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A maggio disoccupazione stabile ma è record per quella giovanile

Per il terzo mese consecutivo il tasso è all’8,7%. Gli occupati registrano una flessione dello 0,2 per cento rispetto ad aprile e dell’1,1 per cento rispetto a maggio 2009. Per i giovani è il top dal gennaio 2004. Disoccupazione femminile al 10%

ROMA – Tasso di disoccupazione stabile a maggio per il terzo mese consecutivo all’8,7%. Ma per giovani e donne è sempre più difficile trovare lavoro. E’ quanto emerge dai dati Istat sull’occupazione. In base alla stime gli occupati a maggio registrano una flessione dello 0,2 per cento rispetto ad aprile (quando erano aumentato dello 0,2 per cento) e dell’1,1 per cento rispetto a maggio 2009. Il tasso di occupazione è pari al 56,9 per cento, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il numero delle persone in cerca di occupazione diminuisce dello 0,1 per cento rispetto ad aprile, segnando un aumento del 15,5 per cento rispetto a maggio 2009. Il tasso di disoccupazione si conferma stabile per il terzo mese consecutivo all’8,7 per cento; l’aumento rispetto a maggio 2009 è di 1,2 punti percentua

Giovani. Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) a maggio è salito al 29,2% dal 29,1% di aprile (dato rivisto). Si tratta del dato più elevato dall’inizio delle serie storiche, ovvero dal 2004.

Donne in difficoltà. A maggio l’occupazione maschile risulta invariata rispetto al mese precedente e in calo dell’1,1 per cento rispetto al corrispondente mese dell’anno precedente. L’occupazione femminile invece diminuisce dello 0,4 per cento rispetto ad aprile e dell’1,2 per cento nei confronti di maggio 2009. Il tasso di occupazione maschile risulta pari al 67,9 per cento, invariato nell’ultimo mese e in calo di 0,8 punti percentuali negli ultimi dodici mesi. Il tasso di occupazione femminile a maggio è pari al 46,0 per cento, con una riduzione di 0,2 punti percentuali rispetto ad aprile e di 0,8 punti percentuali rispetto a maggio 2009. La disoccupazione maschile è in diminuzione dello 0,6 per cento rispetto al mese precedente, ma in aumento del 16,8 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Il numero di donne disoccupate aumenta invece dello 0,3 per cento rispetto ad aprile e del 14 per cento rispetto a maggio 2009. Il tasso di disoccupazione maschile è uguale al 7,7 per cento, stabile rispetto ad aprile e in aumento rispetto a maggio 2009 (1,1 punti percentuali). Il tasso di disoccupazione femminile è pari al 10,1 per cento, in aumento rispetto ad aprile (0,1 punti percentuali) e rispetto al mese di maggio 2009 (+1,2 punti percentuali).

Il numero di inattivi di età compresa tra 15 e 64 anni aumenta, a maggio 2010, dello 0,4 per cento rispetto ad aprile e dello 0,9 per cento rispetto allo stesso periodo del 2009. Il tasso di inattività è pari al 37,7 per cento, con un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto sia al mese precedente sia a maggio 2009. Gli uomini inattivi sono in aumento dello 0,4 per cento tra aprile e maggio 2010 e dello 0,7 per cento su base annua, mentre le donne inattive presentano aumenti rispettivamente pari allo 0,5 per cento e all’1 per cento.

da www.repubblica.it

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«Giovani e senza lavoro: ecco gli «invisibili» della crisi», di Felicia Masocco

La crisi non è uguale per tutti, i giovani hanno pagato e pagano un prezzo davvero alto. Il governatore della Banca d’Italia ha dedicato a loro un passaggio importante delle sue considerazioni. È allarme, un grido di dolore, perché, una generazione si è persa, non ha futuro nel mercato. Il fatto è che quando il mondo è piombato nella recessione i giovani vivevano già un forte disagio.

«La crisi lo ha acuito» è la conclusione. Ed ecco i dati: nella fascia di età tra i 20 e i 34 anni la disoccupazione ha raggiunto il 13% nella media del 2009. Il calo sul 2008 della quota di occupati fra i giovani è stata 7 volte quella fra i più anziani». Le cause sono facilmente immaginabili, vanno ricercate nel ricorso irrefrenabile ai contratti a termine, che alla prima occasione saltano e non vengono rinnovati, e nel fatto che le aziende hanno contratto le assunzioni del 20%, di un quinto rispetto a quanto facevano in precedenza. Di più. Se la ripresa di cui pure si vede una luce fioca, non accelererà un po’ «a crescere sarà la probabilità di una disoccupazione persistente». Una condizione che, ha spiegato Mario Draghi, «specie se vissuta nelle fasi iniziali della carriera lavorativa, tende ad associarsi a retribuzioni successive permanentemente più basse».

Per non parlare delle pensioni. Disoccupati oggi, poveri occupati domani. Praticamente un dramma. Su come uscirne Draghi suggerisce il «completamento della riforma del mercato del lavoro», le segmentazioni vanno superate, la partecipazione stimolata. Da tempo si dice che che per la prima volta nella storia del Paese, le nuove generazioni non staranno meglio di quelle che l’hanno precedute. I figli non staranno meglio dei padri. «Da tempo vanno ampliandosi le differenze di condizione» tra le une e le altre, a sfavore delle nuove. Basti pensare che i salari di ingresso, «in termini reali ristagnano da 15 anni». Intanto la popolazione invecchia. Si pensi solo al fatto che sono i giovani che pagano (o dovrebbero)le pensioni dei senior ma ora è pressoché impossibile. Un altro allarme: «I giovani non possono da soli far fronte agli oneri crescenti di una popolazione che invecchia. Né potranno farlo i lavoratori stranieri».

Ed eccola l’altra anomalia del «mercato italiano», riguarda coloro che giovani non lo sono più. Solo 36 italiani su 100 tra i 55 e i 64 anni sono occupati contro i 46 della media Ue, il 56% della Germania. In pratica non sono loro che “rubano” il lavoro ai giovani. Draghi torna a chiedere «l’aumento dell’età lavorativa», spiega che «nell’ultimo trentennio, a fronte di un aumento della speranza di vita dei sessantenni italiani di oltre 5 anni, si stima che l’età media di pensionamento nel settore privato sia salita di circa 2 anni, attorno a 61».

Le aziende che prepensionano in massa al primo accenno di crisi dovrebbero riflettere. Nella relazione, Bankitalia non mostra ottimismo: ci saranno ancora blocchi del turnover e mancato rinnovo dei contratti a termine. Anche qui, i giovani pagheranno di più. Ancora: in una famiglia su 7 nessuno lavora e nessuno studia: nessun adulto tra i 25 e i 60 anni ha un’occupazione e nessun giovane tra i 18 e i 24 anni va a scuola o all’università. La quota è salita nel 2009 al 15% dal 13,3% del 2007. Al Sud è salita addirittura dal 21 al 24%.

da www.unita.it