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Prime crepe nei respingimenti in mare "Ma l´ordine è: nascondete Lampedusa", di Alessandra Ziniti

Su quel meraviglioso “scoglio” che è il disabitato isolotto di Lampione, un chilometro quadrato di terra a diciassette miglia da Lampedusa, non ne erano mai approdati. Ma la notte del 13 luglio dei pescatori hanno notato sette uomini che si sbracciavano e hanno mandato la Guardia costiera a recuperare quel manipolo di disperati abbandonati sul primo pezzo di Italia che si offre a chi riesce ad attraversare il Canale di Sicilia. Arrivano, continuano ad arrivare. Nonostante il “muro” invisibile dei respingimenti in mare, dei quali non viene data più notizia perché questi sono gli ordini. Le “carrette” continuano ad attraversare il Canale, a trasportare le centinaia di migliaia di clandestini che aspettano il loro turno chiusi nei capannoni delle spiagge della Libia. Nell´ultimo mese almeno in 350 sono riusciti a sbarcare eludendo i controlli delle motovedette. I mercanti di uomini cercano approdi alternativi a Lampedusa presa d´assalto fino all´anno scorso, fino a quell´accordo con la Libia che, secondo il Viminale, ha stroncato i flussi di immigrazione clandestina verso le coste siciliane.
Ma cosa diversa raccontano gli ultimi 39 riusciti ad arrivare la sera del 2 agosto a mezzo miglio da Lampedusa, i 37 sbarcati fra i turisti di Cala Francese il 22 luglio, i 20 lasciati al volo da un barcone a Linosa il 12 luglio, i 7 dell´isolotto di Lampione, i 10 di Pantelleria, i 70 approdati a Capo Passero e soprattutto i 150 disperati trovati stipati in un casolare sul litorale di Palma di Montechiaro. Lasciati sulla spiaggia poco prima, presi in consegna dai terminali siciliani di una ben strutturata organizzazione specializzata in quello che gli investigatori definiscono un servizio «chiavi in mano», con assistenza logistica, mezzi di spostamento, vestiti nuovi. «I tempi degli sbarchi di disperati ammassati su barconi fatiscenti sono finiti – spiegano il procuratore di Agrigento Renato Di Natale ed il questore Girolamo Di Fazio – Adesso il traffico viene gestito da bande ben organizzate che studiano il luogo dove sbarcare il carico umano e mettono a disposizione un cambio di vestiti e nottetempo trasferiscono gli immigrati nelle grandi stazioni ferroviarie, munendoli di biglietto per le destinazioni del Nord Italia». Grazie ad organizzazioni così riescono a sbarcare sulle coste siciliane anche soggetti pericolosi. «Non escludiamo che oltre agli immigrati che nella nostra penisola cercano lavoro e futuro – dice il questore di Agrigento – possa essere sbarcato anche qualcosa di più grosso». Perché di sbarchi come questo, dei quali nessuno sarebbe venuto a conoscenza – dicono le carte dell´inchiesta condotta dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dal pm Giacomo Forte – ce ne sarebbero stati diversi altri.
L´ordine superiore, però, è quello di «liberare» Lampedusa. Non a caso i clandestini che riescono a sbarcare sull´isola non vengono più ospitati, neanche per poche ore, nel centro di prima accoglienza. Gli ultimi 39 arrivati – denunciano i membri dell´Associazione studi giuridici sull´immigrazione – «come già avvenuto in precedenza, non solo non sono stati accolti e soccorsi in modo adeguato nel centro di accoglienza, vuoto e distante meno di un chilometro, ma sono stati tenuti per ore sotto il sole, lungo la strada provinciale, in attesa di una frenetica corsa delle istituzioni preposte ad organizzare il loro trasporto a Porto Empedocle».
E che, oltre agli sbarchi, continuino i respingimenti in mare di questi disperati fantasma lo conferma anche Gaspare Sieli, responsabile della coop che gestisce il centro di accoglienza richiedenti asilo di Trapani: «A metà giugno, un barcone con eritrei e somali, donne e bambini, è stato rimandato indietro. Dalla barca hanno chiamato disperati i parenti in Sicilia. Poi più niente. Che fine fanno tutte queste persone?».

La Repubblica 08.08.10