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«Il Pd lancia al governo una sfida concreta sulla tv», di Rognoni Carlo*

Corrado Calabrò ha “la facoltà di fare segnalazioni al governo”. E ieri ha confermato il suo impegno di segnalatore. Per esempio «per un assetto diverso della govemance» della Rai, «svincolato dai partiti, che valorizzi la capacità gestionale e decisionale». Non so se il govemo accoglierà l’invito dei presidente dell’Agcom. Quello che è certo è che la proposta di cambiare subito la govemance della Rai è già entrata nell’agenda del Partito Democratico. Proprio Pierluigi Bersani ne ha parlato prima in una lettera al Corriere della Sera e oggi [ieri, n.d.r] ne parlerà in una conferenza stampa. Si tratta di una proposta seria, concreta, realizzabile.

Intanto è molto chiara e si muove nella logica di riportare una grande azienda nell’alveo del codice civile: nominare un amministratore delegato indicato dal Tesoro, votato dai due terzi diun Consiglio di amministrazione espresso dalla Vigilanza ma anche dalle regioni e dai comuni. Affidare a questo manager il compito di preparare entro i primi 180 giorni un piano di riorganizzazione del servizio pubblico. A lui e non al Consiglio come è oggi la responsabilità di scegliere direttori e vice direttori.

Questa proposta lancia due messaggi forti: primo, chiarisce una volta per tutte che il Pd si chiama fuori dal gioco della lottizzazione e non intende più essere considerato corresponsabile di una gestione sbagliata della Rai (ieri chi ha ascoltato in Vigilanza l’audizione dell’Adrai, l’associazione dei dirigenti Rai non può non essersene convinto).
Secondo, segna una svolta importante perché getta le basi di nuove tegole affinché non siano più i partiti a gestire il servizio pubblico. E una bella sfida anche per il ministro del Tesoro che continua a essere in questa fase l’azionista della Rai. Totalmente sua e del govemo Berlusconi diventa da oggi la responsabilità di ciò che viene deciso – meglio, non deciso o deciso male – in Rai.

Ora in molti hanno capito l’importanza di questa proposta. Tanti, nell’area del centro-sinistra, sembrano apprezzare lo sforzo di innovazione che sottintende. E proprio per questo mi sembra necessario riflettere su alcuni commenti e alcune reazioni che pure sono nate all’intemo dell’area del centro-sinistra.
C’è, per esempio, chi ha parlato di un riformismo ridotto. E c’è chi pur apprezzando lo spirito della lettera di Bersani al Corriere della Sera fa capire che se non si affronta contestualmente il conflitto di interessi, difficilmente si otterrà un buon risultato. Ora so bene che c’è sempre chi una volta fatto 30 vuol fare 31 o chi fatto 31 pronto a ripartire da uno. E’ sacrosanto richiamare il conflitto di interessi. Ma non se diventa una scusa per non far nulla.

Ebbene in parlamento sono depositate tante proposte, alcune molto buone. E tuttavia lì giacciono. L’obiettivo di Bersani è di avanzare un ddl improntato alla realpolitik. IlPd sa di essere all’opposizione, sa di essere minoranza, e se presenterà un disegno di legge minimale, ma tanto minimale non è, è perché si è convinto della doppia emergenzain cui sta precipitando il servizio pubblico: una emergenza democratica, con un numero crescente di telespettatori che non si riconoscono più nei programmi che la Rai manda in onda; una emergenza economico-industriale con un’azienda alle prese con un buco di bilancio pesante e che la costringe a immaginare un piano industriale di lacrime e sangue senza per altro lasciar intravvedere un progetto per rilanciare la qualità.

Se Bersani si impegna oggi sulla governance della Rai è perché pensa che il servizio pubblico vada prima di tutto salvato da se stesso e sottratto ai partiti malati da bulimia mediatica Solo dopo questo salvataggio sarà sensato e possibile ragionare intorno a una proposta più complessa, più articolata, che tenga conto, per esempio, del rapporto canone-pubblicità. Adesso la parola passa al centro-destra. Al ministro del Tesoro prima di tutto ma anche al prossimo ministro dello Sviluppo economico (per favore, non un altro Brancher!) e al premier.
Silvio Berlusconi non può non sentire su di sé la responsabilità di chi – controllando Mediaset, il maggior concorrente della Rai – non può più far finta di non vedere la Rai in crisi. La proposta di Bersani è anche una sfida per lui. Sicuramente è una grande sfida anche l’idea del presidente dell’Agcom. Chi ha l’ambizione di governare un Paese, dovrebbe avere l’ambizione di creare le condizioni perché il servizio pubblico sia di tutti e non solo di una parte.

* Responsabile del Pd per la riforma del sistema radio-televisivo

da il Sole 24 Ore del 7 luglio 2010