economia, politica italiana

«Un favore al Trota, un altro a Marina», di Bianca Di Giovanni

Un altro ministro che minaccia di andarsene (dopo Brancher, che lo ha fatto, e Tremonti, che non lo ha fatto). Stavolta è quello dell’Agricoltura Giancarlo Galan. Non gli va giù che in manovra la solita «manina» abbia infilato un emendamento che salva i «soliti» allevatori del nord disonesti: quelli che dovrebbero pagare le multe sulle quote latte. Ancora loro: hanno già intascato le risorse dell’ue, ora intascano quelle del governo italiano, mentre tutti gli altri pagano. Quando si dice. essere amici del «manovratore». La sospensione delle multe (che vengono però pagate a Bruxelles dallo Stato italiano) era stata promessa da Renzo Bossi, il figlio del leader della Lega, comunemente conosciuto come «la trota», agli allevatori che assediavano il Pirellone. E puntualmente è arrivato, nonostante la contrarietà del ministro, e anche di molte associazioni di agricoltori (sia Cia che Coldiretti). Galan si è precipitato in Senato, per fare pressioni sulla commissione. Ma è stato gentilmente pregato dal presidente e relatore Antonio Azzollini di tornarsene tranquillamente a casa, visto che la proposta si sarebbe discussa più tardi. Insomma, resta il braccio di ferro e resta per ora la minaccia di Galan.

Non è stato solo Bossi junior ad essere accontentato. Anche il «monarca assoluto» del centrodestra, naturalmente Silvio Berlusconi in persona, ha avuto un trattamento di riguardo, per una norma secondaria ma decisiva: il testo prevede che sulla chiusura agevolata delle liti fiscali ultradecennali in cassazione sia l’amministrazione finanziaria a decidere. Le condizioni previste dalla norma disegnano quasi l’identikit del «caso» da risolvere: quello sollevato con il Lodo Mondadori, che consentì a Berlusconi e famiglia di impossessarsi della casa editrice. Una vera norma ad personam, che facilita ancora di più lo sconto già assicurato da un altro decreto in questi casi ai contribuenti, che pagano solo il 5% del dovuto.

Vantaggi per la famiglia del «Capo», e vantaggi per la capitale, che riesce addirittura a svincolarsi dai vincoli del patto di stabilità. Proprio mentre gli enti locali sono chiamati a pagare gran parte dei tagli. L’ammontare delle risorse per Roma Capitale «viene stabilito dal commissario e nasce dall’idea che è difficile fare una stima. Dunque, l’emendamento prevede che il commissario accerti quanto debito c’è e stipuli un contratto di servizio per stabilire i finanziamenti». È quanto afferma il relatore alla manovra Antonio Azzollini, spiegano l’emendamento a sua firma. Certo, è difficile fare la stima: chissà quante città potrebbero dire lo stesso. Grazie poi alla stretta sulla assicurazioni, chiamate a versare oltre 200 milioni, si crea un fondo di 50 milioni a cui poter attingere. Ma Gianni Alemanno ha avuto un ruolo a tutto tondo nell’ultima giornata di esame. Un altro comma dell’emendamento del relatore, infatti, prevede il raddoppio delle tariffe che il Comune di Roma fa pagare per i cartelloni pubblicitari, passando da un limite del 25% al 50%. Così, con una mancia a nord, la Lega ingoia quella a «Roma ladrona».

da www.unita.it