politica italiana

"Brunetta plenipotenziario a Venezia", di Gian Antonio Stella

Delegato dal governo a riformare la legge speciale. Cacciari: indecente. «Brunetto scherzetto!», ridacchiò Calderoli bocciando il collega Brunetta reo d’aver anticipato nel dicembre 2008 l’idea di mandar le donne in pensione a 65 anni. «Brunetto scherzetto!», deve aver ridacchiato oggi Berlusconi. I veneziani hanno trombato «Renatino» come sindaco? E lui glielo rifila come «delegato» governativo. Una specie di antisindaco. Tié. Il ministro dell’innovazione aveva scommesso forte, sulla conquista della sua città.
Aveva portato in laguna, come sponsor, la bellezza di dieci ministri. Aveva sventolato l’appoggio del Cavaliere, il quale si era speso invitando gli elettori a compiere un «peccatuccio »: «Andate a riscoprire le vecchie fidanzate e convincetele a votare. Vi auguro di realizzare tutti i vostri sogni. Viva Venezia, viva l’Italia, viva la libertà». Aveva promesso di spostare la sede del comune da Ca’ Farsetti a Palazzo Ducale. Promesso la metropolitana sublagunare per rendere meno complicata la vita ai veneziani e arginare l’esodo, inesorabile da decenni. Promesso un nuovo «Rinascimento». Insomma, una campagna grandiosa. Sintetizzata dal titolo del Giornale berlusconiano alla vigilia del voto: «Brunetta sindaco a Venezia: se vinco investo 25 miliardi ». Uno in più della mega-manovra finanziaria di oggi. Macché: trombato. Per la seconda volta, dopo un primo assalto fallito anni fa. «Mi sono mancati i voti della Lega.

L’elettorato della Lega è egoista, se ha un candidato suo lo vota, sennò si distrae… Certo è che se avessi avuto i voti leghisti che ha avuto Zaia avrei vinto al primo turno», si sfogò amaro dopo la batosta. «Non mi candiderò mai più al sindaco. Mai più». La decisione di paracadutarlo ora in laguna come plenipotenziario per la legge speciale, decisione destinata a incendiare le polemiche nel centrosinistra che proprio a Venezia aveva raccolto all’ultima tornata elettorale l’unica vera soddisfazione grazie alla vittoria al primo turno di Giorgio Orsoni, è sulla Gazzetta ufficiale. Dove il presidente del consiglio, a integrazione delle deleghe governative assegnate il 13 giugno 2008, decreta, «ferme restando le competenze delle Amministrazioni statali, delle Regioni e degli enti locali », di assegnare a Brunetta le «funzioni di impulso, promozione e coordinamento delle iniziative legislative dirette a modificare la normativa vigente in materia di salvaguardia di Venezia e della sua laguna».

C’è chi dirà che, per carità, ogni polemica è inutile e pretestuosa. E che il decreto va letto per quello che è, parola per parola, alla lettera. Che non c’è alcun tentativo del governo di «commissariare» Orsoni, colpevole d’aver fatto mancare al Pdl e alla Lega (che da tre lustri conclude nella «capitale padana» la sua festa di settembre) l’agognato filotto che si sentiva già in tasca: regione, provincia, comune. E che insomma il ministro veneziano si occuperà soltanto di quella cosa là: coordinare «le iniziative legislative dirette a modificare la normativa vigente in materia di salvaguardia di Venezia e della sua laguna ». Punto. Anzi, possiamo scommettere che Brunetta sottolineerà di avere accettato il nuovo incarico solo per spirito di servizio e generosità. Per dare una mano alla città dove è nato, dove è cresciuto, dove ha conservato i suoi affetti. E che tutte le interpretazioni diverse sono malevole. Sarà… Massimo Cacciari, però, saputa la cosa, reagisce come se il governo delle destre avesse deciso di mandare in laguna, sessantasette anni dopo quel Giobatta Dall’Armi che concluse il suo mandato alla caduta del fascismo, una specie di nuovo podestà: «Dare una delega così al candidato trombato alle ultime elezioni, imporre dall’alto agli elettori veneziani l’uomo che hanno appena rifiutato con il voto è indecente».

Non potrebbe invece dare davvero unamano a cambiare la legge speciale per Venezia? «Che quella legge va cambiata lo ripeto un sacco di tempo! », sbuffa l’ex sindaco veneziano. «All’ultimo comitatone», ormai un paio di anni fa, piantai un casino spiegando «evviva il Mose, ma è folle che tutte le altre opere siano bloccate per mancanza di fondi». Il solito Gianni Letta disse sì, giusto, è vero, occorre cambiare… Gli risposi che già nel 1996 avevo presentato una proposta di legge rifinita nei dettagli e che gli avrei mandato l’articolato. Lo feci. Non si sono neanche degnarsi di rispondermi. Neanche di dirmi: no, grazie. Zero. E adesso, salta fuori Brunetta! Brunetta! Brunetta! Quello che ama tanto Venezia che dopo essere stato trombato non si è presentato neppure alla prima riunione del consiglio comunale. Si è dimesso prima. Bel modo di rispettare gli elettori! ». Tanto più, sottolineano a sinistra, che la scelta di dare al ministro della funzione pubblica la nuova delega speciale, arriva dopo la non meno controversa nomina di Vittorio Sgarbi a sovrintendente del Polo museale di Venezia. Insomma, l’assedio alla città «rossa» capoluogo di una provincia, di una regione, di una Padania verdi e azzurre sarebbe appena cominciato.

Il Corriere della Sera 16.06.10