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«Così l’università muore Non è un’azienda ma un vessillo di cultura», intervista a Umberto Mura

Umberto Mura, 63 anni e 40 di anzianità professionale, è il preside della facoltà di Scienze Matematiche Fisiche Naturali all’Università di Pisa.
Ha scritto una lettera aperta per denunciare le «insostenibili limitazioni finanziarie e di prospettiva imposte dalle scelte scellerate » del governo,ma anche il «silenzio istituzionale» del suo ateneo dove tutte le facoltà (tranne una) hanno lanciato l’allarme.
Professore, cosa succede all’università italiana? «Da tempo, perché l’onda lunga arriva dal governo precedente, c’è un’indiscriminata azione di distruzione di quanto di buono esiste nell’università. Non nego che ci siano dei guai nelle pieghe dell’accademia, ma si sta facendo di tutta l’erba un fascio». In che modo? «Attraverso una disinformazione da cui usciamo malconci. I docenti devono vergognarsi? Io entro alle 8,30 ed esco alle 20,30, e come me tantissimi. E senza cartellino. Che gran privilegiati, direbbe il ministro Brunetta. Invece siamo dei fessi che non fanno vita beata». Il consiglio di facoltà teme che a settembre ci siano corsi di laurea impossibilitati a partire, con offerta didattica insufficiente o inadeguata. Sarà così? «Io, da vero masochista, spero che tutto si risolva per i ragazzi e le famiglie. Ma il pericolo è concreto, e sarebbe il primo danno per la società civile di questi tagli. Vogliamo ridurre costi e risorse a scapito della didattica o mantenere il peso del nostro ateneo? Il problema è la rivolta dei ricercatori? «Ci sono ricercatori,giovani o miei coetanei, ai quali si chiede di far parte dell’organico quando fa comodo ma per raggranellare un po’ di soldi si licenziano ». Lei sottolinea «l’indisponibilità» a «interventi di volontariato in emergenza ». Quali? «I ricercatori sono stufi di assumersi la responsabilità di corsi di studio,che non gli compete. E i docenti di superare non le 70 ore richieste dalla legge male 120imposte dall’ateneo. L’opinione pubblica deve rendersi conto che c’è un grosso problema di personale ». E’ questione di rapporto tra carichi di lavoro e stipendi della categoria? «No, di dignità delle persone. Io sono orgoglioso di Pisa: è un’università tosta, dove si lavora e si tiene alla qualità dei corsi. Eci vogliono persone di qualità, impegnate e motivate ». Al di là di Pisa? «Le università stanno lentamente morendo. Ogni giorno chiudono aree e settori. Senza soldi non c’è turn over. C’è una riduzione galoppante del fondo di finanziamento ordinario. Stipendi bloccati. Come facciamo ad assumere in queste condizioni? » Nessuna sanatoria per i ricercatori, ma regole certe e stipendio più alto. Che ne pensa? «La nuova figura del ricercatore a tempo determinato assunto dopo due contratti prefigura un precariato di lusso. Ipotesi accettabilissima per il futuro, purché ci siano i soldi, ma cosa ne facciamo delle migliaia già esistenti?La riforma crea una corsia preferenziale per i “nuovi” gettando le basi per un’altra guerra tra poveracci». E’giusto pensare a borse di studio per I meritevoli slegate da reddito e condizione sociale? «Così il diritto allo studio diventa diritto a indebitarsi per studiare. Il prestito d’onore va bene in altri Paesi, qui senza prospettive occupazionali diventa difficilissimo restituirlo. Si profila un modello dei figli di papà, dove studia chi può permetterselo». Prof in pensione a 65 anni: baroni addio? «Pannicelli caldi. Baronie e clientelismi non dipendono solo dall’anagrafe. Come il concorso unico funzionerà se le commissioni valuteranno i candidati migliori. Il punto è l’etica e la moralità delle persone coinvolte. Negli Usa prima di assumere c’è un faccia a faccia, altro che buste chiuse senza nome…» Non le piace l’ateneo-azienda? «Noi non produciamo e vendiamo. E’ illogico pensare che l’investimento culturale abbia un ritorno immediato. Con colleghi inglesi ho progetti comuni ma un decimo degli stanziamenti: se il livello scende troppo, non recupereremo più. L’anno prossimo la nostra Antropologia sarà costituita da un ricercatore e zero associati: si chiude una nicchia che ci vorranno anni per ricostruire». Potete federarvi con un’altra struttura…. «In assenza di alternative lo faremo. A Biologia abbiamo messo il numero chiuso, non abbiamo laboratori per 700 matricole. Ma ricordiamoci che le università forti sono quelle che sentono identità e appartenenza. Non perché sono aziende ma perché portano un vessillo culturale».

L’Unità 23.07.10

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“La chiamano riforma, sono tagli. Il Senato vota, atenei in rivolta”, di Iolanda Bufalini
Paese reale paese legale, nel paese reale 26.000 ricercatori coprono, assolvendo un compito che non compete loro, il30%degli insegnamenti universitari. In quello legale si discute una riforma del ministro Gelmini, ieri in Aula al Senato, che afferma alcuni principi condivisi e li nega subito dopo: autonomia e responsabilità , diritto allo studio, una percentuale di almeno il7per cento dei fondi assegnati sulla base di un principio valutativo naufragano sotto i colpi d’ascia di Tremonti. Per far partire una riforma ci vorrebbe una dote, invece la manovra prevede il taglio di un miliardo e 300 milioni per il 2011. Il risultato è che la fascia più debole ma anche più essenziale al funzionamento degli atenei è in rivolta, soprattutto nelle sedi più qualificate, da Bologna a Firenze, a Pisa, a Modena- Reggio Emilia.E l’inizio del prossimo anno accademico a rischio. Una corsa contro il tempo: il ministro vorrebbe il voto in Senato prima della chiusura estiva, per essere pronta al passaggio alla Camera in autunno.
DOPPIA PENALIZZAZIONE Per i ricercatori c’è il danno e la beffa. non si potrà fare i ricercatori per non più di sei anni. È una misura – sostiene il ministro – che dovrebbe aprire ai giovani, senza chance d’ingresso, «non tutta la ricerca – sotiene Maria Stella Gelmini – deve concludersi con la carriera universitaria». Bel discorso virtuale, nel paese reale i ricercatori sono fra i 40 e i 50, sostituiscono i prof nella docenza da anni e da decenni. È il cane che si morde la coda da un quarantennio nella storia dell’università italiana. La beffa viene dalla manovra che blocca gli scatti di anzianità: èuna imposta progressiva al contrario che dura per l’eternità: oltre il 37per cento di decurtazione per i giovani, intorno al 6 % per chi è a fine carriera. Di qui lo slogan della “Rete 29 aprile” che raccoglie la maggioranza dei ricercatori: «Tremonti tassaci», una tassa non è per sempre ma per l’emergenza. Lo stesso relatore di maggioranza Giuseppe Valditara chiede che gli scatti, «già restituiti ai magistrati, siano ripristinati per gli universitari».
OPPOSIZIONE Ci sono due emendamenti del Pd finalizzati agli obiettivi del ringiovanimento e del risparmio: anticipare il pensionamento dai 70attuali ai65anni e istituire una sorta di intra moenia per gli atenei, con una quota di proventi professionali che vada all’università. Ma c’è da considerare che i soldi risparmiati con il pensionamento dei baroni non si trasformeranno in risorse per gli atenei: il 50% dei risparmi finirà nelle casse del Tesoro.
A SORTE Il ddl Gelmini modifica profondamente il meccanismo dei concorsi: una commissione composta da quattro ordinari estratti a sorte e da un professore di un paese Ocse selezionerà i candidati all’abilitazione, gli atenei attingeranno dalla lista unica nazionale che si sarà così formata. Ma non tutti gli atenei potranno permettersi di reclutare forze nuove, soprattutto con gli attuali chiari di luna.
QUOTA 90 Se il disegno di legge non verrà modificato, saranno penalizzati gli atenei che spendono il 90 per cento dei loro fondi in stipendi perché non potranno bandire concorsi. e l’Anvur (Agenzia nazionale di valutazione dell’università) deciderà a quali atenei virtuosi assegnare il 7% di fondi in più.
RESIDENZE In teoria dovrebbe essere incentivato il numero delle residenze universitarie e delle borse di studio: ferme restando quelle assegnate in base al reddito vi dovrebbero essere assegni e debiti d’onore per gli studenti più bravi. Anche qui – per dirla parafrasando lo slogan di un noto immobiliarista – la solida realtà dei tagli si scontra con i sogni.

L’Unità 23.07.10