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Marcinelle: 54° anniversario della tragedia in Belgio

Intervento dell’on Gianni Farina alla Camera dei Deputati
Signor Presidente, tra pochi giorni, a Marcinelle, in occasione della giornata nazionale del sacrificio e del lavoro italiano nel mondo, rinnoveremo memoria e affetto, dolore e riconoscenza per i tanti piccoli grandi uomini caduti sul lavoro. Storie che sono dentro noi, dentro ogni famiglia ed ogni villaggio di un’Italia che non vuole e non può dimenticare il suo passato. Marcinelle, il passato di figli suoi che hanno avuto coraggio, che hanno travolto i sentimenti, spezzato le radici che li legavano a una terra avara e matrigna, violentata dall’alba al tramonto, per carpire la tenue speranza di un futuro più giusto e più umano. Che cosa sei venuto a fare tu, fanciullo lucano in terra di Francia? Assunto a noleggio – siamo a fine Ottocento – per servire i vetrai della Loira e del Rodano in uno dei mestieri più bestiali e malsani esistenti ? Che cosa sei venuto a fare tu, giovane ligure, alle saline di Fangouse, se non per essere vittima del massacro di Aigues-Mortes di un maledetto agosto del 1893; vittima, tra decine, della guerra tra i poveri per un misero
tozzo di pane? Anche allora, « Mort aux italiens ! », il grido si alzava possente: erano i lavoratori francesi scesi a combattere lo sfruttatore sbagliato, colpevole solo della sua disarmata miseria. Che cosa sei venuto a fare ? Protagonista, ognuno di loro, dell’esodo di massa di cui è, assieme, ricca e vittima la storia della nostra patria. E allora ? Perché non insegnarla questa storia, nelle scuole della Repubblica, recuperando quei tanti valori di cui è ricca quella lunga e spesso drammatica vicenda ? Insegniamola nelle scuole ai nostri ragazzi e alle nostre ragazze, che vivono la grande avventura dell’unione dei popol d’Europa, dell’unione dei liberi, dei diversi e dei solidali. Se si parte da quel passato,
recuperando quelle radici, possiamo costruire un sogno: cittadini di ogni provenienza che vivono in Italia e in Europa e nel mondo, offrendo ogni giorno il loro sapere di uomini e donne liberi tra popoli, etnie e nazioni liberi e uguali. Liberi come non furono gli schiavi bianchi nell’agghiacciante descrizione di un giornale italiano di San Paolo, fuggiti dalla miseria, allettati dalle promesse dagli agenti dell’emigrazione e poi costretti a vendere l’unica loro ricchezza: le braccia da lavoro, a condizioni persino sovente più disumane che in Italia. Liberi nei cuori e nella mente di milioni di anonimi protagonisti delle rimesse
verso la patria: la fonte del sudore degli onesti a cui si abbeverarono masse di gente italica immiserite in un atavico sottosviluppo. Liberi come aspiravano ad essere quei nostri emigranti calabri incontrati, più di trent’anni fa, in uno dei periodi più bui della storia dell’Argentina moderna, in un circolo italiano della capitale, attanagliata dalla repressione e
dalla violenza. Liberi come milioni di uomini e di donne costretti ad abbandonare la terra tanto amata in quell’esodo di massa di un dopoguerra figlio di un’umiliante sconfitta storica e morale. È storia del sacrificio italiano nel mondo. È storia di ieri. È storia vissuta
sulla nostra pelle. L’Italia, la nostra Repubblica, è oggi un Paese libero e sviluppato nel contesto dei popoli e delle nazioni grazie anche, in tanta parte, al realizzarsi di quel giuramento e di quel sogno. Sto concludendo. È il « quarto stato » che ha riscattato la sua vita costruendo un degno avvenire per tutti. Abbiamo vissuto combattendo la povertà, l’emarginazione e la solitudine, così limpidamente espressa in uno struggente sonetto di Salvatore Quasimodo: « Ognuno sta solo sul cuor della terra / trafitto da un raggio di sole: / ed è subito sera. ». Abbiamo combattuto per i diritti e i doveri di ogni persona perché sappiamo che in ogni uomo c’è un cuore che batte, un anima, un’aspirazione e una speranza. Ed è per questo che tanti di noi hanno combattuto e combattono per sconfiggere gli istinti razzisti e xenofobi di cui siamo stati vittime. Vogliamo lavorare – ho concluso veramente – in Italia, in Europa e nel mondo alla costruzione dell’unione dei liberi e dei diversi, come solennemente affermato nella Costituzione europea. Se ci riusciremo anche il sacrificio degli eroi del lavoro dell’8 agosto 1956 a Le Bois du Cazier non sarà stato vano.

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In occasione del 54esimo anniversario della tragedia di Marcinelle in Belgio, l’INCA CGIL come ogni anno, ricorda le vittime. Era l’8 agosto del 1956 quando 262 minatori, per lo più italiani (136), morirono inghiottiti in uno dei pozzi della miniera di carbon fossile ‘Le Bois du Cazier’.

Correva l’anno 1956, ricorda l’INCA CGIL in una nota, “quando il mondo si fermò a guardare ciò che accadeva in Belgio, in quella maledetta miniera dove si sono fermati i cuori di coloro che, emigrati dai paesi più poveri, speravano in una vita migliore”. La presidente dell’INCA, Morena Piccinini spiega come l’impegno prioritario del patronato, sin dalla sua costituzione, sia stato quello di “tutelare i diritti individuali” e, insieme al sindacato, “di difendere la salute e le condizioni di vita dei lavoratori in Italia e dei nostri connazionali all’estero”.

La presidente dell’INCA illustra l’importanza e la necessità di ricordare ogni anno, in occasione del “triste anniversario”, la storia dei lavoratori italiani emigrati poiché ciò “aiuta a far comprendere, soprattutto alle giovani generazioni quanto sia importante in qualsiasi democrazia il ruolo del sindacato e del patronato nella difesa dei diritti”. “Far vivere la centralità del lavoro, battersi contro la precarietà aumentando le tutele e i diritti – conclude Piccinini – rappresentano i principi e i valori che, immutati nel tempo, ci aiutano ogni giorno a svolgere il nostro lavoro con la stessa passione che animò il nostro intervento in quel lontano 1956”.

Diverse iniziative in programma l’8 agosto si susseguiranno nella mattinata: alle ore 9.45 proprio al ‘Grand’ Place de Marcinelle’, l’INCA Belgio depositerà una corona di fiori al monumento internazionale dedicato alle vittime del lavoro. La cerimonia proseguirà alle 10.30 al cimitero ai piedi del monumento ‘Aux mineurs et sacrifice des minerurs Italiens’; mentre alle 11.30, un’altra corona di fiori sarà depositata nello stesso luogo dove è avvenuta la tragedia di ‘Bois du Cazier’, dalle associazioni dei minatori al monumento ‘Aux victimes’.

da www.cgil.it