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"Prof migliore d'Italia: disoccupato", di Francesco Moscatelli

La Gelmini lo premierà come “docente dell’anno” ma è precario e quindi resta senza cattedra
È il professore più bravo d’Italia. È rimasto senza lavoro anche quest’anno. Si chiama Luca Piergiovanni, ha 37 anni, e insegna(va) italiano alle medie «G.B. Grassi» di Uggiate-Trevano, in provincia di Como. Una settimana fa, mercoledì 30 giugno, ha ricevuto questa mail: «Gentile collega, a nome del presidente nazionale dell’Anp (l’Associazione nazionale Dirigenti e Alte professionalità della Scuola), ti esprimo vive congratulazioni per il tuo successo nell’aggiudicazione del premio “Docente dell’anno”». Le motivazioni? «Per il tuo impegno nell’innovazione didattica attraverso l’uso delle tecnologie».
Un trionfo. Peccato che lo stesso giorno sia scaduto il suo ennesimo contratto a termine.
Luca è un professore del 2010. Di quelli che danno del tu al computer. Da un paio d’anni, quando si parla di «strategia delle tre i», lui e i suoi studenti girano l’Italia per spiegare agli altri come si fa: hanno vinto il premio «A scuola di innovazione» del Ministero dell’Istruzione, hanno partecipato al «Forum della Pubblica amministrazione» di Roma, al «Toscana Lab», hanno esportato in Lombardia i corsi di alfabetizzazione informatica per anziani e hanno aperto un sito internet multimediale dedicato alla musica e alla letteratura (www.chocolat3b.podomatic.com). Idee e progetti che andrebbero valorizzati. E che invece hanno il respiro corto del precariato.
«All star» color fucsia ai piedi, e piercing d’acciaio sotto il labbro, Luca apre la porta della sua casa di Valmorea, un minuscolo comune incollato alla Svizzera, e, nonostante si sia appena iscritto per la quinta volta al centro per l’impiego, prova a sorridere. L’appartamento, in affitto a 400 euro al mese (spese e bollette escluse), stona decisamente con il suo look: le pareti sono rivestite con una vecchia carta da parati grigia, i mobili sono di mogano scuro. «Vivo qui da cinque anni, ma sono sempre sul punto di traslocare – spiega Luca, sfoderando un fortissimo accento toscano – . Il mio posto è stato tagliato e a settembre non so se potrò insegnare e nemmeno dove mi spediranno». Originario di Arezzo, laureato con 110 e lode in Lettere a Perugia, Luca aveva tentato la carriera accademica. «Dopo due pubblicazioni scientifiche, tante pacche d’incoraggiamento e tre anni di tira e molla, ho deciso di frequentare i corsi di abilitazione all’insegnamento – ricorda -. Dalle mie parti, però, trovare un posto era impossibile. Nemmeno una supplenza.
E dire che c’era una scuola media proprio a cento metri da casa mia. Per non cadere in depressione, a 32 anni, sono tornato al mio lavoro del liceo: il disc jockey. Facevo 3 o 4 serate a settimana: dance anni ’70-’80, house, musica latina. Per campare ho fatto di tutto: il karaoke sulla riviera romagnola e il barman alle feste cubane. Quando ho ricevuto una proposta da Como mi è sembrato di rinascere».
Il rosario, in realtà, era appena iniziato. «Nel 2005 ho avuto un contratto completo fino al 31 agosto – spiega -. A partire dall’anno successivo, però, le cose sono peggiorate: ogni anno una scuola diversa, contratti in scadenza il 30 giugno e pochissime ore di lezione a settimana». Lo stipendio? Ottocento euro al mese, compresi i consigli di classe, i colloqui con i genitori e la correzione dei compiti. Quest’anno ha toccato il fondo con uno «spezzone orario»: due classi, dodici ore a settimana. Per raggiungere quota 18 ore e lo stipendio base di 1300 euro al mese si è dovuto inventare alcuni corsi pomeridiani. «Intendiamoci: non sono un martire. Ma quando sento parlare di fannulloni mi viene da piangere – continua Luca -. Ci sono altre migliaia di persone, anche più anziane di me, nelle mie stesse condizioni.
Ci chiamano ragazzi, ma mi sembra assurdo che a 37 anni uno non possa pensare di crearsi una famiglia. Mi hanno detto che alle premiazioni per il “Docente dell’anno” ci sarà il ministro Gelmini. Sto preparando una lettera da consegnarle: com’è possibile che in Italia il merito e l’impegno non paghino mai?». Fuori dalla finestra del salotto svetta il monte Generoso, che divide l’Italia dalla Svizzera. «Chissà dove finisco dopo le vacanze. Alla mia ragazza hanno offerto un posto dall’altra parte del confine. Quasi quasi ci vado anch’io. Se rimango qui, rischio di trovarmi ancora a fare il dj alle feste cubane. Altro che figlioli».

da La Stampa del 7 luglio 2010