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«L'autonomia delle scuole: la vogliamo davvero?», di Letizia De Torre*

Negli ultimi giorni del dicembre 1997 – 13 anni fa – sulla scia della grande stagione che aveva aperto le porte dell’autonomia alle scuole e all’intero sistema formativo (sarebbe importante ogni tanto rileggersi quell’art. 21 della legge 59/97), veniva promulgata la legge 440/97 per sostenere questa svolta storica e per coinvolgere gradualmente ad una ad una tutte le istituzioni scolastiche.
In sostanza si istituiva un fondo permanente che, ahimé, nel corso di questi anni a tante cose è servito, ma non a portare a ‘maggiore età’ le scuole del Paese. Basta guardare la distribuzione delle risorse di quest’anno che ha quasi dimezzato le risorse alle istituzioni scolastiche (basta una veloce analisi alle tabelle e si scopre che dai 53,355 del 2008 ai 30,000 milioni di euro nel 2010) e invece ha aumentato le risorse usate centralmente dal Ministero (dai 49,290 milioni del 2008 ai 51,900 del 2010) e usate per scopi che poco o nulla hanno a che fare con la crescita dell’autonomia organizzativa e didattica, che vanno dall’inglese, al bullismo, dalla multimedialità, alla legalità, dalla cittadinanza, alla salute, dalla pratica sportiva alla guida dei motorini … o iniziative meritorie, come l’educazione degli adulti, ma che in un sistema di istruzione serio dovrebbero avere altri e stabili capitoli di spesa.
Tutto ciò accade mentre si parla e parla di federalismo e contemporaneamente il sistema scolastico italiano, nelle comparazioni internazionali, viene valutato centralistico e con scarsa autonomia.
Sarebbe dunque un Fondo il cui uso andrebbe incrementato ed, invece, purtroppo, lo si sta decurtando, passando dai 141.043 milioni di euro del 2009 alla previsione di 99.516 nel 2012. Lo si riduce anche per finanziare le missioni internazionali (si, proprio così! per finanziare guerre, come quella in Afghanistan, ormai considerate perse). E le briciole a pioggia arrivano sempre a piano didattico (il POF) ormai chiuso da mesi. Una non curanza che accula solitudine delle scuole, ritardi, superficialità, deresponsabilizzazione. Ed è questa la ragione per cui il gruppo del Pd in Commissione ha deciso che occorre una svolta.
Abbiamo proposto, e tutti i gruppi hanno sottoscritto, una risoluzione che chiede una coraggiosa valutazione “strategica” delle modalità e degli esiti dell’applicazione di questa legge, una valutazione fino ad ora mai affrontata, ma che non può più attendere. Soprattutto in questi anni duri per le scuole.
Valutare periodicamente il buon (o cattivo) uso di una legge dovrebbe essere una prassi normale, un compito del Parlamento. E ci fa piacere che sia stato accolto l’invito ad allargare lo sguardo da un adempimento formale di parere su come vengono divise le risorse dalla direttiva alla analisi degli esiti prodotti dalla Legge in relazione alle finalità per cui è stata promulgata. Vogliamo sperare che il Governo vi contribuisca fornendo tutti i dati utili. Anche perché sono all’orizzonte i Livelli essenziali delle prestazioni (LEP) in materia di istruzione, previsti dalla Legge sul federalismo fiscale, e occorrono idee chiare affinché le risorse arrivino in modo equo ed efficace a tutte le scuole.
Soprattutto occorre comprendere – e reimposare questa legge farebbe chiarezza e darebbe un rilevante apporto – come oggi possa essere rilanciato il grande progetto dell’Autonomia e della riorganizzazione e della partecipazione e del miglioramento della scuola italiana.

*Deputata PD