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"Call center in crisi. A rischio 16 mila posti quasi tutti al Sud", di Felice Masocco

Svolgono attività per conto terzi e danno lavoro a tempo indeterminato a circa 80mila addetti. Sono i call center in outsourcing, una galassia di aziende più o meno piccole che in un passato anche recente si sono ritrovate nella bufera per la grande disinvoltura dimostrata, anche nell’organizzazione del lavoro. Dopo il boom degli ultimi dieci anni ora sono decisamente in affanno. 16mila sono i posti a rischio, in maggioranza al sud. Pesano alcuni fattori. Lo squilibro che c’è tra le grandi aziende committenti (private e a partecipazione pubblica) e i call center: gare al massimo ribasso, cioè a costi contrattuali e infrastrutturali minimi, il venir meno di alcuni incentivi e previdenziali e, infine, la crisi della filiera delle telecomunicazioni.
I CAVALLI DI TROIA A dare l’allarme è la Slc Cgil che invoca un «patto tra produttori per il rilancio» del settore. Si apra un tavolo con il governo e se ne discuta. Quanto all’immediato, il segretario di Slc, Emilio Miceli, mette in guardia dagli effetti «collaterali» che potrebbe avere la fiscalità di vantaggio per Sud. «Sarebbe un cavallo di Troia per avventurieri», che «rischiano di trascinare in una terra di nessuno anche gli imprenditori dal comportamento virtuoso». Il riferimento è all’articolo 40 della manovra che interviene solo nelle otto regioni meridionali, «mettendo così in difficoltà gli insediamenti di call center del centro nord», inoltre il beneficio è finalizzato alla costituzione di nuove aziende «con il risultato che, qualora qualche regione trovasse le risorse necessarie, si avrebbe la chiusura delle attuali imprese e la costituzione a 100 metri di nuove realtà, con il ricatto occupazionale, i passaggi di contratto individuale». Il quadro dell’occupazione è già drammatico.Sonoin crisi Phonemedia, Voicity, Omnia Network e mille altre realtà locali. Il 73% del personale è concentrato nel Mezzogiorno: tra sud e isole sono a rischio 14mila posti di lavoro. Eclatante il caso siciliano che ha già pagato con centinaia di licenziamenti e dove il futuro è sempre più fosco: bisognerà infatti verificare, spiega la Slc-Cgil, «la situazione della Alicos (gruppo Almaviva) e di 4you. Qui il calo dei volumi delle commesse Alitalia, Wind ed Enel, dovuto anche a una politica di delocalizzazione delle attività all’estero, mette a rischio 5.500 posti di lavoro». Situazioni particolarmente difficili, anche per numero di lavoratori coinvolti, sono quelle della Calabria (in totale 3.300 posti a rischio), del Piemonte (1.200 in cig e 800posti che traballano) e della Lombardia (1.150 in cig, 1.950 a rischio tra Milano, Brescia e Bergamo). Infine alcune caratteristiche del settore: ha il costo del lavoro tra i più bassi del privato (-18% rispetto al totale del terziario) e per il 70% impiega lavoratori con meno di 40 anni. Il 68% è donna.

L’Unità 30.06.10