attualità, politica italiana

"I riti balneari da Prima Repubblica", di Filippo Ceccarelli

Diceva Bettino Craxi, sudato e sbuffante: «Il generale Agosto farà il resto». Era un affidamento cinico e speranzoso: quando arrivavano le ferie, ai tempi della Prima Repubblica, il potere prendeva atto della propria relatività consegnandosi provvisoriamente a rinvii, proroghe, differimenti, dilazioni, oltre alle buone e più spesso alle cattive intenzioni.
L´antica sapienza democristiana, di norma incalzata da qualche gran intestina o con gli alleati (anche prima di Craxi), esaltò questo genere di soluzioni di ordine stagional-decantatorio che comunque, fin dall´inizio degli anni sessanta, finirono per codificarsi addirittura in una forma di esecutivo. Con il che, previa consultazione del prezioso dizionario «Le parole della politica» del Di Capua (Ebe, 1973), incastonato in un groviglio spinoso di aggettivi e altre variabili lessicali, «amico», «carsico», «fantoccio», «istituzionale», «tecnico», «di bandiera», «di necessità», «di salute pubblica» e via compilando, si trova l´irresistibile formula del governo, appunto, «balneare»: perciò stesso «destinato a vivere – è scritto – solo per la stagione estiva, in attesa di essere sostituito da un governo politico di coalizione».
Con facilità s´immagina quanto il presidente Berlusconi abbia in dispetto questa roba preistorica, questa paleo-muffa politichese. E´ sicuro di essere, lui, ancora, il Signore della Novità. Eppure, se possedesse un filo di modestia, potrebbe agevolmente riconoscere come tutte, ma proprio tutte le sue speranze, dalla situazione economica all´organigramma Rai, dall´ardua scelta titolare del ministero dello Sviluppo alle inchieste sulla cricca o sulla P3, fino ai numeri per la sopravvivenza parlamentare della sua disastrata compagine, dipendano da un´estate tranquilla; nel senso di un paese ben concentrato sulla propria villeggiatura e quindi più disposto a trascurare le evidenti sottovalutazioni, gli obiettivi errori e le indubbie magagne che si sono aggravate dopo la rottura con Fini.
Il Cavaliere, che viene dal mondo della pubblicità e del consumo, è sempre attento ai momenti in cui entra in gioco e si modifica lo stato d´animo collettivo: Natale (un tempo faceva anche gli auguri dai poster), il tempo della denuncia dei redditi, le vittorie e le sconfitte nelle partite di calcio, poi e l´estate. Così oggi, in realtà, si ritrova alla guida di un governo obbligato, malsicuro e anzi quasi pericolante. Molto peggio, dunque, che balneare.
Quest´ultimo, semmai, era a suo modo un segno di forza. Dopo le incerte elezioni del 1963, per dire, e poi dopo quelle altrettanto dubbiose del 1968, i capicorrente della Dc adocchiarono un personaggio innocuo come Giovanni Leone e per ben due volte lo appoggiarono a Palazzo Chigi per il tempo dei bagni. Di solito Leone – che come tutti i grandi dissimulatori dc sembrava privo di ambizioni e finì al Quirinale – accettava «a malincuore», come scrive Andreotti in «De (prima) re publica» (Rizzoli, 1996), «di cedere la presidenza di Montecitorio dando comunque una disponibilità solo stagionale». Dopo di che, in tutti e due i casi accadde nel mese di dicembre, i capi tribù democristiani si mettevano d´accordo, gli dicevano arrivederci e grazie e facevano un governo vero.
Figurarsi se Berlusconi pensa di imparare qualcosa da qualcuno. Ma a differenza dalla storia, l´attualità è crudele e così la forzata balneazione del Cavaliere non scaturisce da elezioni, ma dovrebbe favorirle in autunno – ammesso e non concesso, anzi non concesso per niente che il presidente della Repubblica Napolitano le ritenga opportune. E anche questo, francamente, toglie alla formula quella sua vacanziera levità e spensieratezza che certamente nei primissimi anni ottanta stimolarono Stefano Benni a dedicare al governo balneare alcuni versi, tra cui «La conchiglia»: «”La Maddalena non è radioattiva”/ urlò Cossiga, e raccolse sulla riva/ un conchiglia per sentire il mare/ e sentì una voce che diceva:/ “Tutti al bunker, allarme nucleare!”/ Disse: “Sarà un paguro burlone”. / Un attimo dopo l´esplosione».
La Maddalena, oggi, grazie al mancato G8 e ai relativi impiccetti, ispirano ricordi meno ridenti. Ma in attesa delle fantomatiche elezioni, con ben 33 più 10 finiani che hanno scommesso la loro carriera contro di lui, il presidentissimo Berlusconi si appresta a sperimentare sulla propria pelle un´altra graziosa formula archeologica di quelle che gli piacciono tanto: l´appoggio esterno.
E qui la memoria deve per forza inabissarsi, di un quarantennio almeno, per incontrare uno sketch in bianco e nero di Noschese che, truccato da Ugo La Malfa, spuntava dietro una finestra aperta e fissando l´interno con i suoi occhialoni spessi come cocci di bottiglia, mormorava con forte cadenza siciliana: «Non vedo assolutamente una minchia»; e a quel punto, messo il braccio destro sullo stipite della finestra, premeva e premeva: era l´appoggio esterno. Ma di colpo poteva anche smettere.
Inutile dire che così facendo La Malfa senior fece impazzire una mezza dozzina di premier, tra cui Scelba, Fanfani ed Andreotti, non esattamente dei cuoricini. Perciò da adesso il presidente della Camera e di Futuro e libertà non solo può dare e togliere, partire e frenare, promettere e negare, ma ha anche illustri precedenti.
Il generale Agosto non è mica uno sprovveduto. Può salvare, ma può colare a picco con la stessa accaldata efficienza. E´ un peccato che non ci sia più don Gianni Baget Bozzo, ma Berlusconi può sempre farsi raccontare di quando Pella riuscì a formare un governo il giorno dopo Ferragosto e volle battezzarlo «il governo dell´Assunta» dovendo simboleggiare una riscossa anticomunista e socialista dopo la sberla della legge truffa. Oggi lo schiaffone sembra arrivato al governo sulla legge bavaglio: e se la balneazione ha perso la sua simpatia, se ne intravedono gli aspetti di oscura incompiutezza, di rovina strisciante, la premessa di una vera crisi.

La Repubblica 01.08.10