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«Indice mondiale della prosperità: Italia fuori dal G-20», di Stefano Natoli

Non finisce (purtroppo) sulle prime pagine dei giornali e non è (purtroppo) “market mover”, pur fornendo preziose informazioni sullo stato dei principali paesi del pianeta. Stiamo parlando del Global prosperity index, l’indicatore della prosperità mondiale. L’indice, che coniuga crescita economica, benessere sociale e qualità della vita in 104 paesi, è calcolato dal think tank britannico Legatum Institute ponderando nove fattori chiave che contribuiscono alla crescita economica e al benessere sociale.

Questi fattori chiave – rappresentati in sub-indici – sono: fondamentali economici, imprenditorialità ed innovazione, educazione, istituzioni democratiche, governance, sanità, sicurezza, libertà personale e capitale sociale.

La classifica 2009. La classifica 2009 vede quattro paesi scandinavi nelle prime cinque posizioni. Sul podio c’è la Finlandia (dove la banda larga è un diritto dei cittadini), seguita da Svizzera e Svezia. A seguire Danimarca, Norvegia, Australia, Canada, Olanda, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Fra i paesi del G-20 , solo tre (Australia, Canada e Usa) si piazzano, dunque, fra i primi 10. Il Regno Unito è dodicesimo, la Germania è quattordicesima, il Giappone è sedicesimo.

Usa al nono posto, ma primi per innovazione. Italia solo 21esima. Nonostante la crisi, gli Stati Uniti restano al top tra i big dell’Occidente, figurando al primo posto assoluto nella capacità di innovare. L’Italia, che fa anche parte del G-8, è in 21esima posizione dietro Hong Kong, Spagna e Slovenia, dunque fuori dal G-20 della prosperità. Il Bel Paese si piazza meglio nei settori sanità (il sub indice lo colloca, a sorpresa, all’11esimo posto in classifica) ed educazione (17esimo), ma ancora peggio in altri: al 23esimo posto in istituzioni democratiche, al 25esimo per i fondamentali economici, al 26esimo in imprendotorialità e innovazione, al 31esimo in sicurezza, al 35esimo in governance, al 37esimo in capitale sociale e addirittura al 40esimo in libertà personale.

India batte Cina. Fra gli arabi brillano EAU. Nell’ambito dei paesi Bric, l’India, 45sima, batte di gran lunga la Cina (75esima). Il Brasile è 41esimo, la Russia 69esima (assieme alla Turchia). Gli Emirati Arabi Uniti si classificano al 47esimo posto per il secondo anno consecutivo, aggiudicandosi così il primato dell’unico paese arabo nella top 50. Gli EAU guadagnano posizioni nei settori quali salute (29) e sicurezza (18), ma perdono sul piano delle istituzioni democratiche (98) e del capitale sociale (77). Più indietro paesi come l’Arabia Saudita (81) l’Egitto (88), l’Iran (94) l’Algeria(96) e lo Yemen (102). L’Iran va male su tutti i fronti, ed è vicino al fondo classifica sia sulla base dei criteri del buon governo(102) che della libertà personale (101).L’Egitto è molto indietro rispetto alle medie mondiali, essendo a fondo classifica per libertà personale (95) e capitale sociale (100).

Nonostante la sua enorme ricchezza petrolifera, l’Arabia Saudita si posiziona quasi in fondo alla graduatoria (81) ed è carente in termini di innovazione e imprenditorialità (81), di istituzioni democratiche (101), e di libertà personale (98). Come dire: la crescita economica non basta a definire la prosperità di un paese, il Pil non è tutto, il benessere ha altre declinazioni e sfaccettature che vanno ben oltre la ricchezza economica.

In fondo alla classifica, al 102 posto, si trova lo Yemen, paese che continua a dimostrarsi incapace ad affrontare le sfide importanti: lo dimostrano la sua bassa posizione a livello generale, ma anche nelle specifiche categorie.

da www.ilsole24ore.it