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Il pacco regalo di Tremonti «Mani libere per le imprese», di Bianca Di Giovanni

Arriva al convegno dei giovani imprenditori senza risorse da offrire, ma con una promessa: subito, già al consiglio della prossima settimana avrete la libertà di impresa. Subito una legge sulle liberalizzazione, poi la «blindatura» con la riforma costituzionale. Parola di Giulio Tremonti. Ma il pacchetto regalo non ottiene il successo sperato: il ministro non passa a pieni voti l’ «esame» degli imprenditori. Pochi minuti dopo il suo intervento, infatti, la presidente Emma Marcegaglia rilancia: «Vogliamo subito un tavolo per la riforma fiscale, che non può più aspettare». Insomma, si torna alle tasse, prima tanto sventolate e oggi completamente ignorate dal titolare del Tesoro, che non cita mai la partita tributaria. Chiaro che la crisi ha tagliato le ali a qualsiasi illusione fiscale. Ma il «piatto» che offre in questa manovra è davvero troppo misero. «Dobbiamo fare come la Germania – avverte la presidente – Rigore sì, ma anche crescita, scuola, ricerca e infrastrutture «. In Italia tutto questo manca. PROMESSA Il ministro inizia il suo intervento con una battuta bifronte. «Io non scendo in campo», messaggio velenoso a Luca Cordero di Montezemolo, e al premier, che sospetta continui complotti. Dopo l’incipit, Tremonti passa subito alla sua promessa. «Se non hai sussidi, almeno devi avere la libertà – riconosce – È inaccettabile che il nostro Paese abbia un tasso di libertà economica così basso». In queste condizioni, spiega Tremonti, è inutile «mettere benzina » (leggi: dare risorse), perché non si va da nessuna parte. Di qui la sua mission: rimuovere i blocchi. Cioè deregolamentare. Con una abilità quasi istrionica, Tremonti descrive un Paese che «è la replica post-moderna del medioevo, con gilde, dazi, decime» e invoca una rivoluzione liberale. Peccato che per anni il ministro ci ha erudito sui pregi di dazi e dogane e i mali del mercatismo liberale. Una vera illuminazione tardiva. Così come suona come una conversione sulla via di Damasco quel riconoscimento alle liberalizzazioni di Pier Luigi Bersani. «Va riconosciuta la sua generosa ambizione per la semplificazione nel 2006», ammette. Maora ci penserà lui: la prossima settimana in consiglio dei ministri si varerà un piano per abrogare vecchie leggi e semplificare le procedure. L’individuo potrà agire senza freni da parte di organismi pubblici, come è accaduto al piano casa bloccato dai veti regionali. Poi si penserà a modificare gli articoli 41 e 118 della Costituzione. «Il nodo va reciso – declama il ministro – Non si può sciogliere ».
RICHIESTE Tremonti pensa di averla scampata. Ma Marcegaglia chiede di più. Altro che deregulation generica. «Vogliamo le autorizzazioni in 90 giorni – insiste – Che si faccia una legge subito ». Quanto alla manovra, manca quella «scelta competitiva» a cui la Germania non ha rinunciato nonostante la crisi. Da noi «la manovra non dovrà essere spolpato dal Parlamento. Sarebbe un danno enorme, dev’essere rafforzata». Poi la sferzata al centrodestra. «Ha ragione Tremonti nel dire che le lenzuolate di Bersani non hanno funzionato – dichiara – ma per noi non hanno funzionato perché erano deboli. Le liberalizzazioni servono e notiamo che questa maggioranza sta tornando indietro su questo tema». Il messaggio finale è per la politica: quel ring che tanto ha tormentato la due giorni ligure. «Riconosciamo alla politica un ruolo importante – conclude Marcegaglia – Nessun Paese può vivere senza politica. Ma siamo per una politica alta, contro i costi e gli sprechi dei privilegi. La politica non si deve dividere, non deve litigare». Avvertimento a destra.

L’Unità 13.06.10