miliardi di euro. Forte di questo trionfo, lo stesso governo vara anche il suo primo condono edilizio, che porta nelle casse del fisco 2,5 miliardi. Seguiranno altre cinque sanatorie, nel corso delle successive legislature guidate dal Cavaliere: nel 2003 nuovo condono fiscale di Tremonti, per 19,3 miliardi, insieme il primo scudo fiscale per il rientro dei capitali all´estero da 2 miliardi, poi nel 2004 nuovo condono edilizio di Lunardi da 3,1 miliardi, e infine tra il 2009 e il 2010 l´ennesimo scudo fiscale, appena concluso, e con un rimpatrio di capitali previsto in oltre 100 miliardi di euro. L´infinita clemenza verso chi non paga le tasse, praticata in questi sedici anni, non è servita a stroncare il fenomeno dell´evasione, anzi l´ha alimentato.
2) Dei condoni hanno beneficiato milioni di italiani. Ma ha beneficiato anche il premier e il suo gruppo. Dopo la Finanziaria del ‘93 che introduce il secondo condono tombale, rispondendo ad un articolo di Repubblica che anticipava la sua intenzione di beneficiare della sanatoria, Berlusconi fa una promessa solenne durante la conferenza stampa di fine d´anno: «Vi assicuro che né io né le mie aziende usufruiremo del condono». Si scoprirà poi che Mediaset farà il condono per 197 milioni di tasse evase, versandone al fisco appena 35, e lo stesso farà il Cavaliere per i suoi redditi personali, risolvendo il suo contenzioso da 301 milioni di euro pagando all´Agenzia delle Entrate appena 1.800 euro.
3) Condono peri i coimputati: con decreto legge 143 del giugno 2003, presunta «interpretazione autentica» del condono di quell´anno, il governo infila tra i beneficiari anche coloro che «hanno concorso a commettere i reati», pur non avendo firmato dichiarazioni fraudolente. Ennesima formula ad personam: consente di salvare i 9 coimputati del premier nel processo per falso in bilancio.
4) Condono di Villa Certosa: Il tribunale di Tempio Pausania indaga da tempo sugli abusi edilizi commessi nella ristrutturazione della residenza sarda del premier. Con decreto del 6 maggio 2004 il governo attribuisce a Villa Certosa la qualifica di «sede alternativa di massima sicurezza per l´incolumità del presidente del Consiglio». Nel 2004, con la legge 208, il condono edilizio dell´anno precedente viene esteso anche alle cosiddette «zone protette». Villa Certosa, nel frattempo, lo è appunto diventata. La Idra, società che gestisce il patrimonio immobiliare del premier, presenta subito dieci richieste di condono, e chiude così il contenzioso con il fisco. Versamento finale nelle casse dell´Erario: 300 mila euro. E amici come prima.

La Repubblica 03.06.10

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“La menzogna” , di Ezio Mauro

C´è qualcosa che lega insieme l´attacco di Berlusconi a Repubblica, durante l´ultima puntata di Ballarò, (dopo che Massimo Giannini gli aveva ricordato le sue dichiarazioni di sostegno agli evasori fiscali), le accuse all´Ipsos perché Nando Pagnoncelli aveva semplicemente illustrato il suo calo di consensi nei sondaggi, e la legge che vuole imbavagliare la stampa: è l´uso della menzogna come arte di governo, per la paura – anzi il terrore – che il Premier prova per la verità.
In due occasioni il Presidente del Consiglio (2004 e 2008) aveva pubblicamente spiegato che bisogna considerare «giustificabile» l´elusione o l´evasione quando le tasse sono troppo alte (come in Italia), perché in questo caso l´evasione «è in sintonia con l´intimo sentimento di moralità» del contribuente. L´altra sera ha preferito dimenticarsene, negando platealmente la realtà, pur di rientrare in qualche modo dentro la cornice di emergenza economico-finanziaria disegnata dal suo ministro dell´Economia, che ormai lo commissaria persino in tivù.
L´accusa all´Ipsos e a Pagnoncelli è la conferma di una visione totalmente ideologica del Paese e della politica, dove non c´è spazio per l´irruzione della verità e i sondaggi che non certificano l´immutabilità perenne del consenso e del comando sono automaticamente «fasulli»: semplicemente perché non coincidono con l´immagine che il leader ha di sé, e che lo specchio magico dei suoi telegiornali gli restituisce ogni giorno, rassicurandolo nel controllo della realtà.
Il rifiuto di ogni contraddittorio, confermato da quel telefono riagganciato in diretta televisiva dopo il diktat sovrano, è la prova di un arroccamento più impaurito che arrogante, con il Premier ormai incapace di discutere e di accettare un confronto. Si capisce perfettamente, dopo l´ultimo reality show berlusconiano, la legge bavaglio: impediamo ai giornali di raccontare la realtà, così un´unica verità di Stato verrà distribuita ai cittadini del più felice Paese del mondo. Ma le bugie hanno le gambe corte, e il tempo dell´inganno è scaduto.

La Repubblica 03.06.10