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Bersani: "Il berlusconismo è finito. Democratici manteniamo i nervi saldi"

L’Unità intervista Bersani a Washington: “La corruzione infetta le istituzioni, il Paese è senza guida. Teniamo la barra di un’opposizione ferma e guardiamo alle forze più responsabili”. «Ai democratici dico: nervi saldi». Pier Luigi Bersani guarda con preoccupazione ai «gravissimi fatti di corruzione che stanno infettando le istituzioni e i luoghi di governo». Ora spunta “Cesare”, quello che tutto sapeva. Il leader del Pd sottolinea che al di là dei nomi di Nicola Cosentino, Denis Verdini, Claudio Scajola e di tutti gli altri invischiati in questa torbida vicenda che passa per l’eolico sardo, gli appalti per il G8 e vecchie e nuove logge segrete, quel che ormai è chiaro è che «sotto l’ombrello dell’imperatore si sono creati dei meccanismi quasi feudali, con vassalli, valvassori e valvassini che hanno ritenuto di potersi muovere avendo in mano un pezzo di potere e giostrandolo anche al di fuori dei circuiti istituzionali». Siamo arrivati, dice il segretario del Pd, a «un punto critico». E alle «forze più responsabili del centrodestra» lancia un appello: «Riconoscano che il Paese è senza guida, che non si sta facendo nulla per gli italiani, che non si può andare avanti per mesi e mesi in queste condizioni».

Bersani si ritaglia una pausa tra gli incontri previsti dall’agenda statunitense per parlare di quanto sta avvenendo in Italia. «Anche qui mi stanno chiedendo cosa succede, il tema ha già oltrepassato i nostri confini», dice il leader del Pd dopo un colloquio al Dipartimento di Stato di Washington per discutere della situazione in Afghanistan con il vicedirettore delle operazioni Nato Carleton Bulkin e prima di un incontro per parlare di crisi economica con Phil Gordon, del Bureau per gli affari europei ed euroasiatici.

E lei che risponde, a chi le domanda cosa succede da noi?
«Che una brutta fase presto si andrà chiudendo, perché da ogni punto di vista la si guardi è ormai evidente che più si allunga e peggio è. E che tutto quello che si sta vedendo non si sarebbe visto senza un ruolo dell’opposizione, sia per quel che riguarda il distacco sui temi sociali tra il centrodestra e il paese, sia per quel che riguarda la difesa del tema democratico, civile, della legalità».

E lei dice che questa volta è diverso dal passato, da tutte le volte che avete parlato di berlusconismo al tramonto?
«A questo punto è innegabile che siamo al secondo tempo del berlusconismo, una fase in cui il meccanismo populista si scontra con la realtà, con l’incapacità a fare le riforme necessarie e a parlare con sincerità al paese. Questo governo ha dimostrato di non essere in grado di proporre interventi e misure per far fronte alla crisi che abbiano carattere di equità e condivisione. Ha dimostrato di avere in disprezzo le regole democratiche, di volere un Parlamento succube, di pensare di poter attaccare impunemente le istituzioni dello Stato e gli organi costituzionali, di non sopportare la libertà di stampa. E ora siamo arrivati a una fase in cui l’intero impianto tocca un punto critico».

Di fronte al quale Berlusconi reagisce denunciando il clima “giacobino e giustizialista”: che farà a questo punto il Pd?
«Berlusconi può tentare il colpo di coda, tentare una chiamata alle armi contro il nemico, che di volta in volta sono i magistrati, i comunisti, i giacobini, i giustizialisti, con l’idea di farla franca e di sottrarsi alle sue responsabilità e ai suoi fallimenti. Il Pd farà una ferma opposizione, tenendo assieme questione sociale e questione democratica, in modo da poter muovere uno schieramento di opinione molto ampio. E lo farà sia in Parlamento che in giro per l’Italia, attraverso giornate di mobilitazione sui temi della manovra, della legalità e della libertà d’informazione».

In Parlamento avete comunque di fronte una maggioranza che ha cento voti in più, e posizionamenti diversi di alcune personalità non possono cambiare i risultati, non crede?
«Noi ci rivolgeremo alle forze più responsabili della maggioranza, se ci sono, perché riconoscano che l’Italia è senza guida, che non si sta facendo nulla per gli italiani, che il paese è sopraffatto da continue notizie di fatti gravissimi di corruzione, di infezione delle istituzioni e dei luoghi di governo».

Pensa a una sede e un momento specifici?
«Abbiamo chiesto una discussione al Senato per parlare dello stato della Repubblica. E bene ha fatto Anna Finocchiaro ad avanzare al presidente Schifani questa richiesta, perché siamo di fronte a una crisi sociale micidiale e a una deriva democratica che è sotto gli occhi di tutti. Quella discussione sarà l’occasione, se ritiene la maggioranza, per fare un discorso serio, per chiedersi se sono in grado di governare il paese. Questo è il punto. Si comincia a ragionare da qui in poi, da questo riconoscimento. Dopodiché, qualora ci fosse, la parola non toccherebbe a noi ma al Presidente della Repubblica, e il Pd si comporterebbe come la forza responsabile che è».

Il “riconoscimento” a cui lei fa riferimento prevedrebbe però l’uscita di scena di Berlusconi, cosa che il diretto interessato non sembra intenzionato a mettere nel novero delle possibilità…
«Per noi questo è un punto ineliminabile. Questo è il secondo tempo e un terzo non c’è. Farlo durare a lungo significa soltanto provocare altri danni al paese».

Berlusconi ha vinto le elezioni, ha fatto notare anche il leader dell’Udc Casini…
«Sì, ma ha anche fallito la prova di governo, palesemente, anche se nega l’evidenza».

Berlusconi ha anche negato di aver detto che chi voterà la mozione di sfiducia nei confronti di Cosentino è fuori dal Pdl. Un avvertimento comunque fatto filtrare: pensa che questa prova di forza del premier avrà successo?
«Più che di prova di forza direi che Berlusconi in questo momento ha bisogno di mostrare la forza. Ma questo vuol dire semplicemente che non ce l’ha, che è in una posizione di estrema difficoltà e che reagisce tirando colpi di coda. E sapendo quel che significa il berlusconismo è evidente che non siamo in una situazione qualsiasi. Quindi il nostro compito adesso è tenere i nervi a posto, rimanendo combattivi nel lavoro di opposizione».

Finché le opposizioni si muoveranno in ordine sparso Berlusconi ha meno da temere, non crede?
«Ma infatti adesso dobbiamo anche cominciare ad accorciare le distanze fra le forze dell’opposizione. A questo punto tutte quante devono sentire la responsabilità del momento e non fare la gara a chi va un metro più avanti o più indietro. Tutti dobbiamo sentire la responsabilità di lavorare a un progetto riformatore per l’Italia, perché in tutta questa vicenda il nostro problema principale sarà dare un messaggio positivo al paese, stremato da questa cura berlusconiana».

Parlava di corruzione e infezione delle istituzioni, ora dalle carte dell’inchiesta sulla nuova loggia sembrerebbe che Berlusconi venisse costantemente informato circa le attività della cricca.
«Quel che è certo, guardando ai nomi di Cosentino, Verdini, Scajola e di tutti gli altri, è che sotto l’ombrello dell’imperatore si sono creati dei meccanismi quasi feudali, con vassalli, valvassori e valvassini che hanno ritenuto di potersi muovere avendo in mano un pezzo di potere e giostrandolo anche al di fuori dei circuiti istituzionali».

La corruzione c’è sempre stata, le risponderebbe qualcuno…
«In questo caso siamo di fronte a un salto di qualità molto grave. Le stesse legislazioni speciali sugli appalti sono state l’autostrada per la corruzione. E noi l’avevamo detto già quando le approvarono. Ora ne abbiamo prove a bizzeffe».

Il tema della crisi economica è il punto centrale del viaggio di Bersani negli Usa. Anche se qualcuno l’ha definito per questo un sognatore, il leader del Pd ribadisce come i guasti creati dall’alta finanza devono essere ripagati da quest’ultima. Grande attenzione anche ai rapporti tra Europa e Stati Uniti, tra Italia e Stati Uniti, tra le politiche della destra e quelle dei democratici. Bersani ha spiegato ai suoi interlocutori americani che c’è un’altra Europa e un’altra Italia.

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