attualità, politica italiana

"Il mercato dei deputati", di Aldo Schiavone

Tutti quelli – e sono in tanti – che hanno giudicato in questi anni con piena buona fede Silvio Berlusconi come il protagonista di un grande rinnovamento della politica italiana dovrebbero riflettere su quello che sta accadendo oggi dentro e intorno al Pdl, dopo la rottura con Fini.Nel tentativo, per adesso senza apprezzabili successi, di soffocare sul nascere la secessione che sta disgregando il suo partito, il presidente del Consiglio non esita a ricorrere (egli stesso o i suoi fedeli) a quanto di più vecchio, opaco, consunto e dolorosamente squallido abbia mai saputo esprimere, da sempre, lo scontro parlamentare e la lotta tra gli schieramenti. Voglio dire, a organizzare una specie di attacco su due fronti: da un lato la campagna acquisti nel campo dell´avversario, per indurre a defezioni dell´ultima ora. Dall´altro la denigrazione dell´avversario e dei suoi familiari, l´intimidazione personale affidata ai quotidiani di famiglia e agli uomini più fedeli: come quello Stracquadanio che ha preannunciato a Fini la stessa sorte di Boffo, infangato dal “Giornale” di Feltri. Così facendo, si sta raschiando senza esitare nella melma che sempre si deposita e stagna al fondo di ogni democrazia: nella speranza unicamente di durare – non si sa per quanto.
Intendiamoci bene: non si tratta di moralismo. Anche se – e va pur detto – nulla impedisce di misurare la politica con il metro del giudizio morale. Qui è in questione altro. E cioè la distanza abissale che si è ormai determinata fra l´annuncio originario, e poi tante volte ripetuto da Berlusconi, di voler rinnovare dai fondamenti la vita pubblica del Paese, il suo costume, il suo stesso modo di essere, e le pratiche desolanti cui stiamo assistendo in questi giorni. E c´è di più: e cioè che Berlusconi ha avuto nei sedici anni della sua vicenda politica davvero in più occasioni (lasciamo stare quanto per meriti suoi, e quanto per colpe altrui) la forza e l´opportunità di governare davvero il Paese– l´ultima, due anni fa, dopo la strepitosa vittoria elettorale che sembrava aver consegnato l´Italia nelle sue mani. Come, nel volgere di una manciata di mesi, sia passato da quel successo all´attuale disastro, e per giunta di fronte a una crisi evidente del principale partito d´opposizione, è tema che dovrebbe far pensare chiunque, anche nell´elettorato più fedele. Sono cose che capitano solo a chi non ha (più) un progetto, non ha intorno a sé un gruppo dirigente appena degno di questo nome, e non cerca altro che di navigare a vista, tra una campagna elettorale e l´altra.
E adesso in questo fango sul competitore, nell´esercitare spregiudicatamente ogni tipo di pressione sui punti ritenuti più fragili delle forze di cui dispone il rivale – nel ridursi a questo tipo di mercato della politica, o per meglio dire: nel ridurre la politica, la sua politica, a questo tipo di mercato – c´è come il segno di un´abdicazione e di una resa. Di un livellamento verso il basso che ha tutta l´aria di un irresistibile precipitare verso il fondo.
Il problema non è quanto questi metodi possano scandalizzare. Scandalizza invece – e dovrebbe scandalizzare ogni italiano – che il berlusconismo si sia ridotto ormai solo a questo, che null´altro abbia da offrire se non una disperata volontà di sopravvivenza, oltre la quale nulla si riesce a intravedere se non la determinazione del Capo a lottare per se stesso, e per il suo destino pubblico.
Non ci possiamo permettere altri tre anni così. Dobbiamo sottrarre la lunga transizione italiana – postdemocristiana e postindustriale – al fallimento di chi ne è stato finora il principale protagonista politico. È questo, per prima cosa, il compito che ci aspetta. Squadernare di fronte al Paese una simile urgenza, non in termini di parte, ma come una grande necessità nazionale. Anche a destra lo sanno, al di là di Fini e dei suoi, pur se non riescono ancora a dirlo, ma solo a sussurrarlo. C´è bisogno di aria nuova, di nuove idee, di un nuovo stile. E di nuova politica.

La Repubblica 02.08.10

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“Tra offerte e minacce le telefonate del Cavaliere a caccia di otto voti”, di Mauro Favale

Ecco la campagna-acquisti segreta. Berlusconi lo ha detto “Sentirò personalmente i deputati e i senatori che hanno costituito Futuro e Libertà”.
Si va dal corteggiamento («Stiamo pensando a un nuovo ruolo per te») alle minacce («Verrai deferito ai probiviri») ai consigli («Torna di qua, Fini vi ha fregato»). Metodi e strategie della mega-campagna acquisti estiva in corso tra Camera e Senato. La impongono i numeri, delicatissimi, sui quali Silvio Berlusconi si sta giocando la maggioranza. E quindi è partita la manovra: pescare tra i centristi, Udc e Api, considerati il ventre molle e più propenso al salto di schieramento, rivolgersi al gruppo misto (che, come dice il nome, contiene parlamentari di varia estrazione) e, soprattutto, riconquistare i finiani. D´altronde Berlusconi lo ha detto: «Sentirò personalmente tutti e 33 i deputati che hanno costituito il gruppo di Futuro e Libertà. E così farò per i senatori».
In quel caso, più che una campagna acquisti, sarebbe una campagna ri-acquisti. È già successo: i tre diniani (Daniela Melchiorre, Italo Tanoni e Maurizio Grassano) che in questi giorni hanno assicurato il loro appoggio al governo, erano stati eletti con il Pdl. Passati all´opposizione, sono ora tornati con Berlusconi. Con la maggioranza, voterebbe anche Riccardo Villari, ex di Udeur e Pd. Operazioni andate a buon fine, a fronte dei rifiuti che il premier ha ricevuto da Renzo Lusetti e Dorina Bianchi (entrambi Udc) e dal deputato eletto all´estero Ricardo Merlo. Ma gli sforzi maggiori sarebbero indirizzati alla riconquista di quei finiani considerati, a torto o a ragione, più fedeli al governo. «Quando iniziò quest´avventura – spiega Amedeo Laboccetta, napoletano, fedelissimo di Berlusconi – subito dopo il Consiglio Nazionale, Fini raccolse 39 firme di deputati e 14 di senatori. Ora mi sembra che alla Camera i finiani siano 33 e al Senato 10. I numeri variano e qualcuno cambia idea. La fedeltà dei finiani è tutta da verificare», assicura Laboccetta.
Si racconta che Gianfranco Paglia, deputato del Fli (acronimo di Futuro e libertà per l´Italia), ufficiale dell´esercito, medaglia d´oro al valor militare, subito dopo la costituzione del nuovo gruppo abbia mandato una e-mail ai colleghi del Pdl per avvertire che mai avrebbe votato contro il governo. I berlusconiani, poi, considerano difficile un voto contrario dell´avvocato Giuseppe Consolo. Così come del ministro Andrea Ronchi. Ieri Libero stilava un elenco dei finiani “cattivi” (8, tra cui Bocchino, Granata e Briguglio) e “gli altri”, quelli sui quali il premier starebbe facendo pressione. Racconta Massimo Corsaro, deputato ex An che in questi mesi ha tenuto in mano il “pallottoliere dei finiani”: «Stiamo monitorando l´andamento delle adesioni. Mi pare legittimo. Fini ha giocato sulla buona fede, prospettando la costituzione di un nuovo gruppo e la permanenza nel Pdl. Prima o poi i probiviri si riuniranno e decreteranno un´incompatibilità. E allora sarà difficile che tutti i finiani siano disposti a essere estromessi dal partito».
Il clima, insomma, è questo. «Passiamo il week end a rispondere al telefono – racconta il senatore finiano Maurizio Saia – le pressioni sono enormi e inevitabili. Ma nessuno si lascerà affascinare. Non è una telefonata che ci farà cambiare idea». Spavaldo è anche Carmelo Briguglio: «Lui si muove? E noi non stiamo fermi». E il sottosegretario Roberto Menia aggiunge: «Berlusconi è stato male informato: si aspettava quattro gatti e ci siamo ritrovati in 33. E tanti fanno la fila per entrare». E a quel punto si aprirebbe un nuovo fronte della campagna acquisti: trattenere i transfughi. Qualche nome? Santo Versace assicura che resterà nel Pdl, anche se le sue posizioni («Chi ha problemi con la giustizia faccia un passo indietro») sono più simili a quelle di Fini. E tra i dubbiosi nel Pdl, nuova categoria della politica estiva, ci sarebbero anche Chiara Moroni e Giancarlo Mazzucca. Le grandi manovre proseguono.

La Repubblica 02.08.10