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"Buona scuola soldi bene spesi", di Barack Obama*

So che qualcuno sostiene che uscendo da una recessione la mia amministrazione dovrebbe concentrarsi solo sulle questioni economiche. L’avevano detto sulla riforma della sanità, come se la sanità non avesse nulla a che fare con l’economia; e sulla riforma finanziaria, e ora lo dicono mentre lavoriamo alla riforma dell’istruzione.
Ma l’istruzione è una questione economica – se non “la” questione economica dei nostri tempi. È una questione economica quando il tasso di disoccupazione per chi non è andato all’università è quasi doppio rispetto a chi ci è andato. È una questione economica quando sappiamo bene che i paesi che oggi ci superano sulla formazione domani ci supereranno in competitività.
Da anni abbiamo capito che l’istruzione è una premessa per la prosperità. Eppure abbiamo tollerato uno status quo in cui l’America è alle spalle di altre nazioni. Appena una settimana fa, siamo venuti a sapere che, nell’arco di una sola generazione, l’America è passata dal primo al dodicesimo posto nelle classifiche sulla percentuale di giovani che porta a termine gli studi.
Eravamo primi, siamo dodicesimi. Ne abbiamo parlato, lo sappiamo, ma non abbiamo fatto abbastanza. E questo status quo è moralmente inaccettabile, è economicamente indifendibile, e tutti noi dovremo rimboccarci le maniche per cambiarlo.
(Oggi) vorrei anche parlare esplicitamente del tema insegnanti. Voglio che gli insegnanti abbiano stipendi più alti. Voglio che abbiano maggior supporto.
Vogliono che ricevano una formazione all’altezza dei professionisti che sono – con corsi di aggiornamento rigorosi come quelli che sostengono i medici. Voglio che la loro carriera sia scandita per fasce così che abbiano la possibilità di avanzare, e guadagnarsi una vera stabilità economica. Voglio che abbiano un ambiente di lavoro che gli consenta di sentirsi realizzati e che li sostenga, e le risorse – dai materiali di base alla dimensione delle classi – che li aiutino ad avere successo. Invece di una cultura in cui idolatriamo le stelle dello sport e le celebrità, voglio che costruiamo una cultura in cui i nostri idoli sono le persone che danno forma al futuro dei nostri bambini.
Voglio qualcuno dei nostri insegnanti sulle copertine di qualche magazine. Qualche insegnante su Mtv. Tutto quello che chiedo in cambio – da presidente, e da genitore – sono misure che rendano ciascuno responsabile per il proprio operato. Sicuramente possiamo essere d’accordo che anche mentre riconosciamo agli insegnanti il merito del loro duro lavoro, abbiamo bisogno di essere sicuri che stiano ottenendo buoni risultati con la classe. Se non è così, lavoriamo insieme a loro per aiutarli ad essere più efficienti. E se anche questo tentativo fallisce, troviamo l’insegnante giusto per quella classe. Nell’educazione i nostri ragazzi hanno una opportunità sola, ed è necessario che non vada sprecata.
Il nostro obiettivo è creare un ambiente migliore per gli insegnanti e insieme per gli studenti. Questo non vuol dire aumentare i paletti; vuol dire standard più alti, migliori, così che i diplomati siano davvero pronti per l’università e per una carriera. Non voglio vedere i nostri giovani prendere un diploma senza saperlo neanche leggere.
Eppure, a volte i problemi di una scuola sono così profondi che migliori criteri di valutazione, standard più alti e curriculum più stimolanti non bastano. Se una scuola produce diplomati che non hanno neppure le competenze di base – anno dopo anno dopo anno – le cose devono essere fatte in modo diverso. Se vogliamo che il nostro paese abbia successo, non possiamo accettare fallimenti nelle nostre scuole decennio dopo decennio.
È per questo che stiamo spronando gli stati a rivoluzionare le nostre cinquemila peggiori scuole – troppe delle quali sono in quartieri con forte presenza di minoranze. E stiamo investendo più di 4 miliardi di dollari per aiutarli a farlo.
I risultati non li vedremo dalla sera alla mattina. Ci potrebbe volere un decennio perché questi cambiamenti siano ricompensati. Ma non è un buon motivo per non intraprenderli.
È un motivo per iniziare da subito, per sentire che c’è un’urgenza – la potente urgenza dell’oggi. Sappiamo anche che per quanto queste riforme possano essere importanti, c’è un ingrediente in più per fare davvero la differenza: i genitori devono essere più coinvolti nell’educazione dei loro figli.
Per parafrasare Martin Luther King, l’educazione non funziona con gli o-o.
L’educazione funziona con i sia-sia: ci vorranno sia un maggior impegno dei genitori, sia un sistema migliore. Ci vorranno sia più soldi sia più riforme.
Ci vorranno sia l’impegno collettivo sia quello individuale.
Non dipende solo dai genitori.
Dipende anche dai figli. I nostri ragazzi devono capire che nessuno gli consegnerà il loro futuro su un piatto d’argento. L’educazione non è una cosa che ti possono infilare in testa dalle orecchie. Devi volerla. Devi farti avanti e reclamare per te quel futuro.
So che la vita è dura per molti giovani di questo paese. Ci sono decine di buoni motivi per i nostri figli per dire: «No, non ce la faccio». Il nostro lavoro è dirgli: «Sì, puoi farcela». Sì, puoi fare della tua vita ciò che desideri.
*(stralci del discorso sulla riforma dell’istruzione pronunciato ieri dal presidente americano alla National Urban League)

da Europa Quotidiano 30.07.1o