economia, politica italiana

"Visco: dal governo misure insufficienti", di Laura Matteucci

Su numeri così limitati non è poi molto difficile fare indagini. Del resto anche noi, in passato, avevamo scovato persone cui erano intestate fino a 200 automobili: sicuri prestanome, insomma. Ma il problema vero resta un altro: che l’evasione fiscale in Italia è un fenomeno di massa, e che la volontà politica per – almeno – ridurla drasticamente non c’è». L’economista Vincenzo Visco, più volte ministro per il centrosinistra, torna su un tema sul quale ha focalizzato la sua battaglia politica a partire dal dato-simbolo dell’associazione Contribuenti.it: ville per vip intestate a nullatenenti o a pensionati con la social card, «prestanome di facoltosi imprenditori, per evadere le tasse», dice l’associazione. Al di là di questo dato, peraltro come dice lei facilmente accertabile, qual è la situazione oggi? Secondo il governo l’evasione è diminuita. «Tutti i dati statistici, compresa la relazione della Banca d’Italia, dicono l’opposto. Anche gli industriali hanno posto con forza il problema, parlando di 124 miliardi di gettito evaso all’anno, in altri termini 8 punti di pil. E la base imponibile vale quasi il doppio. Ormai le stime sono convergenti. Del resto, è fisiologico: se non c’è un’adesione di principio alla lotta all’evasione – e con questo governo non c’è – non può che riprendere. La situazione in Italia è nota a tutti. Il problema è che non c’è mai la necessaria continuità di gestione per debellare l’evasione una volta per tutte. Durante i governi di centrosinistra le cose erano effettivamente cambiate, ma ci sarebbe stato bisogno di più tempo per stabilizzare i risultati. Una battaglia di questo genere necessita di strategie di lungo periodo, anche per avere un apprezzabile ritorno in diminuzione delle tasse. Tra il 1996 e il 2000 i dati pubblicati dimostrano che è stata ridotta di 10 punti, poi ha ripreso, ed è diminuita di nuovo nel 2007. Dopodiché hanno smesso di pubblicare le statistiche». Tremonti è tornato sui suoi passi, ripristinando alcune misure del governo Prodi che aveva subito cancellato. La manovra viene annunciata come un giro di vite per gli evasori: basta così? «Ci sono stati di recente dei segnali politici di adesione a misure che avevamo realizzato noi, ma di fatto piegate in modo tale che la gran massa dei contribuenti ne resta esclusa. Penso alla soglia della tracciabilità, innanzitutto, che è molto alta. Penso anche ad alcuni episodi eclatanti di lotta all’evasione. Segnali politici, appunto, ma dal punto di vista operativo nulla di davvero significativo. Segnali dettati dal fatto che la manovra pesa su alcuni settori soltanto, con i quali il governo cerca quindi di ravvivare il consenso. Hanno riabilitato delle politiche del centrosinistra che prima avevano demonizzato. Ma per riprendere una battaglia seria avrebbero dovuto ripristinare tutte le nostre misure, compresi gli investimenti in strumenti e persone negli uffici dedicati agli accertamenti. Perché il punto è lì: ci sono redditi tracciati, e alti no. Ma questo avrebbe avuto ripercussioni politiche micidiali, e ovviamente non è stato fatto». Il governo della deregulation ha trovato un nuovo filone: azzerare le autorizzazioni ambientali per chi costruisce. «Io non credo che il punto sia mettere troppi vincoli preventivi, in autorizzazioni e certificazioni. A patto però arrivi il momento dei controlli seri. Il rischio, invece, è che in tema di costruzioni di controlli non ne facciano mai: né prima, né dopo».

L’Unità 12.07.10