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Se la P3 si mangia il PDL

Scandali e corruzione alla base delle manovre della maggioranza: indagati Cosentino, Verdini, Dell’Utri. E intanto è una rissa continua all’interno del Pdl. Bersani: “Siamo al capolinea di questa alleanza. La resa dei conti tra di loro è cominciata e non si fermerà”. Il Pd presenta un’interrogazione urgente per il Question time di domani in cui si chiedono le dimissioni di Cosentino e Calendo. Franceschini: “Se queste non arriveranno spiamo pronti alla mozione di sfiducia assieme a tutti quelli che la vorranno fare”
C’era una volta il governo del fare, il buon governo. Poi divenne il partito dell’amore. Parole, parole, parole. C’è, e per due anni c’è stato, un governo fallimentare che non ha saputo fare un bel nulla, che si è vantato di successi che non ha mai ottenuto e che ora, più che mai, è al centro di uno scandalo senza precedenti tra affaristi, corruttori e massoni. Un cricca avida di arricchirsi senza ritengo e senza rispettare nessuna legge. Siamo all’apice del berlusconismo?

Sono circa 12.000 le pagine di atti che sono stati depositati dal procuratore aggiunto di Roma Giancarlo Capaldo e dal sostituto Rodolfo Sabelli in previsione dell’udienza del Riesame di giovedì.

Intercettazioni, sempre quelle, che evidenziano un giro di affari sporchi legati a parlamentari, giudici e affaristi per condizionare le scelte degli organi costituzionali e la Pubblica Amministrazione.

Intercettazioni che hanno portato in carcere Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino per associazione a delinquere, per corruzione e abuso di ufficio.

Intercettazioni che sono l’unico grande cruccio del premier Berlusconi. In questo caso non si parla di libertà di stampa o di garanzie per la privacy dei cittadini: in gioco c’è la sopravvivenza (se ancora fosse vivo) del governo Berlusconi e della sua maggioranza.

Un cricca che è stata ribattezzata P3, che cerca di “usare” la magistratura per i propri fini influenzando l’indagine sui lavori del G8. Nel registro degli indagati oggi spiccano due nomi nuovi accanto a Denis Verdini, coordinatore del Pdl: il senatore Marcello Dell’Utri e il sottosegretario all’Economia, Nicola Cosentino. Due nomi già noti…alle procure italiane. Per il primo l’accusa è di associazione a delinquere; per il secondo per associazione segreta.

Tranne per Cosentino, il punto d’unione degli indagati verte sulle intercettazioni fatte durante una cena del 23 settembre a casa di Verdini, dove parteciparono Dell’Utri, Carboni, Lombradi, Martino, il giudice Martone (che in seguito alle polemiche ha lasciato la toga) e il sottosegretario alla Giustizia, Giacomo Caliendo. Cosentino non era presente alla cena ma il suo ruolo nel “gruppo” era legato alle candidature in Campania e ai tentativi di influenzare i giudici della Cassazione.

Una cena tra amici con un obiettivo fondamentale: fare pressioni sulla giudizio della Corte Costituzionale in merito al Lodo Alfano previsto per il 6 ottobre. Alla cena seguirono telefonate e altri incontri. Tra un secondo e un contorno, c’è sempre spazio per parlare delle candidature in Campania dove Caldoro andava ostacolato e dell’affare eolico in Sardegna dove servivano leggi specifiche e “lubrificazioni” varie.

E gli indagati oggi cosa rispondono? Il giudice Martone si è ritirato in pensione ribadendo “con forza di non aver mai fatto pressioni sui giudici della Corte Costituzionale”. Flavio Carboni, già processato 28 volte e condannato una volta sola a 8 anni e sei mesi per bancarotta fraudolenta nel crac del Banco Ambrosiano, ha dichiarato: “sono il più assolto d’Italia. Ne uscirò pulito anche questa volta”. Verdini è stato perentorio: “non ho fatto mai nulla di illecito in vita mia”.

Gli effetti dello scandalo stanno spaccando il Pdl. E mentre sono stati messi in silenzio (che fine hanno fatto??) i casi legati all’ex ministro Claudio Scajola e al capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, la bagarre si è accesa dopo la richiesta da parte del finiano Italo Bocchino di dimissioni da parte di Verdini e di Cosentino. Ad una richiesta di chiarezza è corrisposta una valanga di veleno da parte dei vertici del Pdl. Il commento più leggero è stato quello del poeta e ministro Sandro Bondi che ha giudicato “nefasto” il ruolo di Bocchino nel dibattito politico. Quindi Bondi insieme a Cicchitto, in una nota congiunta, ha definito le dichiarazioni di Bocchino di “una gravità inaudita” (?)

Il distacco dalle regole e dal buon senso è ai massimi termini. È una “gravità inaudita” richiedere le dimissioni di due indagati per illeciti o fare illeciti? Per il Pdl l’enigma è troppo facile da risolvere!

“Un altro buon motivo per dire che siamo al capolinea di questa alleanza”, così Pier Luigi Bersani ha commentato l’ennesima rissa tra le fila della maggioranza in un’intervista rilasciata a la Repubblica. “La resa dei conti tra di loro è cominciata e non si fermerà. E mentre continuano le lacerazioni, le gravi questioni socio-economiche del Paese non vengono affrontate. Berlusconi si limita a galleggiare, a rimuovere i problemi. Questo mentre l’Italia ha bisogno di uno sforzo per cambiare e riprendere la strada della crescita, per lasciare qualche prospettiva alle nuove generazioni”.

“Certo a noi il Watergate ci fa un baffo! – ha continuato Bersani – Strutturalmente malcostume e corruzione sono mali endemici. Qui, però, all’ombra del potere politico-mediatico di Berlusconi, si sono creati dei meccanismi laterali alle amministrazioni. La legislazione speciale, le eccezioni alle regole per una nobile causa, sono diventate l’autostrada per la corruzione. Adesso sta alla magistratura districare la matassa, individuare i millantatori e gli attori protagonisti”.

Verdini dovrà lasciare? “Non c’è nemmeno bisogno di dirlo. Un responsabile politico di partito deve trarre le conseguenze da una situazione così. Poi se il partito vuole farsi raffigurare con il volto di Verdini, affari loro. Sinceramente mi preoccupo di più quando apprendo delle manfrine esercitate su organi istituzionali e delle pressioni messe in atto sul programma per gli interventi pubblici. Anche qui bisogna affidarsi ai giudici”.

Per Rosy Bindi, presidente dell’Assemblea nazionale del Pd, “la maggioranza è allo sbando, percorsa da faide interne e da una gravissima questione morale. Il governo non è in grado di affrontare i problemi del Paese e garantire un’uscita dalla crisi nel segno dell’equità e della giustizia. Lo dimostra anche la blindatura con l’ennesimo voto di fiducia di una manovra fatta solo di tagli che ridimensiona le politiche sociali e deprime le possibilità di sviluppo. E’ evidente che questo governo se ne deve andare. Ma è altrettanto evidente che non si possono immaginare governi delle larghe intese o di salute pubblica con i protagonisti di questo fallimento, da Berlusconi in giù. Non sarebbe serio e non sarebbe utile all’Italia. Il nostro compito è costruire l’alternativa a questa maggioranza, per evitare che il Paese soccomba alla crisi economica e per fare le necessarie riforme istituzionali, a cominciare da una nuova legge elettorale”.

Il Pd non sta con le mani in mano davanti allo scandalo che ha colpito il Pdl e ha presentato un’interrogazione urgente alla Camera in cui si chiedono le dimissioni di Cosentino e Caliendo, e se queste non arrivassero il Pd presenterà una mozione di sfiducia. “Sembra di essere alla fine di un impero in cui tutto crolla e soprattutto in cui cala il livello di rigore che ogni uomo politico deve sempre mantenere. Per questo noi riteniamo che i sottosegretari Caliendo e Cosentino debbano andarsene via immediatamente, debbano dimettersi”. Lo ha dichiarato il capogruppo del Pd alla Camera, Dario Franceschini.

“Se non si dimetteranno – ha detto Franceschini – noi non esiteremo a ricorrere a tutte le vie parlamentari per portare a questo risultato. Secondo i regolamenti della Camera una mozione di sfiducia si può presentare solo contro un ministro, e va immediatamente discussa in aula. Si può però presentare una mozione in cui si chiede al Governo di far dimettere il sottosegretario, e va calendarizzata in Aula secondo i tempi di una normale mozione”.

“Noi intanto – ha concluso Franceschini – abbiamo presentato un’interrogazione urgente per il Question time di domani in cui si chiedono le dimissioni. Se queste non arriveranno spiamo pronti alla mozione di sfiducia assieme a tutti quelli che la vorranno fare”.

Andrea Draghetti

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Di seguito l’articolo de La Stampa con i testi delle intercettazioni sulla cricca

“Ci vediamo da Denis ti farò fare il ministro”
Nelle carte dei pm il tentativo (fallito) di aggirare il sottosegretario Letta
di Francesco Grignetti

La combriccola di Flavio Carboni aveva modi curiosi, naïf, goffi. Ma intanto, eccola all’opera. E’ il 1° febbraio quando il signor nessuno Pasquale Lombardi, il presunto giudice, uno che tutti negano di conoscere o quantomeno di considerare, chiama il centralino di palazzo Chigi e si fa passare la segretaria particolare di Gianni Letta, la signora Coletta. «Pronto, signora bella come state?». «Buongiorno, bene, lei?» La signora sbuffa e sembra troncare. Lui è implacabile: «Mi..mi..mi dia ascolto un attimino .. . Siccome il giorno tre mercoledì … io non ce la faccio a parlare .. si farà il presidente della Corte di Appello di Milano … O …… lui dovrebbe chiamare subito a Carbone .. Carbone è il presidente della Cassazione .. io già gli ho parlato anche a Carbone .. però se lui mi rafforza questa segnalazione che ho fatto io… ( ) … con Carbone e anche Berruti… ( ) … il… il quale non lo può vedere».

Di questo fantomatico incontro con Gianni Letta non c’è traccia. C’è semmai un lungo vano inseguimento. La combriccola cerca di agganciare in tutti i modi il sottosegretario alla Presidenza. Alla fine di una conversazione telefonica con un consigliere del Csm, Cosimo Maria Ferri, sempre più indispettito dai modi di Lombardi: «Ti dicevo… vogliamo arrivare un po’ da Gianni Letta… me e te, un giorno e’ chist». Un giorno di questi. Ferri gli ribatte a brutto muso: «Noo!». Lombardi: «Che dici?». Ferri: «No, no, no».

Sembra tutto da ridere. Però poi Marcello Dell’Utri apparecchia le cose con Flavio Carboni. Insieme organizzano il pranzo del 23 settembre a casa Verdini con diversi alti magistrati per parlare di Consulta e Lodo Alfano. Flavio: «E poi noi … Ma non si pranza lì con lui?». Marcello: «Sì. Si pranza. Come no».

Flavio: «Sì… allora, cosa gli dico a loro? Via … ?»
Marcello: «Piazza Aracoeli».
Tra Carboni e Dell’Utri si parla di politica a tutto tondo e della candidatura di Cosentino che a un certo punto traballa.
Dell’Utri: «Quella cosa lì.. Non è così scontata, purtroppo… sembra».
Carboni: «No. Per nulla da quel che m’hanno detto».
Dell’Utri: «No, per nulla… eh ancora non è decisa, però siccome il Presidente va a Benevento domenica…».
Carboni: «Domenica, sì infatti».
Dell’Utri: «Allora si aspetta che parli direttamente con Nicola».
Carboni: «Ecco sì. Si incontreranno con Nicola?».
Dell’Utri: «Si incontreranno… e lì si chiarirà».
Carboni parla da pari a pari con Denis Verdini: «Uè caro Denis, ciao».
Verdini: «Ciao».
Carboni: «Ecco ti chiamo, non t’avrei disturbato, prima non ho parlato ancora né con Ugo, né coso, perché non mi rispondono e io quindi non posso telefonicamente, ma la telefonata ha… ha anche un’altra cosa, vedo domani, spero di incontrarvi, io domani devo firmare il contratto».
Verdini: «Si, vabbene».
Carboni: «Seconda cosa, mi ha chiamato uno degli amici che hai incontrato avant’ieri».
Verdini: «Sì, sì».
Carboni: «Ecco quello lì … dicendo che va benissimo il Nicola Cosentin… eh, capito».
Verdini: «Bene perfetto».

Il 10 ottobre è Nicola Cosentino a chiamare per cercare appoggio. «Dice al Martino – riferiscono i carabinieri nelle loro informative alla magistratura – di aver parlato con il Verdini che gli ha riferito che il presidente preferisce quale candidato per la Presidenza della Campania il Caldoro. Aggiunge che lui in serata si incontrerà con il Verdini a Pietralcina».

Saranno pure goffi e pasticcioni, insomma, questi accoliti di Flavio Carboni. Ma intanto dimostrano di avere una presa, un’influenza, un ruolo nel dietro le quinte della politica italiana che è assolutamente sorprendente. Da un colloquio tra Cosentino, che chiede lumi, e Pasquale Lombardi: «E’ iut buono pecchè noi li abbiamo ricattati (E’ andata bene perché noi li abbiamo ricattati)». E mentre Cosentino mugugna, Lombardi chiarisce: «Pecchè se n ‘te fànn a te, eh, pulito pulito… e mi pare che così dovrebbe andar bene… mo c’avess avut già chiamà e chiamare pure te ma jino a questo momento forse nun ci sta u Cavalier (perché se non ti fanno a te pulito pulito… e mi pare che così dovrebbe andare bene… ora ci avrebbe dovuto già chiamare e chiamare pure te… ma fino a questo momento forse non ci sta il Cavaliere)».

Un’altra volta è Giacomo Caliendo, il sottile sottosegretario alla Giustizia, l’uomo che sta materialmente redigendo la legge sulle intercettazioni, magistrato prestato alla politica, a rivolgersi quasi umilmente a Lombardi, che lo apostrofa così: «Questa è una cosa molto importante. Ormai guagliò ti è spianata la via per i’ a fà o’ ministro, o’ vuoi capiscere o no?». Ti abbiamo spianato la strada per diventare ministro.

Caliendo è tra chi ha partecipato alla famosa riunione di casa Verdini. C’è anche il giudice Martone. Ed è a lui che Lombardi dice: «Noi abbiamo parlato di quelli che stanno al vertice di quel coso lì (la corte costituzionale, ndr), no? Io farei una ricognizione, i favorevoli e i contrari, poi vediamo come bisognerà per vedere di raggiungere i contrari». E Martone, per nulla stupito della richiesta: «Ah, va bene, okay, d’accordo».

Subito dopo quella conversazione, è Flavio Carboni a chiamare Marcello Dell’Utri: «Io sto procedendo – gli dice – e credo che si possa, che… potrà avvenire ciò che si è detto». Dell’Utri: «Dimmi, dimmi…». Per concludere: «Comunque è stato un ottimo incontro». E Carboni: «Ecco, questa è la parola che più mi fa piacere…. Va bene amico mio…». Dell’Utri: «Benissimo, aspetto». Carboni: «Ti do un abbraccione. Ti informo».

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