attualità, politica italiana

Errani: «Chiuso un ciclo. Crisi merito anche del Pd», di Pietro Spataro

«Si chiude un ciclo politico…». Vasco Errani non ha dubbi che il voto alla Camera segni un passaggio di fase. Però è preoccupato perché il paese non sopporterebbe una lunga condizione di debolezza politica. Quindi: sì al governo di transizione. Con Tremonti premier? «Il governo di transizione non si fa con chi ci ha portato fin qui».

Errani, la maggioranza non c’è più. Governo al capolinea?
Questa è una crisi vera che chiude un ciclo politico, non è solo crisi di governo. Il problema principale quindi è costruire un’uscita che eviti trascinamenti senza fine con il rischio di una crisi istituzionale grave. Bisogna lavorare affinché la crisi arrivi a conclusione e si apra una fase di transizione per poi costruire l’alternativa.

Alfano alla Camera ha detto che la P3 è un’invenzione dei pm e della sinistra…
Credo invece sia un dato oggettivo: la questione morale c’è. Sottovalutarlo è un gravissimo errore.

Un governo in panne, un Paese che subisce una crisi economica pesante. Non è rischioso?
Certo, siamo difronte a una destra che non ha un progetto per il Paese. Governano, o meglio non governano, giorno per giorno e fanno pagare un prezzo salato ai più deboli. Sulle questioni fondamentali, dalla politica industriale all’innovazione al tema della conoscenza, la destra non ha idee. Per questo dico che si chiude un ciclo politico. E per questo insisto nel dire che serve una svolta vera, altrimenti faremo pericolosi passi indietro.

Come se ne esce? Elezioni o governo di transizione?
Andare alle urne con questa legge elettorale sarebbe un colpo alla qualità della democrazia. Però voglio che sia chiaro un punto: qui non stiamo discutendo di larghe intese ma di ridefinire il campo del confronto politico. E’ necessario cambiare la legge elettorale e rilanciare l’economia. Poi si va al voto riconsegnando agli elettori il potere di scelta. Solo così possiamo ridare valore alle istituzioni, a cominciare dal Parlamento che è stato svuotato.

Quale legge elettorale? Nel Pd le posizioni sono diverse…
Guardi, penso che una nuova legge debba garantire due condizioni. La prima: dare al cittadino la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. La seconda: dare la possibilità di scegliere il governo evitando però di appiattirsi su un bipartitismo che non funzionerebbe. Quali siano i modelli per garantire queste due condizioni è tema aperto al confronto. L’importante è garantirle.

Si può fare un governo di transizione con Tremonti premier?
Come ha detto Bersani il governo di transizione non si fa con chi ci ha portato fin qui…

E poi Tremonti è il ministro della manovra lacrime e sangue…
Certo. Una manovra, lo ripeto, iniqua che peserà sui più deboli e che taglia i servizi ai cittadini e alle imprese. Da qui alla legge finanziaria si deve fare di tutto per spostare il peso su chi ha di più.

Ma ce li vede i berlusconiani che sacrificano il loro capo per un governo di transizione?
Nonostante tutto credo che il Paese abbia bisogno di questo passaggio. Il Pd deve impegnarsi e verificare se esistono le condizioni che in politica, non dimentichiamolo, non sono mai oggettive. Un partito c’è per agire, per aprire spazi nuovi e non per prendere atto della realtà del momento.

E gli elettori capirebbero? Non c’è il rischio che passi l’idea di un nuovo inciucio?
Ma no, perché non stiamo affatto parlando di inciuci. Noi dobbiamo dire chiaramente al Paese che abbiamo bisogno di un governo che guidi questa fase e che abbia un segno tecnico. Il fine è andare al voto per scegliersi un governo efficace.

Secondo lei il rapporto tra Fini, Casini e Rutelli non rischia ci creare problemi anche al Pd?
Vedo che circolano certe letture. Ma dobbiamo essere chiari e prendere atto di due dati. Il primo è che il progetto della destra è fallito e Fini e i suoi se ne sono andati e cercano altre vie. Vedremo che evoluzione avranno. Il secondo è che questa crisi è anche il frutto dell’iniziativa del Pd. Mica hanno fatto tutto da soli.

Si dice: dialogo con Bossi. E’ possibile dialogare con chi vuole un federalismo dei più forti?
Penso che la Lega abbia davanti a sé problemi corposi. Deve decidere se si accontenta di restare in una dimensione propagandistica del federalismo oppure se vuole misurarsi su un progetto vero. Se sceglie questa seconda strada deve prendere atto che il federalismo serve per rilanciare l’unità del Paese e non per difendere grandi e piccoli egoismi. Non può continuare a vivere la contraddizione di sostenere una manovra centralista e contro i territori. E certo non risolverà questa contraddizione facendo decreti che rinviano a ulteriori provvedimenti come dimostrano il decreto sul federalismo demaniale e quello approvato ieri sui Comuni. E’ arrivato il momento della verità anche per la Lega. Ed è lì che potrebbe andare in crisi l’asse con il Pdl.

Chiamparino ha detto che il Pd non è pronto né per il voto né per il governo tecnico. Troppo ingeneroso?
Sì, credo sia un giudizio ingeneroso. Il Pd, nei territori e sulla crisi economica, può rilanciare la sua identità. Deve rappresentare le persone: il lavoro, la scuola, i saperi. Nell’iniziativa politica si misura la sua capacità di avere un ruolo nazionale.

Però Chiamparino parla di congresso a ottobre…
Non possiamo sempre ricominciare daccapo. Non serve un congresso, serve invece radicare il Pd e farlo diventare il rappresentante dei problemi degli italiani. Bisogna che ognuno di noi superi il commento e si misuri con questa sfida. È ora di andare finalmente oltre l’autoreferenzialità.

Se si dovesse votare chi dovrebbe essere il candidato del centrosinistra: Bersani, Chiamparino o Vendola?
Ogni cosa a suo tempo. Ora ognuno porti il suo contributo per far sì che si chiuda con il governo Berlusconi. E’ assurdo dividersi ora sulla leadership. E poi, non esiste un leader sganciato dalle idee. Noi abbiamo bisogno di riformare non ci basta solo un racconto. Bersani ha tutte le qualità per rappresentare questa prospettiva. Ma appunto, verrà il tempo e tutti potranno dare il proprio contributo e sarà utile. Ma adesso mettiamoci al lavoro affinché si traggano le conseguenze di questa crisi che segna la fine del berlusconismo.

L’Unità 06.08.10

2 Commenti

    I commenti sono chiusi.