attualità, politica italiana

"Il modello Formigoni tra affari e capoclan", di Gad Lerner

Il ciclo ventennale di egemonia della destra sulla regione Lombardia e sul comune di Milano sta degenerando in un esito sorprendente.Su cui il primo a riflettere dovrebbe essere il suo protagonista indiscusso, Roberto Formigoni. Leader politico di Comunione e Liberazione, affiancato sul piano culturale dal medico Giancarlo Cesana che ha sostituito Carlo Tognoli alla presidenza del Policlinico di Milano, Formigoni è il condottiero che ha rovesciato la supremazia del cattolicesimo sociale interpretato da uomini come Piero Bassetti e Giuseppe Guzzetti; mentre nel capoluogo lombardo veniva meno il buongoverno del riformismo socialista.
Qual è il lascito della virata a destra, che dapprima ha portato al potere i militanti integralisti della restaurazione antisessantotto, per poi spartirlo con il populismo della Lega sotto l´ombrello protettivo oligarchico di Berlusconi?
Il risultato è sotto gli occhi di tutti, a partire dal fiore all´occhiello del ventennio formigoniano: il modello lombardo della sanità convenzionata.
È di ieri la notizia che anche il direttore generale dell´Azienda sanitaria di Monza e Brianza risulta coinvolto nell´inchiesta sulle infiltrazioni politiche della ‘ndrangheta, come già il suo collega di Pavia. Entrambi trattavano gli appalti con il capoclan dei calabresi Pino Neri, sostenitore di Giancarlo Abelli (per anni regista occulto della sanità lombarda, prima di assumere l´incarico di vice-coordinatore nazionale del Pdl), fotografato dagli inquirenti insieme al leghista recordman delle preferenze Angelo Ciocca. Questi manager gestiscono centinaia di milioni di budget e sovrintendono a una lottizzazione in cui i ciellini si sono rivelati maestri, quando si tratti di occupare gli incarichi ospedalieri, mentre cedevano spazio agli imprenditori privati nell´incasso delle convenzioni. Lo stesso Umberto Bossi in un primo tempo aveva incaricato un suo uomo, Alessandro Cè, di opporsi a tale andazzo, per poi esautorarlo e adeguarvisi.
Così l´affarismo ha finito per coinvolgere la Compagnia delle Opere, suscitando non poco malessere nelle stesse file cielline. Grazie alle commesse pubbliche è cresciuta una leva di imprenditori sconosciuti ma bene introdotti al Pirellone, come il monopolista delle bonifiche ambientali Giuseppe Grossi, imputato per associazione a delinquere e disposto a versare 17 milioni di euro come patteggiamento per uscire dall´inchiesta. Grossi non è un affiliato di Cl ma è considerato intimo dei vertici del movimento, oltre che sostenitore di Giancarlo Abelli e socio di sua moglie Rosanna Gariboldi.
La destra lombarda ha cavalcato il tradizionalismo cattolico, scontrandosi più volte con i vertici della Chiesa ambrosiana, facendo sue le pulsioni reazionarie di una società impaurita, senza erigere distinzioni di valore e sottomettendosi al senso comune leghista: ben di più premeva a Formigoni consolidare la rete delle “opere” rispetto a quella della solidarietà. Per lo stesso motivo ha lasciato che si sbizzarrissero al suo fianco i politici procacciatori di licenze e appalti, imprenditori in proprio o per conto terzi. Ciò ha contribuito all´affermazione di gruppi di potere famelici contrapposti l´uno all´altro. Le risse intorno all´Expo 2015, l´insignificanza cui è ridotta l´Assalombarda, il prodigarsi dei vari La Russa e Podestà in soccorso a Ligresti, sono solo conseguenze di tale caos che nessuno, tanto meno Berlusconi, è in grado di governare.
Ma la speranza di Formigoni – stipulare un duplice compromesso con la concorrenza politica della Lega e con la spregiudicatezza affaristica dei numerosi clan berlusconiani – lungi dal propiziarne un ruolo di leadership nazionale, oggi lo costringe a fare i conti con una implosione del sistema che gli è sfuggita di mano, rivelando un tasso di illegalità diffusa non più gestibile.
La Lombardia, un tempo considerata locomotiva d´Italia, si scopre epicentro di traffici criminali. Qui converge, grazie alle collusioni della politica, il riciclaggio dei fatturati della ‘ndrangheta e il suo tentativo, in parte già portato a compimento, di penetrare nei gangli dell´economia legale oltre che nei vertici del potere amministrativo. L´inchiesta coordinata dalla Procura della Repubblica milanese scuote il governo del Pirellone, denota una ramificazione dei clan nella società lombarda impressionante, ma non sorprende: alcuni dei consiglieri regionali che intrattenevano rapporti organici con i capobastone erano già sotto inchiesta, ma nonostante ciò avevano ottenuto nell´aprile scorso la ricandidatura perché sono parte organica del sistema di potere. Imprescindibili, altro che semplici mele marce.
Quando, alla fine del mese, si riunirà in seduta straordinaria il Consiglio regionale della Lombardia, con all´ordine del giorno l´emergenza ‘ndrangheta e le infiltrazioni nella politica e negli appalti, alla presenza del presidente della Commissione parlamentare antimafia Giuseppe Pisanu, toccherà a Formigoni trarre le conseguenze di questo bilancio fallimentare.
Il modello lombardo della destra di governo è mortificante sia in termini di valori civili che di servizi resi ai cittadini.

La Repubblica 21.07.10

******

E Formigoni chiese aiuto alla loggia “Marra può far qualcosa per la lista?”, di Emilio Randacio

La «rete» non si poneva limiti. C´era un governatore-amico, furibondo per l´esclusione ordinata dai giudizi dalla competizione elettorale? L´organizzazione si muoveva, attivava numeri di telefono, bussava alle porte degli «amici». E gli interlocutori, sempre, erano uomini dello Stato.
Ecco cosa facevano l´ex assessore regionale napoletano, Arcangelo Martino e il suo presunto complice, il «geometra “Pasqualino” Lombardi, entrambi finiti in carcere l´8 luglio scorso, sospettati di fare parte di un´«associazione segreta» insieme a Flavio Carboni.
Nel marzo scorso, quando la lista di Roberto Formigoni si vede per ben due volte respingere la possibilità di partecipare alla tornata elettorale regionale, mette in moto i sui contatti. «Non appena il Marra – scrivono i carabinieri – ha ottenuto l´ambita carica (2 febbraio 2010, ndr), i componenti dell´associazione gli chiedono esplicitamente di porre in essere un intervento nell´ambito della nota vicenda dell´esclusione». Il primo marzo è direttamente il governatore a interessarsi con Martino, l´ex consigliere comunale napoletano finito in cella l´8 luglio scorso. «Ma l´amico, l´amico, l´amico è in grado di agire?». Martino, ancora una volta lo rassicura: «Si, si, ha già fatto qualche passaggio e sarà lì». L´amico, per gli investigatori, è sopra ogni dubbio proprio il neo eletto presidente di Corte d´appello, Alfonso «Fofò» Marra.
Roberto Formigoni e Arcangelo Martino sono intercettati mentre parlano – secondo i carabinieri – in codice, usando le parole «passeggiate» e «mozzarelle» per alludere ai tentativi di influire sull´esito dei ricorsi e, dopo il loro rigetto, alle pressioni sul ministero della Giustizia affinché inviasse ispettori presso i magistrati milanesi. Immediata la replica di Formigoni. «Le passeggiate erano passeggiate – precisa – e le mozzarelle erano mozzarelle. Io e il mio partito non abbiamo dato alcun mandato né attribuito alcun incarico se non ai legali che abbiamo incaricato ufficialmente».
Ma deve esserci molta agitazione in quei giorni, nei piani alti del Pirellone. Lombardi, per cercare di rassicurare lo stato d´animo dell´amico governatore, muove tutte le pedine che conosce e che ha a disposizione. Per intervenire su Marra, decide allora di chiamare il sostituto procuratore generale, Gaetano Santamaria: «Io ho chiamato Fofò e gli ho detto domani mattina alle undici sto da te e non te movere, perché ammo vedè che sta succedendo… domani arrivo verso le undici e cercasse già di chiamare questi, questi quattro stronzi della commissione elettorale». Poi, Lombardi conclude categorico anche con Santamaria: «Comunque mo´, parla subito con Alfonso». E, il sostituto procuratore generale, obbedisce: «Adesso parliamo con Alfonso». Sono frenetiche e riguardano più soggetti le consultazioni politico-giudiziario che accompagnano l´esclusione della lista dalle regionali. Alle 14 e 51 dello stesso giorno, si muove anche il sottosegretario del Pirellone con delega alla realizzazione del programma, Paolo Alli. E, per la prima volta, fa intuire di un possibile colloquio diretto avvenuto tra l´altro magistrato milanese e la sede della Regione Lombardia (che però non viene documentato).
«L´Alli, che ha da poco incontrato il Lombardi – annotano i carabinieri – , riferisce al Martino che, in base alle valutazioni asseritamente espresse dal presidente (Marra) sui magistrati che compongono il collegio giudicante, non si è per nulla sicuri che la decisione che verrà da essi assunta sarà positiva per loro». Alli, sul punto dice espressamente: «Eh da quello che mi diceva eh, il…, il presidente dice che questi qui sono tre giovani (il collegio che dovrà decidere le sorti della lista, ndr), non si sa che cosa possono decidere, no!?». Nella conversazione non si esclude comunque l´ipotesi di dover ricorre al Tar (come poi è effettivamente avvenuto), in seguito a una sentenza che si è dimostrata sfavorevole per la coalizione di centrodestra.
Il momento è delicatissimo, c´è bisogno di uno sforzo comune. «L´Alli – proseguono nella ricostruzione gli investigatori – riferisce al Martino che il suo capo (evidentemente il Formigoni) riteneva fosse meglio che il Lombardi rimanesse in zona: “Vediamo comunque in ogni caso… il capo diceva se non era il caso che il tuo uomo si fermasse qui. .. eh, perché lui sta qui in zona finché non c´è la decisione”». La disponibilità di mettere l´organizzazione al servizio della causa è totale: «Eh, gliel´ho detto già questo, eh!», replica immediatamente alla cornetta il Lombardi.
Martino, è talmente in confidenza con il governatore lombardo che, il 23 aprile scorso, addirittura si attiva a Roma per capire meglio gli equilibri all´interno della maggioranza. La mancata ispezione al Tribunale di Milano, dopo la bocciatura della Lista Formigoni, convince i due «amici» di una manovra ostile. Formigoni a questo punto «incarica il Martino di effettuare le opportune indagini sul punto “eh, credo anch´io – dice Formigoni -, sarebbe interessante verificare da dove nasce, di chi è questa ostilità … a questo punto, a questo punto a me sembra che è chiaro che la cosa non si fa . .. mi fai sapere per causa di chi e quali sono i motivi, chi è il colpevole? Chi è il mandante e quali sono i motivi?». Martino, ancora una volta, esegue: «Sono già a Roma, mi informo e ti dico».
L´episodio rappresenta forse meglio quelle che sono i metodi dell´associazione. «Lo scopo dell´attività – si legge tra le carte dell´ordinanza – è quello di far acquisire all´associazione, nei casi in cui gli obiettivi perseguiti vengano raggiunti e i magistrati che hanno commissionato l´attività di interferenza ai membri del gruppo ottengano l´incarico ambito, uno straordinario strumento». Secondo l´accusa, in questo caso, il «protetto» è stato nientemeno che il governatore della Lombardia, Roberto Formigoni.

La Repubblica 21.07.10