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"La cultura rischia la fame", di Vittorio Emiliani

Ora la scure per il taglio dei contributi statali agli enti culturali è nelle mani del ministro Bondi. Se seguirà i criteri clientelari utilizzati per i pingui fondi Arcus (molto ai “fedeli”, del clan Ghedini ad esempio, nulla ai meritevoli), saremo alla “bassa macelleria culturale”. Targata MiBAC. Il suo “pupillo” Sgarbi deve insediarsi a Venezia, al Polo Museale, ma è sospeso per 10 giorni per la condanna definitiva a 6 mesi e 10 giorni di reclusione del ‘96, “per produzione di documenti falsi e assenteismo” ai danni dello Stato. E poi? Alla faccia dei tagli, avrà un robusto contratto “esterno”, da dirigente di prima fascia pari a direttore generale, firmato Bondi da lui definito un incrocio fra don Abbondio e Massimo Boldi. Morta la commedia dell’arte? Per niente. Sopravvive nel cuore dello Stato. Coi nostri soldi.
C’è un altro ministro ormai “storico”: Maria Stella Gelmini. E’ riuscita a ridurre o eliminare le rare ore di Storia dell’arte elemento, si sa, trascurabile in Italia (ignoranti che fate la fila per Caravaggio: era un pittore francese, borgognone, Le Caravage…). Via pure negli Istituti Professionali destinati a formare le nuove guide per il turismo culturale. Le quali così faranno la figura di quelle abusive che presentano il Colosseo “opera di Giulio Cesare”. Via anche lo studio del diritto per i geometri. Così potranno dire di non sapere nulla di vincoli e di altre bubbole sul paesaggio. E la musica, la sua storia? Inessenziali, zero via zero. E pensare che Radio3 Rai ha aumentato del 60% gli ascolti da quando è di nuovo, con Marino Sinibaldi, rete culturale, e che Rai3 ha segnato uno splendido 15,5 % di share con Barenboim/Chopin da Fazio. La domanda culturale c’è, da fame autentica. Ma a cosa ridurranno l’offerta?

L’Unità 03.06.10