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La manovra più iniqua mai vista

“Tremonti aveva detto che non ci sarebbe stata alcuna correzione di bilancio nel 2010: c’è stata invece una manovra da 24 miliardi, che non è efficace sul fronte delle entrate, penalizza gli investimenti e i redditi medio-bassi e lascia intatti i grandi patrimoni. E’ la manovra più iniqua che abbia mai visto e ne ho viste parecchie”. Così Pier Luigi Bersani, ospite a SkyTg24 Economia condotto da Sarah Varetto attacca quello che definisce come il dominus del governo, “l’unico che oggi comanda, il vero capo del governo”.
Poi sottolinea come “in un comma si allunga l’età pensionabile di un anno, mentre vengono sottratte risorse agli Enti locali con inevitabili ricadute negative sui servizi da offrire ai cittadini. Magari il ministro dell’Economia e il premier non ne usufruiscono ma il problema c’è, per tutti gli altri”. Ironia della sorte, nella Finanziaria che sarà votata (previa blindatura da parte dell’esecutivo) alla Camera, ci sono alcuni provvedimenti, come quello relativo alla tracciabilità dei pagamenti, che sono eredità dei governi di centro-sinistra. Bersani lo rivendica: “Tremonti aveva di fatto annullato l’efficacia della tracciabilità portando la soglia a 12.500 euro. Adesso che il limite viene di nuovo abbassato, chi pagherà per tutte le entrate non realizzate dal fisco? I miliardi che abbiamo perso in tre anni chi li paga? Di tasca sua Tremonti?”. In più, ha rilevato il leader del Pd, ci sono altre misure di cui Tremonti avrebbe potuto discutere accogliendo le proposte del PD, che eviterebbero di attuare nuovi e dolorosi tagli: “le nuove liberalizzazioni, la vendita all’asta delle frequenze lasciate libere dopo l’adozione del digitale terrestre, come si f anel resto d’Europa. Ci farebbe incassare almeno 2 miliardi. Tutto vanificato dall’ennesimo voto di fiducia”.
Per ripartire, ha osservato Bersani, “il Paese ha bisogno di politiche economiche di maggiore equità: spostare il carico fiscale dal lavoro alle rendite finanziarie, introdurre nuove liberalizzazioni, riprendere a discutere sui problemi veri evitando questioni infinite come quella iniziata e non ancora conclusa sul ‘ddl intercettazioni’. La manovra che approderà alla Camera – ha ribadito il leader del Pd – è una manovra recessiva perché inibisce consumi e investimenti. Mettono al riparo solo chi se la cava giá da solo e non, aiutano l’economia, perchè il ricco non può mangiare 10 volte al giorn ”.
Berlusconi, del resto, sta perdendo consensi. “È la conseguenza – ha osservato il segretario del Pd – del restringimento degli spazi di discussione, che portano alla disaffezione dei cittadini verso la politica e, in definitiva, a un restringimento della democrazia. Da parte nostra – ha detto Bersani – lavoreremo ancora di più per saldare la questione sociale alla questione democratica: non si dica che siamo a corto di proposte, però. Basti pensare all’’udienza-filtro’ prevista dagli emendamenti al ‘ddl intercettazioni’: l’avevamo proposta noi, ma il centro-destra l’aveva bocciata, salvo poi servirsene al momento ‘giusto’”.
E su un eventuale “governo di larghe intese”, Bersani ha precisato di non essersi “mai espresso in quei termini. La realtà è che il Paese è fermo perché è fermo l’esecutivo, dopo soli due anni di attività. Siamo disposti ad aprire una fase di transizione, caratterizzata da una nuova legge elettorale e una maggiore equità nelle politiche economiche”. Sull’ipotesi di voto anticipato, Bersani ha concluso dicendo che “conoscendo Berlusconi, sarebbe nient’altro che una forma di ricatto. Ma andando avanti così, al 2010 non ci si arriva”.

C’è tempo anche per una domanda sull’inchiesta sulla P3: “Certo, qualcosa di inquietante c’è e non è rubricabile solo come questione morale”. Bersani sottolinean che nelle inchieste che coinvolgono esponenti della maggioranza “c’è un fatto nuovo, nel meccanismo del ghe pensi mi, dell’imperatore, si determina una rete di contatti formali o informali, che fanno operazioni fuori dai canali, aiutati dalle legislazioni speciali che sono state cavalcate da questo governo, e basate sull’idea che le regole esistono in quanto derogabili”.

E sui voti che un anno mancarono in Aula quando si trattavano le dimissioni di Nicola Cosentino è netto: “Quello secondo me fu un gesto sbagliato, ma eravamo anche in altre condizioni dal punto di vista delle cose che erano emerse. Ora ci sono cose molto piú
chiare ed evidenti che non riguardano solo quei temi e mano mano emergono fatti per i quali bisognerebbe avere comportamenti coerenti”.

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