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Fiat, dov'è Berlusconi?

Il tavolo per la Fiat è stato convocato, ma per il governo non ci siede chi dovrebbe esserci, cioè Silvio Berlusconi (assente non giustificato) e il ministro dello Sviluppo Economico (sempre assente non giustificato, sempre lui per via dell’interim…).
Come spiega Stefano Fassina, responsabile Economia e lavoro del PD, per affrontare seriamente la strategica vicenda Fiat, sarebbe necessario centrare il confronto sulla politica industriale e, in particolare, sulle politiche per il settore automotive: “Che c’entra il ministro del Lavoro Sacconi? Finora, Sacconi è stato un ultras dell’attacco ai diritti dei lavoratori e della divisione sindacale. Inoltre, lui e il suo ministero non hanno le competenze e le deleghe adeguate per gestire il tavolo sul futuro Fiat, a meno che il tavolo debba servire a ridimensionare l’occupazione e ad aprire procedure di cassa integrazione. Non vogliamo credere che sia così. Dov’è il ministro dello Sviluppo economico? In nessun grande Paese avanzato un progetto industriale della rilevanza di Fabbrica Italia è stato affidato al Ministro del Lavoro. In Francia, è intervenuto Sarkozy, in Germania la Merkel, negli Usa Obama. Dov’è Berlusconi? E’ possibile che si continui a occupare soltanto degli affari suoi, bloccando da mesi il Parlamento per discutere di intercettazioni?”.

Anche Cesare Damiano la pensa così: “Il governo non può soltanto essere spettatore e convocare, in ritardo, dei tavoli. Deve essere, come altri governi, a partire da quello degli Stati Uniti, attore fondamentale e deve sostenere i fattori di innovazione e di qualità di questo settore strategico. Non basta il ministro del Lavoro, qui non si tratta di ricercare nuovi ammortizzatori sociali ma di individuare precise scelte di politica industriale a tutela dell’occupazione”.

E’ un momento delicato, per questo tutto il gruppo dirigente del Pd torinese era questa mattina all’alba alla porta due di Mirafiori in Corso Pazzoli per testimoniare la ferma iniziativa del Pd per la difesa del lavoro e dello sviluppo dell’industria automobilistica, per lo stabilimento di Mirafiori e non solo. “E’ un momento grave per la vita della città, a poche ore dall’apertura del vertice torinese che verificherà la fattibilità vera del progetto ‘Fabbrica Italia’. La senatrice Magda Negri, che questa mattina ha partecipato all’iniziativa ricorda come “Torino e il Piemonte già negli anni precedenti hanno anticipato parti di questo progetto con l’acquisto di aree Fiat eccedenti e la concentrazione di ingenti risorse per la ricerca applicata all’auto. E’ compito ora della politica tutta, dimostrare che non solo l’Italia ha bisogno della Fiat, ma anche la Fiat dell’Italia”.

LE RICHIESTE PRESENTATE DAL PD, TRA CUI LA RICHIESTA DI CONVOCAZIONE DEL TAVOLO NEL NOSTRO ARTICOLO PRECEDENTE DEL 22 LUGLIO:

La Fiat sposta la produzione in Serbia?
“Ho trovato sorprendente questo annuncio”. Così il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, commenta l’annuncio da parte di Sergio Marchionne di voler portare la produzione della nuova monovolume sull’altra riva dell’Adriatico. “Non ho capito perché dice una cosa del genere: le condizioni che trova all’estero le trova anche a Torino – ha osservato Bersani -. E’ la città che in Italia ha più cultura industriale. Da un secolo a questa parte ha affrontato di tutto, da problemi organizzativi a crisi industriali. La vicenda merita un chiarimento. Non si può fare spallucce. Del resto la Fiat si chiama Fabbrica italiana automobili Torino. Il punto di partenza resta questo”.
Ipotesi da non prendere alla leggera: l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, vede nella Serbia uno dei futuri luoghi di produzione per la casa automobilistica torinese e ad essere sacrificati sarebbero nientemeno che le maestranze e gli stabilimenti di Mirafiori.

Bersani, che proprio ai cancelli della fabbrica volle chiudere la campagna elettorale per le regionali 2010, è tra i primi a non starci e a richiamare il governo alle sue responsabilità: “Serve l’immediata convocazione di un tavolo sulla Fiat perché è in atto una dispersione delle risorse industriali del nostro Paese”. Serve un “tavolo” che affronti la vicenda Fiat, indotto compreso, perché l’Italia non può permettersi di affrontare un capitolo così delicato per l’economia del Paese con quattro dichiarazioni e sarebbe anche bene nominare finalmente “uno straccio di ministro dello Sviluppo”. Il segretario del Pd oggi ha parlato ai giornalisti della vicenda Fiat: “Faccio io una domanda: chi è che convoca un tavolo per la Fiat? Non pretendo che sia il ministro ad interim, in tutt’altre faccende affaccendato. Lui è nel… frutteto alle prese con le mele marce!”. Insomma, “chi può convochi un tavolo e comunque lo vogliamo fare uno straccio di ministro dello Sviluppo?. Come sistema Paese – ha aggiunto – non possiamo consentirci che temi di questa rilevanza siano affrontati in dichiarazioni o con scambi di battute. C’è in gioco qualcosa di sostanziale. Non avere aperto un tavolo sulle questioni poste da Fiat e sul tema dell’indotto sta portando alla dispersione di risorse industriali del Paese”.

In serata è lo stesso ministro del Welfare e Lavoro, Maurizio Sacconi, a fare le stesse richieste di Bersani: un tavolo tra le parti. Peccato che lui è da mesi che dovrebbe essersi accorto dell’assenza del ministro dello Sviluppo Economico, da quando Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo economico, è stato costretto alle dimissioni, l’interim è stato infatti assunto e mantenuto dal premier Silvio Berlusconi, peraltro assente ingiustificato durante le trattative tra Fiat e sindacati dei metalmeccanici a Pomigliano d’Arco.

E Stefano Fassina, che nella segreteria del Partito Democratico è responsabile Economia e Lavoro, vede il governo “inerte. Il premier e il ministro Sacconi assistono passivamente a un comportamento inaccettabile in qualunque altro Paese europeo da parte di un’azienda che pure tanto ha avuto dall’Italia”.

Poi accusa Marchionne: “Ha una strana idea di confronto con i lavoratori: o si accettano i suoi diktat unanimemente ed entusiasticamente, oppure si perde il lavoro. Richiama l’inizio del XX secolo. La scelta di spostare una parte della produzione da Torino alla Serbia appare una ritorsione, più che dettata da esigenze produttive, finalizzata ad acuire le divisioni sindacali e a ribadire una cultura autoritaria nel governo dell’azienda”.

Cesare Damiano ha un dubbio: non è che si è deciso di chiudere Mirafiori? Lo chiede perché “senza manifattura a Torino la sorte sarà segnata anche per direzione strategica, progettazione e ricerca. Per il bene del paese e dei lavoratori è necessario che si apra immediatamente un tavolo di discussione e che il ministro delle Sviluppo economico ad interim, Silvio Berlusconi, faccia la sua parte o nomini, finalmente, un nuovo ministro che si occupi in modo autorevole di questa situazione”. Il capogruppo del Pd nella commissione Lavoro di Montecitorio non aspetta: “E’ ora che il governo intervenga sulla situazione Fiat. E’ intollerabile la scelta di spostare produzioni in Serbia a poche settimane dall’annuncio del ritorno della Panda a Pomigliano. Le scelte strategiche di politica industriale non possono essere uno stop and go a discrezione delle imprese”.

“Quello della Fiat è un annuncio shock, così il paese rischia davvero di finire in pezzi. E mentre va avanti questo profondo e preoccupante cambiamento degli assetti industriali, è sconcertante che la poltrona del ministero dello Sviluppo economico sia ancora vuota. Al di là dell’interim assunto da Berlusconi, noi chiediamo che sia proprio il presidente del Consiglio a venire a riferire alla Camera prima della pausa estiva sui progetti della Fiat e sulle conseguenze per l’intero paese”.

Lo chiede Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni Economiche del Gruppo del PD, il quale sottolinea che “se la Fiat ha deciso di spostare parte della produzione in Serbia, allora bisogna cominciare ad ammettere il fallimento delle politiche industriali e delle relazioni sindacali in Italia”.

Gianfranco Morgando, segretario del Pd Piemonte, si appella alla Fiat perché “presenti delle alternative concrete per quanto riguarda lo stabilimento di Mirafiori. Marchionne dichiara che non ci sono ancora delle proposte precise per quanto riguarda questo stabilimento. E imputa a una scarsa serietà dei sindacati le ragioni di questo cambiamento del piano industriale aziendale. Non va”. Il segretario piemontese evidenzia “la completa assenza del nostro governo per quanto riguarda le politiche del settore auto. A differenza di quello che succede negli altri paesi europei (e nella stessa Serbia dove il governo e’ intervenuto con un cospicuo finanziamento) il governo italiano continua ad essere completamente assente nel campo delle politiche industriali scaricando sui lavoratori i costi e le contraddizioni del mercato globale”. Allora, come si chiede Bersani, nel governo chi convoca il tavolo sulla Fiat?

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