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"CNR, ben 4000 i ricercatori a rischio", di Luciana Cimino

Quattromila ricercatori a rischio. Tanti potrebbero essere infatti i precari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) che rischiano di rimanere senza posto dopo anni di apprendistato e contributi di conoscenza dati all’ente, se passasse una delle norme contenute nel nuovo statuto in corso di approvazione. La contestatissima norma, che vede sul piede di guerra tutti i ricercatori del CNR e i sindacati di categoria uniti, prevede che le condizioni dei contratti di precariato non possano superare in nessun caso i 6 anni (nelle loro svariate forme: da assegno di ricerca, a borsa di studio a co.co.co).
«Dopo fuori dall’ente, anche se sei un ricercatore valido, e non di rado eccellente, non c’è nessun futuro», spiega Mariangela Spera, ricercatrice precaria all’IStc (Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione). «Una norma miope e assurda», per Rosa Ruscitti della FLC –CGIL che ricorda come «il CNR faccia alta formazione, mentre in Italia non c’è ricerca privata, cosa faranno questi ragazzi dopo?». Ma non è solo questa la norma contestata nella bozza di statuto che sarà approvata lunedì dal nuovo CdA dell’ente. Ricercatori, in stato d’agitazione da più di una settimana, e sindacati hanno scritto una lettera al ministro Gelmini (che ha 60 giorni per promulgare il documento) nella quale si invita a stralciare o correggere alcune norme dello statuto.
Nella lettera siglata dai segretari generali di FLC-CGIL, FIR-CISL ed UIL-RUA affermano che il nuovo statuto proposto «non esalta il ruolo e la mission dell’Ente, colpisce la sua autonomia e gli spazi di partecipazione del personale e della comunità scientifica interna». Da correggere anche le norme che pongono un rigido e invalicabile tetto di spesa per il personale del 70% del Fondo di Finanziamento Ordinario. Lunedì dalle 14, in concomitanza con la firma dell’atto, davanti la sede nazionale del CNR in piazzale Aldo Moro, a Roma e in altre città italiane, manifestazione di ricercatori e sindacati con palloncini che saranno librati nell’aria per, dice ancora Ruscitti, «liberare il Consiglio Nazionale delle Ricerche dall’oppressione politica che gli vuole togliere autonomia». «Noi ricercatori precari – conclude Mariangela Spera – continueremo a lottare per il nostro futuro e per dare un futuro a questo ente che invecchia e perisce a vista d’occhio e dovrebbe essere invece l’ente trainante della ricerca in Italia, al passo con la comunità scientifica internazionale».

L’Unità 08.04.10