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"Titolo V nella scuola: l’araba fenice?", di Fabrizio Dacrema

La vicenda dell’attuazione del Titolo V della Costituzione nella scuola ci fornisce un ulteriore esempio di come in Italia decentramento e federalismo rappresentino solo materia di propaganda politica.

Da ormai dieci anni la riforma costituzionale ha attribuito a Regioni ed Enti Locali nuovi poteri e competenze in materia di istruzione, per dieci anni si sono fatte commissioni di lavoro, convegni e documenti sull’attuazione delle nuove norme, ma tutto è rimasto fermo. Anzi, si potrebbero fare molti esempi di come in concreto molti provino a tornare indietro, in particolare questo governo, che ha addirittura provato a commissariare le Regioni per obbligarle a fare il dimensionamento della rete scolastica nei tempi e nei modi decisi dal Ministero, non riuscendoci, certo, anche perché questa competenza era già stata trasferita alle Regioni fin dal 1998 con il Dlgs 112. Ma il fatto stesso che ci abbiano provato la dice lunga sulla convinzione federalista della destra, Lega compresa, che, infatti, non ha mai battuto ciglio di fronte al centralismo di ritorno del governo e ha respinto anche l’emendamento Bastico finalizzato ad introdurre nella manovra economica l’immediato passaggio dell’Amministrazione Scolastica territoriale alle Regioni.
Ora, dopo dieci anni, sembrerebbe tutto pronto per attuare finalmente il Titolo V, invece tutto rimane inspiegabilmente fermo.
Il 9 giugno scorso la commissione tecnica della Conferenza Unificata Stato Regioni ha approvato una bozza di accordo tra Governo, Regioni, Province Autonome, Province, Comuni e Comunità Montane. La bozza accoglie tutte le richieste fatte dal Ministero dell’Istruzione ed è il risultato di una lunga elaborazione e di un serrato confronto istituzionale che ha visto coinvolte anche le Parti Sociali.
A questo punto non ci dovrebbero essere ostacoli ad approvare in Conferenza Unificata Stato Regioni l’accordo quadro e poi dare il via al previsto trasferimento di funzioni, competenze e risorse da realizzare, secondo l’intesa, entro il 31 dicembre 2011. Invece siamo ormai alle fine di luglio, la bozza di accordo è rimasta tale e sembra che il Ministero sia orientato a rallentare, frenare o addirittura a rimandare tutto all’emanazione dei decreti attuativi del federalismo fiscale.
Per questo la Cgil e la Flc Cgil hanno scritto al Ministro Gelmini e al Presidente della Conferenza delle Regioni Errani per chiedere la rapida approvazione dell’accordo quadro e l’apertura di tavoli di confronto sull’attuazione del processo di decentramento.
Se così non fosse si andrebbe verso il federalismo fiscale “alla cieca”, privi di elementi conoscitivi essenziali per determinare i costi standard connessi ai livelli essenziali di prestazione da assicurare in tutto il territorio nazionale, nell’ambito dei quali devono essere ricondotte anche le risorse necessarie per attivare le nuove funzioni e competenze di Regioni ed Enti Locali in materia di istruzione.
Continuerebbe, inoltre, a rimanere lettera morta la programmazione territoriale dell’offerta formativa, essenziale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica e per realizzare una più efficiente ed efficace allocazione delle risorse, ancor più necessaria in tempi di vacche magre come quelli che aspettano la scuola nei prossimi anni per effetto delle manovre del governo. Anche i temi connessi allo sviluppo della qualità dell’offerta formativa e al potenziamento della relazione tra scuola, lavoro e sviluppo economico continuerebbero ad essere ostacolati dalla gestione centralistica, oltre che dai tagli e dalle scelte sbagliate del governo.
Il testo della possibile intesa si fonda su un impianto federalistico unitario e solidale finalizzato a migliorare il sistema pubblico nazionale per metterlo in grado di assicurare effettivamente ad ogni cittadino il diritto all’istruzione. L’unitarietà del sistema nazionale di istruzione è garantita anche dalla scelta di confermare la dipendenza organica dalla Stato del personale, con stato giuridico e trattamento economico fissato dalla contrattazione nazionale di comparto, mentre si introduce una dipendenza funzionale dalle Regioni, le quali, nell’ambito delle dotazioni organiche assegnate, provvederanno alla programmazione e alla distribuzione territoriale delle risorse professionali, in collaborazione con gli Enti Locali.
Evidentemente questa impostazione corretta non piace alla Lega intenzionata a regionalizzare gli insegnanti per assumerli sulla base di criteri di appartenenza territoriale, non risponde alle esigenze di una destra che vuole limitare la libertà di insegnamento superando i concorsi pubblici e la contrattazione sindacale e disturba le burocrazie ministeriali che resistono all’idea di decentrare i poteri.
Di qui l’iniziativa della Cgil per l’attuazione di una innovazione, per altro a costo zero, necessaria, insieme alla costruzione del sistema nazionale di valutazione, per implementare il processo di autonomia scolastica, l’unico vero processo di cambiamento avviato, pur tra mille contraddizioni, nella scuola italiana.

Da ScuolaOggi 01.08.10