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"Beni culturali appiedati. Arte e archeologia a rischio", di Stefano Miliani

Necropoli, chiese in campagna, l’arte che corre pericoli non ha più chi può correre a salvarla se ce n’è bisogno. Appiedati archeologi, storici dell’arte, architetti, restauratori del ministero dei beni culturali. Non possono usare nemmeno la propria auto (con rimborso benzina e al massimo per un pasto, l”indennità di missione da tempo è sparita) per controllare lo stato di salute o evitare danni a siti archeologici, dipinti, chiese, al paesaggio. E in Italia gran parte dei tesori artistici non è nelle città e non si raggiunge con i mezzi pubblici. Una norma nella manovra di Tremonti infatti vieta l’uso dell’auto privata ai dipendenti. Il segretario generale dei beni culturali Roberto Cecchi aveva trovato una via per autorizzare, per motivi urgenti, i tecnici del dicastero, a usare la propria auto. Invece nel passaggio a legge della manovra il divieto è stato confermato. Al che Assotecnici, l’associazione che raccoglie tecnici del ministero guidato da Sandro Bondi, fa appello direttamente al presidente della Repubblica Napolitano. Perché a rischio c’è l’articolo 9 della Costituzione, quello che tutela il nostro patrimonio d’arte e storia.

“Risparmio” modesto, non risana certo le casse dello Stato. Una soprintendenza di media grandezza con musei spenderebbe, per tutta la soprintendenza, 5-8mila euro al mese. “Per noi è una tragedia – commenta Irene Berlingò, dell’Associazione – La macchina di servizio ce l’ha il dirigente, ma non è a disposizione dei funzionari se non è libera. Giriamo con mezzi propri, consumandole, per fare vigilanza”. Una vigilanza indispensabile. Il Colosseo o gli Uffizi o l’Accademia di Venezia non hanno bisogno di “missioni”. Ne hanno un disperato bisogno posti come la campagna romana, le necropoli etrusche dell’Etruria tipo Tarquinia, le colonie della Magna Grecia come Metaponto, Siris: lì arrivi solo con l’auto. “Non sono gli ingressi dei grandi scavi ma la miriade di lavori e di emergenze storico-artistiche, archeologiche e del paesaggio ad allarmare”, avverte l’archeologa.

Infatti, spiega nell’appello Assotecnici, il divieto «rende impossibile ai tecnici il controllo del territorio, la vigilanza sui lavori e sul patrimonio archeologico, artistico, storico, architettonico e paesaggistico, in una parola determina il blocco della tutela sui beni culturali, tutela che non è possibile esercitare solo con i mezzi pubblici, dal momento che nella maggior parte dei casi le zone da salvaguardare non sono raggiunte dal servizio pubblico». Nasce da qui l’appello a Napolitano (far appello a Bondi, detto per inciso, è inutile, tanto non conta) «perché venga ristabilito il dettato dell’art. 9 della Costituzione e la sua applicazione, della quale proprio il Ministero dovrebbe essere garante con il suo compito istituzionale, a cui in effetti viene meno, poiché viene impedito ai tecnici di esercitare un qualsiasi controllo ispettivo, agevolando l’azione di speculatori senza scrupoli ai danni del paesaggio e di scavatori clandestini ai danni del nostro patrimonio archeologico, sempre più a rischio».

«Il grido di dolore dei tecnici del ministero dei beni culturali squarcia il velo delle menzogne che Bondi e Tremonti hanno costruito intorno alla manovra», commenta Matteo Orfini della segreteria del pd, responsabile cultura e informazione, e aggiunge:

«Il grido di dolore dei tecnici del ministero dei beni culturali squarcia il velo delle menzogne che Bondi e Tremonti hanno costruito intorno alla manovra», commenta Matteo Orfini della segreteria del pd, responsabile cultura e informazione, e aggiunge: «La norma è un favore evidente a chi specula e a chi saccheggia. Siamo certi che Bondi e il sottosegretario Giro non l’abbiano fatto di proposito, ma solo per scarsa competenza. Trovino al più presto un modo per rimediare a questa sciocchezza».

L’Unità 02.08.10